![]() Da "Umanità Nova" n. 15 del 20 aprile 2003 Pax americana In ogni modo, tutto come da copione. E, finalmente liberata, Baghdad torna alla "vita". Quella "vita" che in questi tragici giorni è sotto gli occhi di tutti e che raccoglie, nella sua eccezionale normalità, la somma delle ragioni di chi, sempre e comunque, si è opposto a questa guerra. A questa come a tutte le guerre. Il militare iracheno arresosi ai marine e da questi ucciso a sangue freddo, i bambini senza arti nei disastrati ospedali della capitale, i linciaggi nelle strade, i quartieri ridotti a materiale di risulta, le fosse comuni piene di sacchi neri, le tonnellate di uranio impoverito riversato nei campi e nelle strade, le bombe a frammentazione in attesa, nel terreno, di nuove vittime sacrificali, le lunghe teorie di prigionieri incappucciati, i posti di blocco dove la vita è una scommessa, le premesse di una guerra civile forse ancora più sanguinosa, l'irreparabile distruzione di millenarie testimonianze. Un'intera nazione che non ha più diritto alla dignità ma alla quale è concesso di sorridere, stolida e stupita, di fronte alle telecamere. Un popolo abbruttito... ma liberato! E, a quanto pare, anche anarchico. Da questa guerra degli orrori e dei misteri, dove più nulla si capisce se non la concretezza delle morti, emerge infatti una sola certezza, espressa con unanimità commovente da tutti i mezzi di informazione, neanche si fossero passati la voce: in Iraq, a Baghdad, nelle città mesopotamiche regna l'anarchia, l'anarchia governa, comanda e dirige. Alla faccia degli ossimori, del buon senso e dell'italiano! Non serve qui richiamarsi alla celebre definizione di Reclus, per cui "l'anarchia è la massima espressione dell'ordine" o spiegare che la società anarchica è quella nella quale si affermano, finalmente, i principi della solidarietà, della libertà e dell'autogestione. Sarebbe come dare perle ai porci o trifoglio agli asini, certe raffinatezze teniamocele per noi. Né vale prendersela più di tanto per l'ennesima prova di cialtroneria lessicale, e non solo lessicale, dei professionisti dell'informazione libera, indipendente e democratica. Si sa, non c'è stupido che non ci sia più stupido, uno di loro ha cominciato e tutti gli altri dietro, pensare è fatica quando non, addirittura, un optional. Piuttosto è interessante osservare come il potere, nei suoi momenti peggiori, e questa guerra è uno dei suoi momenti peggiori, cerchi di nascondere pudicamente le proprie infamie dietro invenzioni verbali tese a ribaltarne il senso e l'interpretazione. A Baghdad non c'è l'anarchia, e non solo quella che intendiamo noi assieme al buon Reclus, ma neppure quella che vuole questo termine identificarsi con caos e disordine. A Baghdad c'è il potere, a Baghdad c'è il governo, a Baghdad c'è la pace, la pax Americana. Una città distrutta nel suo tessuto sociale, distrutta nei suoi edifici e nella sua identità, distrutta nella sua cultura e nella sua dignità. Un monito per altri paesi e altre culture, una minaccia per chi intendesse contrastare, in Medio oriente o in qualsiasi altra parte del mondo, il progetto egemonico dell'imperialismo delle multinazionali. La "anarchia che regna a Baghdad" è tutta sotto controllo, sotto controllo di un potere che ha messo in conto, agevolato, promosso e provocato lo sconvolgimento della vita dei cittadini iracheni. E che oggi si afferma, si riproduce (che dire del pronto reintegro dei poliziotti di Saddam agli ordini dell'amministrazione americana?), si annuncia sotto forma di "anarchia", ai futuri sudditi del futuro governo liberatore. Dopo la guerra, si sa, viene la pace, e questa è la pace che attualmente passa il convento. Con buona pace, appunto, dei professionisti dell'informazione libera, indipendente e democratica, l'ordine regna a Baghdad. Massimo Ortalli
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