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Da "Umanità Nova" n. 16 del 4 maggio 2003

Fronte interno
La guerra alla droga



"Se vuoi mostrarmi la libertà nel tuo paese, non farmi visitare il tuo Parlamento. Portami a vedere le tue prigioni" (Voltaire)

Quando è iniziata la War On Drugs, nei primi anni '80, negli Stati Uniti c'erano in prigione circa 400mila detenuti, adesso ce ne sono 2milioni e 200mila, cinque volte e qualcosa di più. Nella vecchia Europa, invece, i detenuti per droga sono più della metà della popolazione carceraria ed oltre il 50% di loro sono in galera per detenzione di marijuana. La guerra alla droga sta tutta nella cruda realtà di queste cifre. La "war on drugs" - come ha scritto l'insospettabile giornalista conservatore Joseph Lebermann - "è la più gigantesca operazione repressiva che un governo (americano, NdT) abbia mai attuato contro cittadini disarmati (...) qualunque paragone con il periodo del maccartismo è totalmente fuori misura. Negli anni '50 nelle liste nere finirono solo alcune migliaia di persone. Tra gli anni '80 e gli anni '90 è stato calcolato che più di quindici milioni di americani sono stati incarcerati, licenziati o hanno perso i loro diritti politici per aver violato le leggi sulla droga". Lo sforzo bellico è stato notevole, ma da quando Ronald Reagan nel 1982 lanciò la sua folle politica proibizionista, i consumi di tutte le singole sostanze proibite sono aumentati in misura più o meno notevole. "La guerra alla droga è destinata a continuare proprio perché non ha prodotto nessun risultato", parola di Bill Clinton in persona che nella famosa intervista "postuma" concessa a Rolling Stone al termine del suo secondo mandato confessava anche di essere un sostenitore della depenalizzazione della marijuana e di ritenere che "i progetti dell'ONU di distruzione delle colture sono solo trovate propagandistiche destinate ad un sicuro fallimento. Anche se in un paese si riuscissero ad eliminare tutte le coltivazioni, queste si sposterebbero in un altro, come sta succedendo con l'oppio che prima veniva prodotto in Libano ed adesso in Afganistan". Ma se non si riesce a sconfiggere il nemico, bisogna soltanto aumentare la potenza di fuoco e continuare la guerra - è questo il postulato di base dei teorici della guerra infinita.

Di effetti collaterali, in compenso, la guerra alla droga ne ha prodotti in quantità. Intanto, in tutti i paesi il proibizionismo ha aumentato a dismisura tanto la criminalità giovanile quanto i poteri delle forze di polizia (i due fenomeni sono strettamente collegati tra di loro, come ha ben dimostrato lo storico Mike Davis a proposito delle gang di Los Angeles che sono diventate veramente potenti solo quando si sono legittimate come forze di autodifesa contro i raid della polizia scatenata nei quartieri neri e ispanici alla caccia del drogato). Alla crescita del controllo poliziesco ha corrisposto poi naturalmente quella dell'intolleranza e della paranoia sociali, con tutte le conseguenze che questo ha comportato in termini di maggior consenso alle politiche "legge e ordine". L'isteria antidroga ha avuto, poi, un ruolo fondamentale nel determinare quello che è stato definito "il nuovo ordine farmacologico". Nel 1986 lo psichiatria inglese Kenneth Drake profetizzava in un'intervista pubblicata proprio su queste pagine che porre l'attenzione esclusivamente su un certo gruppo di sostanze messe fuorilegge in base a un contorto giro di convenzioni internazionali serviva a rendere accettabili le sostanze "legali" in genere, facendo l'esempio degli psicofarmaci (che allora erano utilizzati quasi esclusivamente per il trattamento di sindromi psichiatriche di una certa entità). Diciassette anni più tardi, il consumo di psicofarmaci è aumentato al punto di farne la categoria di farmaci più venduti in molti paesi (ad esempio in Italia) e negli USA ormai sei americani su dieci affidano alle pasticche il proprio benessere mentale. Last but not least, la guerra alle droga fa muovere un mucchio di soldi. Se fossero legali, l'eroina costerebbe quanto l'Aulin e la marijuana quanto l'origano. Per fortuna, ci sono le leggi proibizioniste a mantenere sempre in piena il fiume di denaro del narcotraffico che rende fertile l'economia mondiale.

In questa situazione arrivata ormai oltre i limiti del farsesco, la recente conferenza di Vienna dell'ONU sulle droghe è stata poco più di una fastidiosa formalità per tutti i partecipanti, che si è conclusa con un documento di quelli fatti apposta per accontentare tutti, talmente generico da avvallare tanto le politiche più repressive quanto quelle più tolleranti. Negli ultimi anni, in effetti, sono stati numerosi i paesi (Svizzera, Canada, Spagna, Belgio, Gran Bretagna, Grecia, Australia, persino molti stati USA) che hanno iniziato a praticare politiche di depenalizzazione, in particolare per la cannabis. A dar man forte al governo USA, ormai quasi isolato nella sua ossessione antidroga, sono arrivati in soccorso la Cuba del caudillo Fidel Castro (che ha recentemente promulgato una legge che prevede la pena di morte anche per i piccoli spacciatori) e il viceduce Gianfranco Fini. Il noto criminale fascista ha annunciato che il governo italiano (proprio quello con il cocainomane Miccicchè sottosegretario all'economia) ha intenzione di varare presto una nuova severissima legge antidroga. Il suo progetto prevede che venga cancellata la distinzione tra droghe pesanti e leggere, con sanzioni quindi più pesanti sia amministrative (sospensione della patente, del passaporto, del permesso di soggiorno) che penali. Sarà prevista una dose massima tollerabile, da stabilire "scientificamente" a seconda delle sostanze consumate ed oltre la quale scatterà la condanna al carcere (da sei a vent'anni). Le sanzioni potranno essere annullate dall'avvio di un percorso di recupero, con la sospensione della pena per la condanna fino a 6 anni. Inoltre ci sarà la riduzione delle tabelle delle sostanze stupefacenti a due - "quelle naturali e quelle sintetiche" - che dovrebbe eliminare "di fatto la distinzione tra droghe pesanti e leggere".

In Italia, la guerra alla droga è già ricominciata. All'apertura dell'anno giudiziario, il gerarca Castelli - ministro della Giustizia - ha sottolineato ghignante che nel 2002 le denunce penali per droga sono aumentate del 54% e che questo fa prevedere l'ingresso in carcere nel 2003 di almeno 14mila "nuove unità". Questo con le attuali leggi "permissive", ma si sa che ai fascisti la voglia di metter persone in galera non finisce mai.

Adolf Hitler - l'ideologo fondamentale dell'attuale Internazionale della Barbarie - nel suo Mein Kampf diceva che accanto alla guerra sul fronte esterno, va combattuta - "ancora più spietatamente" - "la guerra sul fronte interno". La guerra contro gli stranieri si fa per conquistare spazio. "La guerra sul fronte interno" serve ad eliminare la corruzione e la decadenza e si combatte contro "prostitute, invertiti, folli, viziosi, drogati, sovversivi e asociali in genere". Contro di noi.

robertino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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