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Da "Umanità Nova"
n. 16 del 4 maggio 2003
Baghdad café
Il tao della
guerra IV
Se il bluff è la bravura richiesta nel gioco del poker, non stupisce
affatto che gli americani ne siano i maestri. Non a caso la geopolitica
degli Stati Uniti nella regione del Golfo Persico si è sempre contraddistinta
attraverso una sequenza interminabile di rialzi di posta, al punto che
ogni qual volta la partita sembrava volgere al termine, i giocatori finivano
per essere nuovamente inchiodati al tavolo. Del resto - come chiaramente
si esprime il Maestro Sun Tzu - "chi eccelle nell'arte della guerra costringe
gli avversari a fare ciò che desidera e non il contrario."
Pertanto, in questa partita destinata a prolungarsi nel tempo, sono
sempre gli avversari degli americani ad esser costretti a far "vedere"
le proprie carte, e poco importa se "in mano" non possiedano carichi pesanti
su cui poter contare: all'uopo si saprà provvedere alla bisogna.
Lo prova la questione delle armi chimiche di distruzione di massa che
sarebbero passate di mano da Hussein ad Assad, a tal punto da motivare
la necessità statunitense di porre chiari e precisi avvertimenti
al regime siriano, in modo da procrastinare nel tempo la necessità
di una presenza militare americana nell'area medioorientale.
Ma, ad onor del vero, più che una partita a poker, sembra piuttosto
uno dei tanti giochi di famiglia fatti con un mazzo di carte, dove - di
volta in volta - si stabilisce che una di queste sia la "matta" e chi
la possiede non solo la nasconde ben bene, ma cerca di insinuare (con
la complicità di fortuiti e momentanei "soci") che a detenerla
sia un'altra persona. L'imbroglio, ovviamente, non sta nel nascondere
la "matta" (in quanto è una regola accettata da tutti), quanto
piuttosto nel mostrarsi così furbi ed intelligenti da smascherare
gli avversari convincendoli a non "barare". E, come sempre, i primi a
gridare "al baro" sono proprio: quelli che dell'imbroglio hanno persino
teorizzato la necessità.
Che si chiami Bin Laden, Saddam Hussein oppure Bachar Assad, appare
evidente che nel mazzo di 52 carte distribuito ai soldati americani al
fine di imprimersi ben in mente i volti dei nemici, ci sarà sempre
modo di cambiar le carte in tavola (e quindi la "matta"), ma non il gioco.
Questo perché le regole - e quindi il gioco - sono state fissate
dagli americani ben prima dell'11 settembre, quando stanchi di "passar
la mano" e di osservare da esterni l'andamento del gioco, hanno deciso
che l'Onu si era a tal punto scoperta (da mostrarsi così sfacciatamente
filo-americana) da rendersi necessario un intervento al fine di ridarne
nuova credibilità. E quale credibilità migliore di quella
di essere palesemente avversa alla politica militare americana d'intervento
preventivo così da permettersi di ristabilire la pace e l'ordine
mondiale dopo che gli USA hanno ridistribuito le carte e stabilito chi
deve avere in mano la "matta"? Dopotutto il "baro" ha pur sempre bisogno
di un giocatore super-partes che l'ammonisca di non barare.. troppo! Altrimenti
nessuno più giocherebbe. Nemmeno al Baghdad Café.
Beniamin Atman
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