Da "Umanità Nova"
n. 16 del 4 maggio 2003
Lotte sociali
Un anno vissuto pericolosamente
Non è, a mio avviso, possibile riflettere sullo stato del conflitto
sociale in Italia nell'anno passato prescindendo dal modificarsi del quadro
politico e sindacale a livello nazionale e da una situazione internazionale
che ha visto evidenziarsi, con la seconda guerra del golfo, uno scontro
senza precedenti fra partito americano e partito europeo.
Il conflitto sindacale, infatti, non é un processo chimicamente
puro ma risente dell'azione delle organizzazioni politiche e sindacali,
della pressione dei soggetti istituzionali, della dialettica fra movimenti
che si sviluppano sui diversi terreni della vita sociale.
Quanto detto trova conferma nel fatto che le ore di sciopero, la cui
crescita rilevantissima abbiamo segnalato a più riprese, sono state,
per la parte maggiore, determinate da vertenze di carattere generale (articolo
18, Fiat, contratti nazionali) mentre il tasso di conflitto aziendale
e locale non ha visto un accrescimento comparabile.
La stessa vertenza Fiat che, a rigore, è aziendale ha avuto un
evidente carattere di vertenza generale che coinvolgeva il governo locale
e nazionale.
Una prima considerazione è possibile a partire da questo dato
di fatto: la statalizzazione e burocratizzazione della società
determina, come inevitabile conseguenza, che retribuzioni, diritti, occupazione
sono immediatamente oggetto di uno scontro politico generale.
Questo carattere dei movimenti e del conflitto determina le stesse modalità
di sviluppo dell'autoattività delle classi subalterne, più
che alla crescita di forme di autorganizzazione a partire da livelli locali
ed aziendali abbiamo assistito alla diffusione di reti di relazioni, dibattito,
iniziative su grandi campagne di carattere nazionale ed internazionale.
Per certi versi, evidentemente, una ricchezza ed un'opportunità
interessanti, per altri un problema.
Molto schematicamente, il movimento dei lavoratori ha affrontato alcuni
temi centrali:
- quello dei diritti principalmente con l'opposizione alla modificazione
dell'articolo 18;
- quello dell'occupazione con la vertenza Fiat ma non solo;
- alcune grandi vertenze contrattuali con, in particolare, quelle dei
metalmeccanici e dei lavoratori della scuola.
Su ognuno di questi fronti, la partita è, per l'essenziale, aperta.
Come è noto, infatti, la legislazione sui diritti dei lavoratori
è stata modificata nella direzione della deregolamentazione radicale
a inizio anno nel mentre la tornata referendaria di giugno sull'articolo
18, pur spostando su di un terreno istituzionale la questione, rappresenta
comunque un'occasione di discussione su questi temi.
Negli ultimi mesi vi sono state, e non sono state forse sufficientemente
pubblicizzate, alcune interessanti vertenze dei precari, penso all'Angelo
Cosa ed all'Atesia di Roma, si tratta di vedere se la tendenza che queste
vicende sembrano segnalare si diffonderà.
La Fiat vedrà, sempre all'inizio dell'estate una seconda, e più
significativa, puntata della vicenda che la coinvolge con la messa in
cassa integrazione di altre migliaia di lavoratori. Si tratterà,
a breve, di costruire un'iniziativa più ampia e più efficace
rispetto a quella della fine dell'anno passato. In particolare, l'attenzione
andrà posta sia su forme di lotta capaci di colpire il gruppo che
su di una piattaforma rivendicativa che sappia porre al centro la difesa
del reddito di tutti i lavoratori del gruppo Fiat e dell'indotto.
Sul piano contrattuale, la situazione è decisamente complessa.
Il contratto dei metalmeccanici vede una spaccatura verticale fra FIM
e UILM, da una parte, e FIOM , dall'altra, per quel che riguarda le piattaforme.
Mentre la CGIL chiudeva i contratti negli altri settori pubblici e privati
in sereno accordo con CISL e UIL, la FIOM ha mantenuto un livello di iniziativa
autonoma non irrilevante almeno rispetto al passato. È interessante
notare il fatto che, nella scorse settimane, la CGIL ha riproposto a CISL
e UIL un confronto sull'argomento. Si possono fare, nel merito, due ipotesi:
- che la CGIL stia riconducendo all'ordine la FIOM anche sulla base
della pressione dei DS;
- che vi sia una sorta di divisione dei ruoli con la CGIL che toglie
alla FIOM, impegnata su di un'ipotesi massimalista difficilmente sostenibile,
le castagne dal fuoco "obbligandola" ad una mediazione al ribasso con
FIM e UILM.
In ogni caso, è evidente che il gruppo dirigente della CGIL sta
iniziando a trovare faticosa la linea "estremista" dell'anno passato,
linea che ha, certo, sapientemente gestito sul piano generale mentre nelle
categorie e nelle aziende manteneva l'impianto concertativo ma che, comunque,
non è sostenibile alla lunga a meno di un'improbabile svolta radicale.
Il contratto della scuola, che sembrava chiuso a fine dicembre, è
ancora aperto non perché CGIL-CISL-UIL e SNALS (questa volta in
fraterno accodo) non lo vogliano chiudere ma perché il governo
ha, per un verso, tagliato le risorse disponibili e concesse con l'accordo
del 19 dicembre e, per l'altro, tentato alcuni affondi sulla normativa
e, in particolare, sui diritti sindacali e sul potere dei dirigenti scolastici.
Un classico caso di indurimento da parte dell'amministrazione che valuta
la buona riuscita dello sciopero del 24 marzo un fuoco di paglia e che
punta a dividere, tanto per cambiare, la CGIL dalla CISL e dai suoi satelliti.
Per dirla con più franchezza che discrezione, quando la CGIL
ha provato a denunciare le malvagie pratiche del governo si è trovata
in splendido isolamento con CISL, UIL e SNALS decisamente propensi a chiudere
la partita.
Inutile dire che, dal punto di vista della "tecnica sindacale", hanno
perfettamente ragione i burocrati di destra a fronte di quelli di "sinistra",
se si deve fare un contratto che scambia, limitatissimi, aumenti salariali
con, consistenti, tagli dell'organico, non ha senso fare la guerra per
qualche euro in meno rispetto a quelli promessi.
Se, invece, si ritiene possibile una vertenza su retribuzione e organico,
è evidente che l'ipotesi contrattuale del governo e quella dei
sindacati istituzionali sono inaccettabili ma questo è un altro
discorso.
Nel complesso, una situazione per molti versi vischiosa con una capacità
di mobilitazione su grandi temi generali alla quale non corrisponde un
livello di conflitto sui posti di lavoro comparabile ma anche una situazione
da valutare con attenzione. È, infatti, possibile che proprio una
radicalizzanzione sociale sui temi generali possa produrre nuove energie
dal punto di vista sindacale così come, storicamente, un livello
alto di lotte sindacali è condizione necessaria perché gli
stessi movimenti sul terreno generale assumano un'effettiva potenza trasformativa.
Cosimo Scarinzi
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