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Da "Umanità Nova" n. 16 del 4 maggio 2003

Inform@zione



Trapani: repressione al CPT
Giovedì 10 aprile, tre immigrati hanno tentato una fuga disperata gettandosi dal secondo piano del Centro di Permanenza Temporanea "Vulpitta" di Trapani. Uno di loro è riuscito a far perdere le proprie tracce. Gli altri due invece, gravemente feriti, sono stati ricoverati in ospedale.
Uno di questi, che aveva "solamente" le braccia rotte, è stato dimesso prontamente e ricondotto al "Vulpitta". L'altro ragazzo è in prognosi riservata perché ha battuto la testa, ma al momento in cui scriviamo le sue condizioni migliorano a poco a poco.
Dopo il tentativo di fuga (il secondo in una decina di giorni) è intervenuto ancora una volta il reparto antisommossa della Polizia all'interno del Centro.
Hanno di nuovo pestato tutti, hanno buttato per aria tutti i vestiti e hanno rotto le scarpe dei prigionieri. Uno dei ragazzi non ha poi più trovato i soldi custoditi nei suoi pantaloni.
Dai racconti dei prigionieri fatti ai compagni del Coordinamento per la Pace di Trapani, è emerso che la logica repressiva non risparmia nessuno: ai prigionieri estranei al tentativo di fuga che chiedevano il perché venissero picchiati anche loro, quei gentiluomini con caschi e manganello hanno risposto che "se sbaglia uno pagano tutti".
A ulteriore conferma di tale zelo professionale, i sindacati di Polizia di Trapani (silp, siulp, siap, coisp, anip) hanno ufficialmente fatto richiesta al Ministero degli Interni l'istituzione di una sezione staccata del reparto mobile di Palermo per il servizio di vigilanza al CPT.
Nel frattempo, si avvicina sempre di più il giorno in cui verrà emessa la sentenza del processo a carico di Leonardo Cerenzìa, prefetto di Trapani all'epoca in cui morirono sei immigrati nell'incendio divampato in una camerata del "Vulpitta". Inizialmente prevista per il 17 aprile, è stata differita a data da destinarsi.
Così come negli ultimi tre anni, i compagni di Trapani faranno sentire la loro presenza.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

Bologna presidio al CPT
Venerdì 11, una trentina di compagni hanno dato vita a un presidio davanti al CPT di Via Mattei per protestare contro i continui pestaggi subiti da coloro che vi sono illecitamente rinchiusi e per ribadire la nostra ostilità a tutte le galere, etniche o meno.
Oggi, al di là dell'ingiustizia e del razzismo di questi odiosi dispositivi, i CPT sono strumenti per ricattare e opprimere fasce non garantite di forza-lavoro e, attraverso ciò, estendere il clima di prevaricazione a tutti i lavoratori e a tutta la società. Sono un fulcro concreto e un supporto materiale del rinnovato autoritarismo dello stato e della nuova guerra permanente.
Che si tratti di un anello a un tempo forte e debole della catena del potere e del profitto, potrebbe già dimostrarlo l'affollamento caricaturale di forze del disordine. Nella piazzetta attigua al CPT erano presenti una ventina di agenti in borghese che occhieggiavano a piccoli gruppi da negozi e bar, sette controllori dell'autobus in ansia da blocco stradale, numerosi vigili urbani con il sussidio di una stazione mobile; davanti e dentro al CPT almeno una settantina di agenti e, alla loro "testa", l'uomo nero in banda tricolore.
È stato tenuto un comizio davanti all'ingresso in modo da farci sentire al di là delle mura e del filo spinato, si è srotolato uno striscione e distribuito un volantino.
Redb

Palermo: appello alla solidarietà con i profughi sudanesi
Prosegue il lento calvario dei 53 profughi sudanesi nell'indifferenza generale della città.
Fino ad oggi, nella totale latitanza delle istituzioni competenti e in particolare di quella comunale (ossia dell'ente che è il più direttamente responsabile per l'accoglienza), soltanto i ragazzi di un centro sociale occupato e poche realtà della società civile palermitana si sono fatti carico dell'accoglienza notturna e del minimo necessario per la loro sopravvivenza.
Oggi, dopo lunghe e sostanzialmente vane trattative in Prefettura, si sta prefigurando qualche prospettiva in merito al problema abitativo, soltanto grazie a un impegno assunto dalla Provincia di Palermo.
Ma, a prescindere della pur importante soluzione abitativa - che comunque, nella sua provvisorietà, non risolve nessuno dei problemi strutturali dell'incapacità d'accogliere della città di Palermo - si sta ora creando un nuovo e grave ostacolo alla loro permanenza in Italia: stanno fioccando i primi dinieghi alla richiesta di asilo politico per i sudanesi.
Come realtà impegnate a difesa dei diritti umani degli immigrati e per dare un segnale, a partire da Palermo, che coinvolga a livello nazionale l'associazionismo antirazzista, lanciamo una sottoscrizione popolare, per sostenere concretamente le spese legali per la tutela del loro diritto all'asilo e per garantire il diritto di difesa nel caso, molto probabile, si debba ricorrere contro giudizi sommari che azzerano la loro tragedia umana.
C'impegniamo, inoltre, a sostenere una campagna informativa degli stessi profughi, per la denuncia del conflitto dimenticato in Sudan, per sostenere la loro causa e rivendicare il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali ovunque, anche lontano da dove si vogliono giustificare guerre "umanitarie" o "preventive".
Per la sottoscrizione utilizzare il conto corrente postale ndeg. 13683909, intestato al CISS, via Noto 12, 90141 Palermo, indicando nella causale: "Pro rifugiati sudanesi".
Ciss-Cepir - Centro per la Promozione dell'Integrazione dei Rifugiati - (per motivi di spazio non pubblichiamo la lista completa degli aderenti che potete richiedere all'indirizzo del CISS).
Per adesioni all'appello: cissprg@tin.it

Palermo: campagna sull'asilo politico
Si è tenuta il 15 aprile scorso al Laboratorio Sociale Occupato ZETA l'assemblea cittadina sull'emergenza degli esuli politici sudanesi ancora ospiti nella struttura di via Boito a Palermo.
Durante l'assemblea è stato illustrato il progetto di un centro multiculturale che la "Rete di solidarietà con i sudanesi" vuole creare dentro lo Zetalab.
L'idea è quella di lanciare una campagna nazionale sul tema dell'asilo politico in Italia che si snodi su tre punti precisi: la creazione di centri d'accoglienza pubblici e gestiti con la partecipazione dei richiedenti asilo stessi, la riduzione dei tempi di risoluzione delle richieste di asilo (che dai tre mesi previsti dalla legge si allungano fino anche a 24 mesi) e il diritto al lavoro anche per chi, nonostante abbia inoltrato la domanda, non abbia ancora ottenuto lo status di rifugiato.
Presto nuovi aggiornamenti sulla campagna di sottoscrizione nazionale.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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