![]() Da "Umanità Nova" n. 17 del 11 maggio 2003 Tra giustizialisti e garantisti dell'ultim'ora... A Milano una corte di giustizia ha sancito quello che già tutti sapevano: un (ex) ministro della repubblica, e con lui la sua corte dei miracoli, è stato condannato per aver convinto alcuni giudici, a suon di mazzette miliardarie e su mandato del presidente del consiglio, a trasferire qualche fetta del capitale italiano da un gruppo di predoni a un altro: il suo, a quel che pare più generoso nelle elargizioni. A Palermo un altro (ex) ministro della repubblica è stato assolto dalla accusa di associazione mafiosa perché ha commesso quel reato prima del 1980 e quindi ora, visto che sono passati solo 23 anni, può essere prescritto. E su quel che ha fatto dopo si stenda un velo pietoso. Due sentenze, come si può capire, ricche di implicazioni e di conseguenze, che potranno contribuire, entrambe, a scrivere con un altro inchiostro il passato, il presente e il futuro della nostra storia. E infatti, apriti cielo! Tutte le anime belle dei due poli contrapposti (contrapposti?), chi più, chi meno scompostamente, hanno tratto nuova linfa per la loro vis polemica, ricominciando a romperci i timpani sulla vecchia storia della (in)dipendenza della magistratura. Provvidamente è arrivata un'altra decisione che, possiamo scommetterci, riuscirà a mettere tutti d'accordo. A Genova il magistrato inquirente ha prosciolto il carabiniere Placanica dall'accusa di avere ucciso, nelle giornate del G8, il compagno Carlo Giuliani. Alla faccia della verità e del pudore, quel tragico omicidio a sangue freddo, documentato, ricostruito, sviscerato in tutti i modi e per quanto era umanamente possibile, viene dunque derubricato a legittima difesa. Si può tornare a credere nella Giustizia e nei Pubblici Ministeri. Viva la magistratura! Quella che quando se la prende coi poveracci, con le vittime del potere, con gli emarginati e gli esclusi, non fa che il suo mestiere quotidiano, riuscendo a trovare, senza clamori e prime pagine dei giornali, la severità e l'obiettività che da lei si aspettano, ed esigono, i padroni del vapore. Sennò perché le passerebbero lo stipendio tutti i mesi? Se invece pretende di invadere il campo, di legarsi a potentati e gruppi di pressione, se pensa di poter assumere un ruolo altro rispetto a quello tradizionale di cane da guardia degli interessi dei poteri forti, se a questi poteri forti vuole partecipare, se di questi poteri forti vuole essere garante o dispensatore, ecco che si riaccende quella guerra per bande che è la vera storia del capitalismo e del potere italiano. Bande di sinistra, bande di destra, queste garantiste, quelle giustizialiste. O viceversa, non fa alcuna differenza. È solo una questione di opportunità, di alleanze, di contingenze. Ed ecco allora che in questa guerra per bande, nella quale gli epigoni dei Tribunali del popolo credono che sia ancora possibile, e conveniente, affidare le proprie fortune politiche ed economiche a questa o quella procura, emerge, in tutta la sua oscena grandezza, il Cavaliere nero. Uno che, come è noto, di guerre per bande e di scorrerie nelle praterie del capitalismo italiano, ne ha da insegnare a tutti. E infatti Berlusconi, messo alle corde da questa inaccettabile e "sleale" intromissione nei suoi affari pubblici e privati, riprende l'iniziativa e rilancia. E dopo aver pietito la benevolenza dell'opinione pubblica gettandole fumo negli occhi con le ormai famose chiassate sul presunto golpismo di "certi settori della magistratura", gioca finalmente le sue carte migliori chiamando a correi tutti i protagonisti della politica e dell'economia di questi ultimi decenni. Todos caballeros si diceva una volta... e todos caballeros si può dire ancora oggi. Dove tutti sono corruttori, nessuno è corruttore, dove tutti fanno man bassa del bene pubblico, nessuno commette peculato, dove tutti sono ladri nessuno è ladro. Giustizialisti o garantisti che siano. Ed ha buon gioco, in effetti, a rilanciare, il tipo che sta al governo. Ha buon gioco a ricordare che le regole erano, e sono quelle, che il potere ce lo si spartisce depredando il pubblico e capitalizzando il privato, che a questa spoliazione hanno partecipato, e partecipano, cordate facenti capo alla chiesa, alla massoneria, al grande e piccolo capitale, alle cooperative, alle compagnia delle opere e via dicendo. Che la corruzione dell'incorruttibile potere giudiziario è la conditio sine qua non di ogni transazione degna di questo nome, che a questo balletto di rapine e grassazioni nessuno è riuscito a rimanere estraneo, anche quando, forse, avrebbe voluto. E come possono allora, questi patetici giustizialisti d'accatto, contestargli il glorioso passato e mettere in dubbio che lui, in quella maleodorante lotta di classe fra capitalisti e capitalisti che sta distruggendo la ricchezza collettiva, è stato, e ancora è, il più bravo? Come possono far credere che il suo ostentato immoralismo sia una anomalia della vita pubblica italiana? Come possono pensare che in nome di un giustizialismo semplicemente vergognoso per quelle che sono le origini e le tradizioni della sinistra di classe italiana, lui possa essere disposto a pagare dazio per tutti, solo perché, in precedenza, questi tutti li aveva fregati? È davvero un momento difficile che sta vivendo questa povera casta togata ed ermellinata! Esposta ad attacchi di ogni genere da sempre più agguerriti nemici, appoggiata dai più impresentabili e inconcludenti dei soccorritori, e presto toccata, forse, nel portafoglio e nei privilegi. Meno male che, orgogliosa del proprio ruolo e consapevole della propria funzione, sa trovare, anche nei momenti più difficili, quel colpo di reni che le impedisce di sprofondare nella melma. E se poi la morte di Carlo Giuliani non trova giustizia..., ma qualcuno ci aveva davvero creduto? M. O.
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