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Da "Umanità Nova"
n. 17 del 11 maggio 2003
Il Tao della guerra V
L'amara vittoria del Presidente George W. Bush
Ci perdonino i pochi lettori che fin dall'inizio hanno avuto la pazienza
di seguirci, ma i recenti avvenimenti - che succintamente cercheremo di
commentare - ci costringono a ripeterci. Perché sembrerebbe proprio
che il "Victory Speech", il discorso della vittoria che il Presidente
degli Stati Uniti ha pronunciato travestito da Top Gun su di una portaerei
ancorata nella baia di San Diego il Primo Maggio, abbia magistralmente
confuso le regole del Tao della guerra.
Dunque, sappiamo ormai che l'inganno è il principio fondamentale
dell'interpretazione strategico-militare del generale cinese Sun-Tzu che,
intorno al 500 a.C. (quando - per dirla con le parole di Karl Jaspers
- "cominciò la lotta contro il mito da parte della razionalità"
e quando si cominciò a riflettere "sul modo di far meglio convivere
gli individui, sul modo di meglio governarli ed amministrarli"), scrisse
la mai più dimenticata opera L'arte della guerra. Opera
che, al pari e forse più del libro di Karl von Clausewitz, Della
guerra, risulta essere - a quanto sembra - uno fra i testi in dotazione
fra le alte gerarchie dei marine americani. Orbene, dopo aver letto e
riletto il discorso di Bush immediatamente abbiamo pensato a quanto Sun-Tzu
scriveva a proposito della vittoria: "soggiogare il nemico senza combattere
rappresenta la vera vetta dell'arte militare."
Con tutta probabilità e per questioni di filosofia pragmatica,
la traduzione americana del testo cinese avrà - a ragion veduta
- semplificato il termine "soggiogare" con "vincere", di modo che il Presidente
ha potuto riassumere il concetto nel suo discorso vittorioso, 44 giorni
dopo l'attacco all'Iraq, con "abbiamo vinto senza combattere". Sennonché
l'inganno - il Tao della guerra - per funzionare deve agire sul nemico,
perché se è utilizzato fra alleati, i conti non tornano
più. Cosicché se fin qui si è creduto ad un nemico
forte, deciso a tutto ed equipaggiato con armi di distruzione di massa,
aver ora dichiarato la fine della guerra e la vittoria sul nemico senza
averlo costretto a firmare la resa, senza aver fornito la minima prova
che fosse in possesso delle micidiali armi batteriologiche, senza aver
infine arrestato il dittatore Saddam Hussein ed instaurato la democrazia,
ha mostrato inevitabilmente agli occhi degli alleati (perfino ai polacchi,
che proprio nel "Victory Speech" abbiamo appreso essere parte dell'esercito
di liberazione dell'Iraq) quanto la vittoria acclarata del Presidente
George W. Bush sia un'amara vittoria. Amara perché nell'atto di
esser proclamata ha palesemente mostrato la più completa falsità,
in quanto volendo attestare la fine della guerra in Iraq, ha - nei fatti
- dichiarato una guerra senza fine in tutto il Medio Oriente.
E sì che il Tao della guerra prevede di vincere il nemico senza
combattere... Ma, forse, chissà se non è tutto un inganno,
ancor peggiore di un Presidente che scende dall'aereo militare vestendo
i panni del pilota?
Benjamin Atman
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