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Da "Umanità Nova"
n. 17 del 11 maggio 2003
Si apre questa settimana
un dibattito dedicato ai Referendum e, in particolare, a quello sull'estensione
dell'art. 18 della legge meglio nota come Statuto dei Lavoratori.
Il dibattito parte dietro richiesta della Commissione FAI "La questione
sociale" e presenterà punti di vista ed opinioni molto diversificati
e non di rado nettamente divergenti.
Diversi gli interventi sinora in cantiere ed altri sono annunciati: pertanto
chi volesse partecipare al dibattito è caldamente invitato a preannunciare
il proprio contributo che, per dare spazio a tutti, non dovrà superare
le 5.000 battute.
Come è ovvio in questi casi i vari interventi rispecchiano le opinioni
degli autori senza coinvolgere i redattori di UN.
La redazione di UN
Dibattito referendum 1:
Un pasticcio con cui fare i conti
IL BILANCIO DELLE LOTTE DEL 2002
Durante il 2002 la battaglia in difesa dell'art. 18 è stata vinta
sul terreno classico dello scontro sociale, della lotta di classe, della
mobilitazione di massa. Il fatto che la parte maggioritaria dei lavoratori
si sia mossa dietro le ambigue bandiere della Cgil non inficia per niente
la verità metodologica che gli anarchici ancora una volta possono
rivendicare: la lotta paga e paga soprattutto quando il Potere viene individuato,
senza se e senza ma, come il Nemico.
L'articolo 18 l'avrebbe attaccato qualunque governo fosse andato in
carica. Lo dimostrano le dichiarazioni a volte implicite, talvolta più
sfacciate di D'Alema e Rutelli. Se vi fosse stato un governo di centro-sinistra
il movimento dei lavoratori sarebbe stato diviso e non così compatto
come lo è stato contro l'odiatissimo Berlusconi. La trappola del
governo-amico avrebbe potuto portare, forse non ad una cancellazione totale
dell'articolo 18, ma probabilmente ad un suo sensibile ridimensionamento.
Ed al contrario di ora probabilmente non avremmo avuto un movimento dei
lavoratori, che con tutti i suoi limiti e contraddizioni, è tornato
comunque ad essere un protagonista attivo del conflitto sociale.
Viene così rafforzata la nostra posizione astensionista verso
le elezioni e la democrazia rappresentativa borghese, che trova argomenti
pratici condivisibili anche da chi anarchico non è.
IL REFERENDUM: UNA INIZIATIVA SBAGLIATA
Naturalmente rimaneva sul tappeto la questione dell'estensione delle
tutele a chi non ce le ha. In questo quadro l'iniziativa del referendum
di Rifondazione, Socialismo 2000, Fiom e sindacati di base è una
iniziativa sbagliata e irresponsabile: da un lato sposta sul terreno istituzionale
la battaglia sull'articolo 18, battaglia che invece è servita a
risvegliare il protagonismo di massa, la lotta in prima persona per mezzo
degli scioperi e delle mobilitazioni; dall'altro in caso di sconfitta
del SI, sarà l'intero sistema di tutele dai licenziamenti ad essere
di nuovo a rischio. Ed è un rischio alto! Non è un caso
che mentre ad inizio d'anno Berlusconi aveva dichiarato morta e sepolta
la questione dell'articolo 18, non appena la Corte Costituzionale ha dichiarato
la legittimità del Referendum, il governo ha rimesso nel calendario
parlamentare la 848 bis, ovvero la legge delega che modifica l'art. 18.
Il governo prevede l'approvazione della legge nel corso dell'estate. Il
segnale è chiaro: si giudica una sconfitta del referendum una possibilità
tutt'altro che remota e ci si prepara a sfruttare l'onda lunga che ne
seguirebbe. Per una bieca questione di visibilità politica il partito
di Bertinotti sta mettendo a rischio un anno di grande mobilitazione cominciato
con lo sciopero generale dei sindacati di base del 15 febbraio fino allo
sciopero generale del 18 ottobre.
Purtroppo molti anche nel sindacalismo di base hanno imparato assai
poco dall'esito dei referendum sulla Scala Mobile del 1985, o da quello
più recente sulla rappresentanza sindacale.
IL REFERENDUM ORMAI C'È E VA VINTO O MEGLIO NON VA PERSO
La domanda è ormai ineludibile: che fare come anarchici, come
area libertaria, come sinistra extra istituzionale? Non l'abbiamo scelto
noi di mettere la battaglia dell'art. 18 sul terreno referendario. Nessuno
di noi ha firmato e tutti abbiamo dato indicazione di non firmare per
il referendum. Ma il referendum ormai c'è e anche da questo può
dipendere la condizione concreta di milioni di persone, di lavoratori,
di sfruttati, di oppressi. Non perché la vittoria del SI aprirebbe
le porte a chissà quale roseo futuro. Anzi è legittimo dubitare
che poi in Parlamento verrebbe effettivamente approvata una normativa
che estenda a tutti le tutele dal licenziamento arbitrario. Ma la vittoria
dei NO sarebbe un disastro, ci farebbe fare un salto indietro notevole
nei rapporti di forza con il padronato.
Qui non c'è da votare per questo o quel candidato, non c'è
da delegare a qualcuno di rappresentarci in parlamento, non c'è
da scegliere se il popolo verrà ingannato tramite il sistema proporzionale,
l'uninominale, il semi-presidenzialismo o altre diavolerie! Qui c'è
da dire se si pensa che i padroni possano licenziare a piacimento oppure
no! C'è da rispondere ad un quesito politico e simbolico prima
ancora che legislativo. Per questi motivi noi, come altri compagni anarchici,
faremo una nostra campagna per il SI, con gli strumenti che avremo a disposizione
e nel pieno rispetto dei compagni che faranno la scelta dell'astensione.
Lo faremo da anarchici e non da anonimi militanti di movimento. Perché
in questo passaggio politico non vogliamo per niente appiattirci sull'istituzionalismo
irresponsabile dei promotori del referendum. Vogliamo mettere in risalto
l'imperdonabile errore di chiamare a decidere la sorte dei lavoratori
a chi lavoratore non è. Vogliamo fare una campagna più contro
il NO che per il SI, perché vogliamo i lavoratori non si illudano
che per realizzare le conquiste sociali basti mettere una croce sulla
scheda. Vogliamo cogliere l'occasione di questa campagna referendaria
per fare una campagna generale contro la precarizzazione del lavoro, denunciando
le responsabilità di tutti coloro che hanno contribuito in questi
anni a fare leggi e accordi che hanno precarizzato il lavoro.
Claudio Strambi e Robertino Barbieri, individualità FAI di Pisa
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