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Da "Umanità Nova" n. 18 del 18 maggio 2003

La doppia morale USA
Torture e detenzioni extralegali da Guantanamo a Bagram



C'è un'isola, nel Mar dei Caraibi, il cui governo, come è noto, lede alcuni dei diritti fondamentali dell'uomo e disattende tranquillamente molte delle convenzioni internazionali che dovrebbero uniformare i comportamenti di tutti i paesi. Infatti, giustamente e puntualmente, il governo di quell'isola e il suo barbuto presidente vengono additati all'esecrazione dell'universo mondo quali violatori delle democratiche regole della civile convivenza. Uno stato canaglia, insomma, o giù di lì.

I lettori più accorti e intelligenti avranno già indovinato di chi stiamo parlando, poiché, anche se gli elementi offerti paiono scarni, sono comunque sufficienti per l'identificazione. Ma, come recitava il vecchio carosello della caffettiera Bialetti, sembra facile, ma non è facile farsi un buon caffè. E così, sembra facile identificare solo con il regime castrista di Cuba il governo di cui stiamo parlando, ma non è facile. Per una curiosa casualità geopolitica, infatti, a Cuba non c'è solo Cuba, ma anche un pezzettino, e neanche tanto piccolo, di Stati Uniti e in quel pezzettino neanche tanto piccolo di Stati Uniti, si violano quotidianamente e con sistematica voluttà tutti quei diritti umani, civili e politici dei quali gli Stati Uniti si fanno orgogliosamente garanti. Garanti altrove, però, non lì! Che sia per l'aria di Cuba?

Va da sé che stiamo parlando della famigerata base militare di Guantanamo, una delle tante basi americane sparse per il mondo, ora trasformata in una grande prigione per i detenuti islamici catturati in Afganistan. Nella quale, come ci informano, senza ricevere smentite, associazioni internazionali non governative come Uman Rights Watch, i prigionieri vengono sottoposti a un regime di tortura scientifico e sistematico. Giustificato con la motivazione che non si hanno di fronte detenuti di guerra o prigionieri politici, ma pericolosissimi e fanatici terroristi, omertosi e non pentiti, tutti insieme diretti responsabili ed esecutori materiali del crollo delle torri e chissà di cos'altro. Per cui qualunque strumento coercitivo, gratuitamente vendicativo o finalizzato alle indagini che sia, è non solo sacrosanto, ma anche benvenuto. Se poi si apprende che, fra questi feroci criminali assetati di sangue occidentale, ci sono ragazzini di 12 anni e novantacinquenni, bisognerebbe proprio pensare che a spingere i civilissimi americani ad atteggiamenti tanto crudeli quanto alieni dal loro normale modo di essere, deve essere la perniciosa influenza esercitata dal confinante regime castrista.

Ma così non è. E infatti le stesse accuse di torture ai prigionieri rivolte all'amministrazione degli Stati Uniti partono ora anche dalla prigione di Bagram, in Afganistan, dove, ormai a due anni di distanza, sono tuttora detenuti molti dei combattenti che si opposero all'ennesima invasione del loro paese. E di quanto avviene in Iraq non siamo ancora informati, ma purtroppo possiamo immaginarlo. Quello che è certo è che, proprio per pararsi il sedere dalle critiche internazionali, l'amministrazione Usa sta studiando un suo sistema di regole che razionalizzi il trattamento detentivo e le norme processuali dei tribunali militari nei confronti di "detenuti di cittadinanza diversa e non considerati prigionieri di guerra". Come insegnano i neoconservatori amici di Bush e Rumsfeld: facciamo quello che ci pare, come ci pare, se ci pare, e ve lo diciamo anche!

Del resto questo atteggiamento "dissociato" in base al quale la grande democrazia americana tanto si riproduce al suo interno quanto si comporta in maniera antidemocratica nei rapporti internazionali, è ormai la costante della superpotenza detentrice della più assoluta egemonia planetaria. Si colpiscono i presunti detentori di armi di distruzione di massa e si possiede il più grande arsenale chimico del mondo, si inibisce la proliferazione nucleare e nei deserti americani sono stoccate decine di migliaia di bombe atomiche, si puniscono i terroristi internazionali e si pianificano terroristiche operazioni militari, si richiamano i paesi "amici" al pieno rispetto delle gerarchie e si attua una politica prepotente e vessatoria, si salvaguardano gelosamente le proprie prerogative e con quelle altrui ci si suolano le scarpe, si difendono la libertà di pensiero e di espressione ma guai ad usarle contro di loro, si esalta il libero mercato e si impongono i monopoli delle multinazionali yankee, si pretende il rispetto delle regole e non si firmano i trattati internazionali. Questi ne hanno da insegnare perfino ai gesuiti, gli inventori della doppia morale.

A questo punto è aperto il dibattito: ma noi che non siamo americani, possiamo essere antiamericani?

Massimo Ortalli

 

 


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