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Da "Umanità Nova" n. 18 del 18 maggio 2003

Business di guerra
Il welfare militare degli USA dal Vietnam all'Iraq



La fine della fase guerreggiata del conflitto in Iraq sta portando l'attenzione dei media un po' più consapevoli delle poste in palio - quando non distratta dall'evento mediatico della Sars, qualche centinaia di morti in Asia per mettere in cattiva luce la Cina e dintorni, a fronte di migliaia di bambini morti per fame e per ebola in Africa - intorno agli appalti per la ricostruzione del territorio devastato da anni di bombardamento selvaggio (la guerra proseguita all'indomani del cessate il fuoco del 1991) e dalla recente campagna militare. La centralità o meno dell'Onu e la revoca delle sanzioni d'embargo del 1990 ne sono al centro per la semplice ragione che, se l'Onu mantiene il controllo della ricostruzione attraverso il programma Oil for food e/o suo successore, la imprese delle principali potenze che pretendono un risarcimento dall'Iraq per via del primo conflitto, tra cui chissà perché anche l'Italia, potranno richiedere una fetta di ricchezza irachena a buon diritto, scambiando crediti contro appalti - cosa a cui aspirano le oltre 200 imprese italiane già al lavoro nella miriade di subappalti a catena derivati da Oil for food. Se invece, come probabile, la revoca delle sanzioni porterà alla fine del programma e quindi alla libera disponibilità delle ricchezze irachene sul mercato mondiale del business, allora la parte del leone la faranno le imprese delle potenze occupanti, Usa e Regno Unito in primis, poi Polonia, Spagna e via dicendo, lasciando briciole di subappalti alle altre, e qualche affare per chiudere la bocca dei dissidenti Francia, Germania e Russia.

Meno attenzione è stata però data ai lavori in corso già in fase di guerra. Le prime due imprese americane che si sono aggiudicate gli appalti del Pentagono per la ricostruzione, sono la Bechtel californiana - già nota in modo famigerato per la privatizzazione abortita dell'acquedotto di Cochabamba, in Bolivia, nel 1999, costretta a ritirarsi dal paese dopo le manifestazioni popolari di protesta per il raddoppio delle bollette d'acqua - nel cui CdA siede tra gli altri l'ex segretario del Dipartimento di stato sotto Reagan Shultz, mentre la moglie dell'onnipresente Cheney è a libro paga quale consigliere; e la Halliburton con la sua impresa Kellogg, Brown and Root (KBR), presieduta e amministrata dal 1995 al 2000 dall'attuale vicepresidente Dick Cheney, che tutt'oggi riceve a mo' di buonauscita differita per ragioni fiscali 1 milione di dollari per i prossimi 5-6 anni.

Tuttavia Halliburton e KBR fanno affari col Pentagono da decenni, grazie a giganteschi conflitti di interessi che costituiscono la fisiologia del sistema di potere politico americano (quel complesso militare-industriale denunciato dal generale repubblicano Eisenhower quando lasciò la carica di presidente americano nel 1960 a Kennedy). Dal 1962 al 1972 decine di milioni di dollari sono finite nelle casse di Halliburton per il conflitto vietnamita, costruendo strade e piste e porti distrutti dai bombardamenti nella zone del delta del Mekong; l'immensa base militare di Diego Garcia nell'Oceano indiano è stata costruita tra le altre dalla Halliburton. Più recentemente, nei primi anni '90, quando Cheney era segretario alla difesa e David Gribbin sottosegretario al Pentagono (entrambi poi passati a funzioni direttive), Halliburton è stata incaricata di studiare le modalità migliori per le prime operazioni di privatizzazione della logistica militare, che rappresenta la caratteristica saliente dei conflitti militari "classici" del post caduta del muro di Berlino.

Nell'operazione Just Endeavour nei Balcani del 2000, la logistica dell'esercito Usa è stata appaltata alla KBR per un contratto di 2.2 mld di $, grazie ai buoni uffici dell'Ufficiale di collegamento tra Pentagono e Cda, l'Ammiraglio Joe Lopez già a capo delle forze Usa nel sud Europa. Nel dicembre 2001, La KBR ha infatti ottenuto un appalto decennale indeterminato per eseguire un Programma di gestione civile della logistica militare (LOGCAP) per tutte le truppe del Pentagono in operazioni belliche, senza cifre previste nero su bianco, ossia un contratto in bianco a piè di lista di cui la KBR sta già godendo in tempi di preparazione e svolgimento di attività militari.

Ecco alcuni esempi. Novembre 2001, guerra duratura a terrorismo, appena 2 mln di $ per rafforzare le difese dell'ambasciata Usa a Tashkent, capitale dell'Uzbekistan, paese alleato, partecipe e coinvolto in Enduring Freedom; fine 2001, 16 mln di $ per la base cubana di Guantanamo, il carcere per i 408 taliban ivi detenuti senza alcuna garanzia civile e giuridica, senza lo status di detenuto di guerra ai sensi della Convenzione di Ginevra, quella invocata poi immediatamente da Rumsfeld per i prigionieri Usa degli iracheni sbattuti sui video di Al Jazeera; giugno 2002, 22 mln di $ per la base aerea di Khanabad sempre in Uzbezkistan; novembre 2002, 42.5 mln di $ per i servizi logistici delle basi afgane di Bhagram e Khandahar; luglio 1999-settembre 2003, 118 mln di $ (in condominio con una impresa di nome Vinnell) per la base militare di Incirlik, sette miglia dalla città di Adana in Turchia, in cui 1500 addetti della KBR prestano servizio per riparare motori, gestire la cucina e "curare il campo da golf" per i soldati. Infine, settembre 2002, 1800 addetti della KBR hanno allestito in men che non si dica i campi militari in Kuwait che hanno svolto la funzione di retroterra del fronte, utilizzando mano d'opera locale che costa di meno delle paghe previste per civili e militari americani impegnati in missioni all'estero per servizi di logistica, e subappaltando funzioni lavorative a imprese locali facendo cadere a pioggia briciole di dollari per ingraziarsi le élite locali. Secondo il Pentagono e l'ufficio stampa della Halliburton, le imprese del gruppo sono altresì presenti in Gibuti, Giordania, Georgia per contratti che assommano, al dicembre 2001, a circa 830 mln di $; si calcola che oltre 1/3 dell'intero fatturato del gruppo sia di origine militare (committente il Pentagono), grazie ai buoni uffici di cui sopra. E siccome ogni mondo è paese, l'Ufficio del Congresso deputato al controllo amministrativo dei contratti stipulati da agenzie e dipartimenti federali (GOA) ha avuto negli anni scorsi numerose occasioni per denunciare frodi fiscali e fatture taroccate (il Congresso ebbe pure a ridire sui 2.2 mld di $ della KBR per i contratti nei Balcani, ma celebre resta l'inchiesta su un lavoro svolto nel 1996 nella ex Jugoslavia del valore di 191.6 mln di $ che venne gonfiato l'anno successivo sino alla modica cifra di 461.5 mln di $, cioè più del doppio), immaginatevi se finite tutte nei paradisi fiscali per sfuggire alle tasse americane o se pervenute per finanziare politici e campagne elettorali...

Noi pensiamo che lo sporco business di guerra sia all'origine delle motivazioni politiche perché le guerre costano, l'economia boccheggia e il welfare militare è quello risultato vincente dopo la crisi di Wall Street del 1929; ieri come oggi, le strategie geopolitiche che reggono le sorti del pianeta sono meditate accuratamente da individui in carne e ossa che entrano ed escono dalle "porte girevoli" di imprese e stanze del potere in quanto appartenenti alla medesima élite di potenza, rintracciando nelle une le risorse finanziarie necessarie per realizzare le aspirazioni di dominio possibili solo occupando le seconde. Ma noi avremmo solo la possibilità di impedire che entrino in queste ultime, se solo sapessimo resistere alle sirene elettoralistiche ricordandoci gli effetti fisiologici di tali atti apparentemente innocui, anzi pregevoli, quali il voto democratico e la partecipazione ai meccanismi produttivi di deleghe irrevocabili e dalle conseguenze letteralmente micidiali, a solo ricordare, nell'attimo in cui si vota, cosa succede quando si delega alla destra o alla sinistra il potere di dettare le sorti della esistenza facendo per giunta affari sulla pelle di tanti comuni mortali.

Salvo Vaccaro

 

 


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