Da "Umanità Nova"
n. 19 del 25 maggio 2003
Il pianeta si degrada, le diseguaglianze
crescono
I veleni del G8 ambiente...
Alla fine di aprile si è tenuto a Parigi il G8 ambiente.
Numerose manifestazioni di contestazione e dibattito si sono svolte in
varie località della Francia: da Angers, dove inizialmente avrebbe
dovuto svolgersi il vertice, a Rennes alla stessa Parigi. Il testo che
vi proponiamo di seguito è stato pubblicato su Claac n. 2, il giornalino
del Coordinamento delle realtà libertarie contro il G8 in Francia.
Sviluppo, progresso e rispetto dell'ambiente sono idee da qualche tempo
ampiamente condivise, a destra come a sinistra. Tuttavia questo "progresso"
e questo "sviluppo" sono perfettamente in contraddizione con il rispetto
dell'ambiente e appaiono sempre più chiaramente come dannosi per
l'umanità e per l'intero pianeta.
Per due secoli, lo sviluppo economico e le scoperte tecniche hanno favorito
una crescente produzione di beni e un aumento continuo delle capacità
di produzione. Invece di alleggerire il peso del lavoro, i grandi progressi
in termini di produttività sono stati utilizzati per produrre sempre
di più. Le società si sono trovate trascinate dal capitalismo
in una logica produttiva che è stata eretta a valore comune e presentata
come un fine in se. Tale produttivismo è intrinseco al capitalismo,
fondato su una concorrenza sfrenata che implica per ogni impresa la necessità
di produrre al minor costo, senza considerare né lo sfruttamento
dei lavoratori né i danni che essa porta all'ambiente. Ogni idea
di progresso è quindi legata a questa frenesia produttiva. La questione
sociale, ci veniva detto, troverà la sua soluzione nell'abbondanza
e la felicità dell'umanità sarà ottenuta grazie all'effetto
congiunto della scienza e della tecnica, senza considerare chi decide
e dunque chi controlla le scelte. La questione ecologica non era naturalmente
neppure considerata.
Ora che il capitalismo si è esteso su scala planetaria è
facile costatare che i bilanci sociali ed ecologici sono negativi. Se
nei vecchi paesi industrializzati lo sfruttamento degli esseri umani può
sembrare meno selvaggio che nel secolo scorso, su scala mondiale si può
costatare che lo sfruttamento economico degli uomini, delle donne, dei
bambini è considerevolmente aumentato.
Lo stato del pianeta si degrada ogni anno di più
È la globalizzazione del modello economico presentata come la
sola via possibile, il capitalismo, che genera un degrado sempre maggiore
del pianeta. Degrado senza limite che raggiunge l'irreversibilità:
le riserve d'acqua, i suoli, la diversità del vivente, le condizioni
di vita delle popolazioni.
I finanzieri e gli industriali conducono i loro progetti con una mano
di ferro nascosta dal guanto di velluto dell'ideologia dello sviluppo
infinito e del progresso economico. Muovendosi al di sopra delle frontiere
essi dettano gli orientamenti - attraverso la Banca mondiale, il Fondo
mondiale internazionale, l'Organizzazione mondiale del commercio, il G8,
tra gli altri - che rispondono solo ai loro interessi economici e alla
loro preoccupazione di mantenere il dominio sul mondo.
Accanto ai gruppi finanziari e industriali, molteplici complici, nascosti
dietro orpelli di tutti i colori, cercano di dare al capitalismo un odore
migliore attraverso iniziative che favoriscono un minor degrado della
natura. Questi signori vorrebbero avvallare la favola di un capitalismo
edulcorato, sedicente rispettoso dell'ambiente, portatore di un "sviluppo
durevole".
I leader delle organizzazioni operaie riformiste come i nuovi socialdemocratici
(sul tipo ATTAC), hanno veicolato e continuano a veicolare un'ideologia
produttiva inseparabile dallo sfruttamento del lavoro umano. Per di più
essi chiedono la restaurazione dello Stato, un suo miglior controllo dell'economia
capitalista. Alcuni arrivano a proporre la creazione di un supergoverno
mondiale. Allo stesso modo, benché critici su alcuni aspetti dell'ideologia
produttiva, gli ecologisti più o meno liberali o socialdemocratici
lasciano senza risposta la soluzione radicale delle questioni ecologiche
facendo credere che semplici rimaneggiamenti successivi, guidati dagli
Stati, permetteranno di cambiare le mentalità, mentre occorrerebbe
per lo meno rivendicare la centralità delle popolazioni nelle scelte
che le riguardano: sono le popolazioni che devono valutare l'utilità
sociale delle loro attività.
Smascherare le chimere che ci conducono alla sottomissione sociale e
alla catastrofe ecologica
Concentrando l'attenzione sulle proposte tecniche, questi manipolatori
ambientalisti non concepiscono neppure di rimettere in discussione il
sistema economico generatore delle principali catastrofi ecologiche passate,
presenti e future. Essi favoriscono una visione parziale del problema
ecologico mentre ci pare evidente come non sia possibile affrontare seriamente
l'oltraggioso sfruttamento della natura senza considerare quello derivato
dalla stessa causa: lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Le catastrofi, come le inondazioni eccezionali, si succedono ad un ritmo
accelerato, arrecando sempre più danni e vittime. Molti politici
cercano di nascondersi dietro gli sconvolgimenti climatici definiti come
"fatalità". In effetti la crisi climatica appare legata direttamente
agli effetti di attività umane e più precisamente a quelle
effettuate nell'ultimo periodo industriale e capitalista. L'influenza
di questi fattori, la cui importanza non è stata ancora chiaramente
definita, non deve tuttavia far dimenticare il ruolo comunque determinante
di una gestione del territorio compiuta a dispetto del buon senso ecologico,
gestione che vede implicato lo Stato nelle sue articolazioni centrali
e periferiche.
Altro esempio: la costruzione di grandi infrastrutture apre la via all'espansione
del mercato mondiale e sottomette le popolazioni agli imperativi dell'economia
capitalista globalizzata, ad una divisione internazionale del lavoro totalmente
irrazionale, provocando la distruzione della piccola attività produttiva
tradizionale e delle economie locali o regionali autocentrante sui loro
territori. L'aumento dei chilometri percorsi dalle merci prima di arrivare
al consumatore è particolarmente evidente nel caso dei prodotti
alimentari. La Politica Agricola Comune europea incoraggia la produzione
su grande scala e nello stesso tempo aumenta la distanza di trasporto
degli alimenti. Il 70% del traffico attuale è in realtà
superfluo. La circolazione incessante delle merci come degli esseri umani,
l'ossessione del "tempo risparmiato" è il contrario della libertà,
si tratta di dispositivi che rafforzano ancor più il senso d'impotenza
e sottomissione.
Il salvataggio del pianeta potrà avvenire solo liberandosi dal
regno della merce che coinvolge tutti gli aspetti della nostra esistenza.
Occorre svelare le carte di questo gigantesco bluff giocato dai finanzieri
di tutti i paesi depredando risorse che appartengono a tutti, popolazioni
di oggi e generazioni future. Partiti e sindacati, nelle loro versioni
passate o rinnovate, si pongono in una stessa dinamica, alla stessa maniera
delle ONG o di altre associazioni. Alcuni si disinteressano della questione
ecologica continuando a nutrire la chimera della crescita economica, altri
affrontano il degrado imposto al pianeta senza analizzarne le cause sociali,
economiche e politiche. Invece occorre legare la questione ecologica con
le scelte della società. Se nel mondo il modello capitalistico
continuerà a svilupparsi possiamo essere certi che nel futuro ci
sarà ben poco spazio per l'ecologia, la pace e il progresso sociale.
Testo liberamente tradotto da Denis dal giornale della CLAAC, n. 2,
maggio 2003.
Per saperne di più: CLAAAAC G8 presso La plume noir, 19, rue
Pierre Blanc, 69001 Lyon France, sito internet "http://www.claaacg8.org"
mail: claaacg8@claaacg8.org
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