Da "Umanità Nova"
n. 20 del 1 giugno 2003
Bhopal
Una storia di vergogna
Sono passati 18 anni dal peggiore incidente industriale del mondo, presso
lo stabilimento di pesticidi di proprietà di una multinazionale
a Bhopal, in India - ma ancora oggi i poveri continuano ad essere avvelenati.
Intanto il governo indiano trattiene i fondi stanziati per il risarcimento
e la decontaminazione. Vi proponiamo un articolo tratto da New Internationalist
dello scorso dicembre.
La maggior parte degli abitanti stavano dormendo nelle loro case quando
il serbatoio esplose, riversando nella notte il suo getto di fumi mortali.
I gas entrarono nelle loro case senza preavviso. Si svegliarono soffocando,
gli occhi e la bocca in fiamme. Nessuno sapeva cosa fosse successo, poi
si udirono grida "Gas!" "Fuggiamo!" Le persone si rovesciarono fuori dalle
loro case, ma il gas li stava aspettando. Spesse nubi stavano avanzando
lungo le stradine strette, talvolta larghe poco più di un metro.
I lampioni spandevano una luce marrone color del tabacco. Non si udiva
il consueto ronzio degli insetti - erano già morti.
Mentre le famiglie afferravano i bambini e fuggivano, le viuzze erano
già piene di gente che correva in preda al panico. Vacche e cani
correvano dietro ai loro proprietari. Qualcuno cadde e fu schiacciato.
Strappati dalle braccia delle loro madri, molti bambini si persero, e
non furono mai più trovati.
Era il 2 dicembre 1984 e da una fabbrica di pesticidi di proprietà
di una multinazionale americana - la Union Carbide Corporation - erano
fuoriuscite 27 tonnellate di sostanze tossiche, riversandosi sui quartieri
poveri di Bhopal, nell'India centrale. Ignorando i consigli dei suoi stessi
esperti, la Union Carbide aveva costruito una fabbrica proprio nel bel
mezzo di un'area densamente popolata. Contravvenendo agli standard di
sicurezza statunitensi, un'enorme quantità di letale metil-isocianato
(MIC) era immagazzinata sul posto. La temperatura del serbatoio contenente
il MIC non veniva mantenuta a 0deg.C, come dettavano i manuali di sicurezza.
Il sistema di sicurezza dello stabilimento era stato smantellato e non
funzionava. Un'infiltrazione d'acqua nel gigantesco serbatoio causò
una violenta reazione chimica.
Nessuno sa esattamente quanti siano stati i morti, ma ci possiamo fare
un'idea dai 7.000 sudari funebri acquistati a Bhopal nei tre giorni successivi.
Questo numero non prende in considerazione le centinaia di persone che
semplicemente non sono più state trovate, o le famiglie in cui
nessuno sopravvisse per seppellire o cremare gli altri.
Il calcolo dei morti per gli effetti a lungo termine sulla salute delle
persone ha raggiunto la cifra di 25.000 persone - a questi bisogna aggiungere
i circa 25.000 abitanti delle baracche intorno alla fabbrica che continuano
ad essere avvelenati dalle sostanze tossiche che sono rimaste sul luogo.
Le donne di questa comunità raggiungono la menopausa a trent'anni.
I neonati sono deformi e le ragazzine non hanno le mestruazioni prima
dei diciotto anni. Alterazioni fisiche quali piedi palmati, petto carenato
e ritardo nella crescita sono spaventose realtà.
Grandi mucchi di sostanze chimiche appestano il terreno nella ex fabbrica
della Union Carbide, rilasciando le loro mortali tossine nell'acqua e
avvelenando la gente lentamente. Non ci sono uccelli che cantano all'interno
dell'area dello stabilimento, ma i bambini ci giocano lo stesso, tra alcuni
dei più letali veleni che esistano. Mucche e capre pascolano su
prati contaminati da 26 anni di rifiuti chimici.
Qui e là si vedono mucchi di rocce di color rosso-marrone, alcune
grandi come scogli. Sono pezzi di Sevin, un materiale che ha un basso
punto di combustione. Se prende fuoco, rilascia lo stesso gas che uccise
così tante persone nel 1984. Negli ultimi due anni ci sono stati
numerosi enormi incendi all'interno dell'area dello stabilimento, e qualche
pezzo di Sevin ha preso fuoco. L'anno scorso il fuoco ha distrutto parecchi
ettari di terreno e danneggiato 22 case della vicina baraccopoli. Come
nel disastro del 1984, gli abitanti sentivano odore di "peperoncino bruciato",
un forte bruciore agli occhi e al naso, i loro polmoni sembravano in fiamme.
Alcuni hanno raccontato di non essere neanche riusciti ad urlare: potevano
solo tossire e soffocare.
Questa volta non è morto nessuno - ma i poveri vengono avvelenati
lo stesso. Ad ogni stagione della pioggia i veleni abbandonati - tra i
quali organofosfati e metalli pesanti, filtrano nel terreno e contaminano
l'acqua. Un'inchiesta effettuata da Greenpeace International ha trovato
dei livelli di mercurio da 20.000 a 6.000.000 di volte maggiori di quelli
normali in tutta l'area della fabbrica.
Anche coloro che si sono trasferiti nei quartieri vicini anni dopo il
disastro presentano gli stessi sintomi dei sopravvissuti alla tragedia
del 1984. Soffrono di dolori addominali, lesioni alla cute, nausea, vomito,
stitichezza, cattiva digestione e una sensazione di bruciore al petto
ed allo stomaco. La maggior parte dei bambini nelle aree più contaminate
nascono gravemente sottopeso e deboli, con la pelle scolorita. Le donne
non producono latte in maniera normale e alcune smettono completamente
di produrne meno di un mese dopo il parto. L'acqua che bevono è
inquinata da 12 sostanze chimiche letali in percentuali fino a 600 volte
più alte di quelle permesse dalle norme di sicurezza della Environmental
Protection Agency americana.
Reshma Bi è malata da quando è nata. Gravemente deforme,
non può camminare perché ha la spina dorsale storta. La
sua gobba sporge a ricordare agli altri che lei è una figlia del
gas. Dopo Reshma, sua madre partorì un altro figlio, che è
morto soffocato dal suo stesso vomito. La notte del gas, la madre ha perso
tre figli, tutti morti nella maniera più orribile.
Mamta Bai vive in una delle baracche vicino alla fabbrica. C'è
un serbatoio d'acqua fuori dalla casa ma è contaminato da sostanze
tossiche, così deve camminare per due ore ogni giorno per andare
a prendere l'acqua da un'altra fonte. "Ogni anno uno dei miei familiari
si ammala," dice. "Mia sorella soffre di dolori al petto, e mia madre
è stata di recente in ospedale, a causa di forti dolori in tutto
il corpo. In estate la puzza che viene dalla fabbrica è insopportabile."
Dr. Ghazala Aftab Ahmed, un'assistente sociale, ha abortito pochi giorni
dopo la notte della tragedia. Il veleno rimase nel suo corpo, tuttavia,
passando al prossimo figlio. Khushnoor (che significa "Luce Felice") è
nata nel 1990; a due anni ha cominciato a presentare problemi ai reni.
Nel 1993 Dr. Ghazala e suo marito Aftab hanno dovuto prendere a prestito
$ 3.000 per pagare un'operazione che ha salvato la vita a Khushnoor. L'indennizzo
non è neanche bastato per il volo a Bombay.
Quasi tutte le 550.000 persone che hanno richiesto un risarcimento alla
Union Carbide hanno ricevuto l'equivalente di circa 500 dollari - o 7,5
centesimi al giorno per i 18 anni della loro tragedia. Se qualcuno è
stato ucciso la notte del gas le loro famiglie hanno ricevuto in media
$ 1.250 - ovvero 19 centesimi al giorno per 18 anni.
Il governo indiano ha negato un indennizzo a Kaneeza Bi per la morte
di suo marito. Kaneeza ha quattro figli. "Mio figlio mi svegliò
la notte del gas," ricorda. "Corremmo verso il parco, e io persi due dei
miei figli nel panico. Li ritrovammo due giorni dopo, ma mio marito fu
trovato svenuto per la strada. Il suo stomaco era gonfio come un pallone
e i suoi occhi erano tutti rossi, e non riusciva ad aprirli. Dopo quella
notte, aveva delle grosse difficoltà a respirare e morì
di un attacco di cuore l'anno scorso, causato dai problemi alla respirazione."
Lei ha ricevuto solo 4 dollari al mese per quattro anni come indennizzo
per i suoi problemi di salute. "Non c'è più nessuno a prendersi
cura di me, da quando mio marito è morto.", si lamenta.
Mohammed Idris non ha ricevuto alcun risarcimento, sebbene la sua vita
sia stata distrutta quella notte. Egli non riesce a lavorare né
a camminare per più di cinque minuti, perché gli manca il
respiro. Recentemente è stato ammesso in ospedale per un mese,
dove gli hanno messo una maschera di ossigeno giorno e notte. Anche sua
moglie Aneesa Bi è finita all'ospedale per dolori al petto, mal
di testa, vertigini e gonfiore allo stomaco. Mohammed pesa solo 34 chili
e non può mangiare molto a causa della sua malattia, e anche perché
non ha abbastanza soldi. Vive con sua moglie e sei bambini in una casupola
di due stanze, in un'area vicina allo stabilimento.
Zahid Hafing è un'altra vittima che non ha ricevuto alcun indennizzo.
"Da quella notte la mia vista non è mai più stata normale,"
egli dice. "Una volta al mese le mie mani e piedi cominciano ad irrigidirsi.
Mi viene la febbre e vomito e mi fanno male gli occhi. A volte tossisco
così violentemente che penso di morire. Dapprima il governo promise
di darmi 7.000 rupie ($ 140) nel corso di quattro anni, ma poi hanno cambiato
idea perché dicono che non ero nato all'epoca della tragedia."
La notte del gas, Zahid aveva otto anni.
La Union Carbide ha pagato 470 milioni di dollari dopo aver raggiunto
un accordo con il governo indiano fuori dal tribunale. Fino ad ora solo
166 milioni sono stati dati alla gente di Bhopal. Il resto rimane in una
banca di Delhi.
Nonostante una gran quantità di inchieste e studi scientifici,
solo 8.300 dollari sono stati spesi per fornire una fonte di acqua pulita
agli abitanti dei quartieri poveri. Serbatoi per l'acqua riforniscono
circa 2.000 persone, ma questi sono solo mezzi pieni e l'acqua che c'è
dentro non è certo molto pulita.
Il primo ministro dello stato del Madhya Pradesh si rifiuta di commentare
sul perché l'area non sia ancora stata decontaminata. Non vuole
neanche dirci quando i 25.000 abitanti delle baracche intorno alla fabbrica
potranno avere accesso a fonti di acqua pulita.
L'uomo responsabile per la perdita di gas, Warren Anderson, ex direttore
generale della Union Carbide, non è mai stato processato. Vive
tranquillo a New York, nella sua casa da un milione di dollari; finora
è riuscito a evitare i tribunali, nonostante una richiesta di estradizione
al governo USA da parte di magistrati di Bhopal. È accusato di
omicidio colposo e, se dichiarato colpevole, potrebbe beccarsi fino a
20 anni di prigione.
Il luglio scorso il governo indiano si è appellato alla Corte
Suprema per ridurre l'imputazione da omicidio colposo a negligenza. Questa
sembra una risposta strana al disprezzo che sia lui che la Union Carbide
hanno mostrato verso il sistema giudiziario indiano, ma bisogna sapere
che il nuovo proprietario della Union Carbide è il gigante americano
Dow Chemical, una multinazionale che è uno dei più grandi
investitori stranieri in India. Una riduzione dei capi di imputazione
equivarrebbe a un effettivo insabbiamento del caso contro Warren Anderson,
e libererebbe Dow Chemical dalla responsabilità di ripulire l'area
della ex fabbrica, il che costituirebbe un incentivo notevole per la multinazionale
ad investire in India.
Un altro punto da considerare quando si giudica il comportamento del
governo nella faccenda di Bhopal è una proposta governativa su
come usare 150 milioni di dollari prendendoli dalla cifra stanziata per
il risarcimento delle vittime. Il governo voleva spendere questi soldi
per i quartieri ricchi di Bhopal, abitati per lo più da agiati
Hindu, che non avevano subito alcun danno nel disastro, invece che per
i poveri ed emarginati sopravvissuti della notte del gas; probabilmente
allo scopo di guadagnare dei voti per il partito nazionalista Hindu al
governo (BJP). Se lo scorso luglio le vittime non avessero organizzato
manifestazioni di massa contro queste proposte, senza dubbio entrambe
sarebbero diventate realtà.
Militanti e volontari continuano a lavorare senza sosta - 18 anni dopo
il disastro - per aiutare le vittime del gas tossico a ottenere cure mediche
e un risarcimento. Eppure nonostante tutte le proteste non si vede alcun
segno di reale attività nei tribunali o, ciò che è
peggio, sul terreno.
Luke David - tradotto da Reno
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