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Da "Umanità Nova"
n. 20 del 1 giugno 2003
Dibattito referendum 8:
Contro il referendum
La difesa dei contenuti dello Statuto dei Lavoratori non è compatibile
con la scelta referendaria. Lo Statuto dei Lavoratori riguarda infatti
i diritti e la dignità del cittadino sul luogo di lavoro, ovvero
stabilisce che l'azienda non costituisce un feudo e che il padrone non
può lasciare la Costituzione fuori del cancello della fabbrica
(come invece auspicava Felice Mortillaro buonanima, ideologo della Confindustria).
Tutto ciò che riguarda i diritti e la dignità delle persone
fa parte di un ambito costituzionale immune dalle oscillazioni della maggioranza
e minoranza. In base alla Costituzione italiana nessuna maggioranza parlamentare
può stabilire che una razza è superiore a un'altra e nessun
governo può reintrodurre la pena di morte. Con la sua proposta
di referendum anti articolo 18, Rifondazione Comunista è andata,
invece, incontro al governo accettando l'idea che lo Statuto dei Lavoratori
tratti di questioni opinabili che possano essere cioè decise a
colpi di maggioranza. Beninteso chi voglia rimanere di sinistra, non può
cercarsi nemici a sinistra; perciò è necessario essere disponibili
alla collaborazione anche con Rifondazione Comunista, senza però
accecarsi e perdere il senso critico. Rifondazione ha impostato in questo
caso tutta la questione in termini tali da favorire il vittimismo governativo
e confindustriale. Infatti si riprendono i logori slogan contro il lavoro-merce
e contro la libertà di licenziare. In realtà, purtroppo,
la libertà di licenziare non è mai stata in pericolo, e
lo Statuto dei Lavoratori non è mai riuscito a scalfirla. Allo
stesso modo, nella società capitalistica, il lavoro non è
una merce, ma una servitù; il lavoro è soggetto cioè
a pressioni che tendono a riportare il lavoratore a un rango sociale inferiore,
privato cioè di diritti riconosciuti ad altre categorie di cittadini.
Lo Statuto dei Lavoratori è dovuto intervenire per stabilire che
le scelte sindacali politiche o religiose dei lavoratori non potessero
essere motivo di licenziamento o di sanzione sul posto di lavoro, perciò
l'articolo 18 parla di giusta causa nel licenziamento quando non intervenga
l'intento discriminatorio. Il tentativo del governo e della Confindustria
è infatti quello di reintrodurre la discriminazione ideologica
e antropologica sui luoghi di lavoro, stabilendo nell'azienda i rapporti
e le gerarchie della Signoria feudale. Il movente quindi non riguarda
aspetti strettamente economici, ma il dominio di classe, nella sua forma
più brutale. Ora, la dignità umana può anche essere
considerata una convenzione o un semplice bon ton nelle relazioni sociali,
o addirittura un'ipocrisia; sta di fatto, però, che al di là
di questa convenzione non vi è il paradiso della naturalezza, ma
forme di abiezione sociale già ampiamente sperimentate. Per questo
motivo è opportuno che il movimento anarchico si impegni al massimo
nella difesa dei contenuti dello Statuto dei Lavoratori, chiarendo però
che si tratta di materia di diritti fondamentali, tutelati anche dalla
Costituzione, in cui il governo non era legittimato ad intervenire; e
chiarendo quindi che la proposta referendaria di RC ha finito per riconoscere
indirettamente legittimità all'operato del governo, avallando l'idea
che i diritti fondamentali dei cittadini possano dipendere da un cambio
di maggioranza. Tutto ciò riconferma la validità della tradizionale
scelta astensionista anarchica.
Comidad Napoli
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