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Da "Umanità Nova" n. 22 del 15 giugno 2003

Mercanti di morte
La nuova legge sul commercio d'armi



Di guerre se ne fanno, e se ne fanno sempre di più. E dunque, perché si dovrebbe restare fuori da un mercato che ha già dato tante soddisfazioni e che promette nuovi profitti? Questo devono aver pensato gli onorevoli rappresentanti del popolo che, alcuni giorni orsono, nelle aule di Montecitorio, hanno deciso di liberare una volta per tutte, da regole e controlli, il commercio delle armi che, secondo il loro illuminato parere, sarebbe stato troppo irregimentato. E in effetti, anche se prima non è che le cose andassero granché bene, vigeva almeno un minimo di pudore, in ossequio a un'opinione pubblica non sempre disattenta, che imponeva l'obbligo di controllare e rendicontare la quantità e la qualità di questo mercato di morte. Ma, evidentemente, in questa epoca di totale deregolamentazione, figlia della deriva "liberista", che sta asfissiando le nostre vite giorno per giorno, anche gli ultimi scrupoli hanno preferito cedere il passo allo spirito dei tempi nuovi.

Ricapitoliamo.

La vecchia legge, almeno, prevedeva una relazione annuale del governo sulle esportazioni autorizzate. Ma basta, suvvia! Che bisogno c'è di perdere tempo con queste manie da ragioniere, con tutte le cose più importanti che ha da fare il presidente del Consiglio!

La vecchia legge, almeno, prevedeva che i paesi nei quali fossero violati i diritti umani non potessero essere i destinatari di commesse. Ma con l'aria che tira, a chi si potrebbe più vendere qualcosa, allora? È stato sufficiente, pertanto, aggiungere un "grave violazione" e il gioco è fatto! Chi sarà mai quel fenomeno che potrà decidere cosa è grave e cosa non lo è?

La vecchia legge, almeno, prevedeva una serie di meccanismi che ostacolavano le "triangolazioni" nelle esportazioni, in modo che le armi non potessero arrivare laddove non dovevano. Ma quante complicazioni, che diamine! Non ci si può neanche fidare della parola d'onore dell'acquirente e del venditore? Ma certo che sì! E allora: via anche il certificato finale d'uso richiesto in precedenza!

Come si vede, questa legge che modifica la precedente già ampiamente permissiva (come potrebbe esistere, del resto, una legge "proibizionista" quando si tratta del commercio di armi?) non è che la necessaria razionalizzazione che permette di essere al passo coi tempi. E se nel 2002 questo settore, tradizionalmente all'avanguardia e per nulla sfiorato dalla crisi complessiva che ha investito il restante sistema industriale, aveva già visto un aumento dei profitti del 6%, non è difficile immaginarsi cosa ci si potrà aspettare negli anni a venire. Con le rosee previsioni di nuovi mercati, con le rosee previsioni di nuove esigenze, con le rosee previsioni dello sviluppo del sistema di difesa integrato europeo (che, per inciso, è stato un po' il cavallo di Troia che ha consentito di modificare "legalmente" la vecchia legge aggirandone i vincoli), come sempre la produzione, il commercio e l'uso delle armi non deluderanno le nobili aspettative dei nobili esponenti della nobile razza dei padroni e dei predoni. O meglio, gli piaccia o meno di essere così chiamati, dei nobili assassini in doppiopetto e redingote.

Significativamente, di questa perla del governo Berlusconi si è parlato pochissimo. Nessuno dei grandi organi di informazione, nessuno dei mille telegiornali che intossicano l'etere, hanno ritenuto, infatti, di passare l'informazione ai loro fruitori. Solo alcuni giornali della sinistra ne hanno, lodevolmente, parlato, fingendo però uno stupore peloso decisamente sospetto. Se infatti non ha senso meravigliarsi o scandalizzarsi per una decisione così coerente con la filosofia del governo di centrodestra, ha ancora meno senso ipotizzare che dal cosiddetto centrosinistra sarebbe potuto uscire qualcosa di sostanzialmente diverso. Sorvolando, infatti, per carità di patria, sul fatto che anche in questa occasione alcuni settori ulivisti (forse meno ipocriti?) hanno addirittura votato a favore o si sono astutamente astenuti, va ricordato che a suo tempo il governo D'Alema, partecipando alla stesura del famigerato trattato di Farnborough sulla riorganizzazione dell'industria bellica, aveva posto le premesse sostanziali di questa ennesima porcheria. E se poi questa è andata un poco al di là delle previsioni, ciò non toglie che la responsabilità oggettiva appartenga a quasi tutto l'arco istituzionale.

Del resto, quando si parla di armi e del loro utilizzo, le convergenze sono piene. E se a volte sembrano esserci contrasti, come nel caso delle recenti mobilitazioni che hanno visto schierarsi per la pace anche gli stessi che un paio di anni prima avevano mandato le truppe nel Kossovo, tali contrasti sono dovuti solamente al consueto e stupido gioco dei veti (o voti) incrociati: se governi tu, io faccio la "opposizione" e ti voto contro, se governo io, la "opposizione" la fai tu e non me ne fai passare una. Un gioco delle parti già visto tante volte, ma che diventa particolarmente e oscenamente odioso quando riguarda la vita e la morte. Che poi queste armi prodotte dalla nostra industria siano utilizzate dalle armate della Nato per difenderci dalla barbarie che ci minaccia (come si sa, e come ci ricordano i cugini americani, la miglior difesa è l'attacco) o siano esportate in piena libertà nei mille paesi nei quali la guerra è una tragica, endemica realtà, cosa importa, dov'è il problema? Ad andarci di mezzo non saranno certo i lobbisti dell'industria bellica e i loro mezzani seduti in parlamento, per i quali l'unico rischio, mal che vada, è quello di non poter riscuotere una delle tanti cambiali firmate dai dittatorelli di mezzo mondo. Ad andarci di mezzo, come sempre, saranno le innumerevoli vittime civili, le famiglie decimate, i bambini soldato, i marmittoni con le scarpe di cartone, le abitazioni di fango distrutte da missili miliardari, le opere d'arte sepolte sotto le loro macerie, i terreni disseminati di uranio, gli oppositori disarmati che lottano per un po' di libertà, i centri storici rasi al suolo, le messi e gli armenti bruciati dalle radiazioni, i nomadi mutilati dalle mine... Gli innocenti, insomma.

Bravi!!!

Massimo Ortalli

 

 

 

 

 

 

 

 


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