Da "Umanità Nova"
n. 23 del 22 giugno 2003
La normalità dell'orrore
Iraq: soldati USA stuprano e abbandonano in fin di vita due ragazzine
Iraq: due ragazze di 14 e 15 anni stuprate da soldati americani sono state
abbandonate in fin di vita davanti all'ospedale. Una di loro è
morta subito, l'altra è sparita, forse uccisa dagli stessi parenti
per salvaguardare l'onore o nascosta da qualche parte....
La prima reazione nel leggere questa notizia, tra l'altro occultata
dai media, prima fornita, poi ritrattata, poi smentita, poi fatta filtrare,
è stata di sdegno.
Una rabbia infinita mi ha preso pensando a queste due ragazze, cresciute
troppo in fretta, probabilmente attratte dai soldi che i soldati americani
agitano sotto il loro naso e che danno il miraggio di cose mai possedute,
di una vita diversa e migliore.
A due ragazze che hanno visto trasformarsi gli uomini che già
conoscevano in bestie senza cervello e senz'anima, che le hanno uccise
mentre credevano di amarle, mentre provavano piacere.
Ad una di loro che dopo essere scampata alla brutalità di uomini
stranieri ha poi trovato i suoi stessi parenti a darle la caccia, perché
la legge tribale impone di uccidere la donna violentata, per salvare l'onore
della famiglia.
A donne che non hanno un posto in cui rifugiarsi, in cui qualsiasi luogo
è luogo di lacrime, vendetta e brutalità.
La seconda reazione invece è stata completamente diversa. Mi
sono chiesta perché mi stupissi.
In fondo è normale, accettabile, banalità di tutti i giorni
ciò che è successo.
È normale che un esercito di occupazione si senta in diritto
di comprare tutto nel paese occupato: oggetti, corpi, sentimenti.
È normale che delle ragazze vedano in questi giovani soldati,
nelle loro parole e nei loro soldi il miraggio di una vita diversa.
È normale che la famiglia poi non le difenda ma cerchi di nascondere,
espellere, uccidere la vergogna provata per l'ennesimo segno della loro
sottomissione al potente.
È normale...
E questa normalità noi dobbiamo combattere. Nel mostrare ciò
che nel mondo succede non possiamo più essere complici.
Le notizie brutali collegate alla guerra in Iraq, come alle guerre in
qualsiasi parte del mondo, nascondono sempre la gravissima situazione
che le donne vivono in ogni paese in guerra: stuprate, uccise, messe incinta
per continuare la razza superiore, torturate, usate come scudi, obbligate
a vendersi in cambio di poco o nulla, rinchiuse nei bordelli dei vincitori.
E dopo la fine di una guerra terribile, le conseguenze per le donne
sono sempre ancora terribili.
E quando trapela qualche notizia questa è solo la punta di un
iceberg sommerso, di una infinita brutalità.
Perché la guerra genera proprio questo: l'idea di essere padroni
di tutto, onnipotenti ed illimitati. È ora che la parola torni
dagli uomini e dalle armi, alla ragione e al cuore delle donne.
Rosaria
|