![]() Da "Umanità Nova" n. 23 del 22 giugno 2003 Torino. I prof. occupano le scuole Dal punto di vista comunicativo è avvenuto che un uomo mordesse un cane a fronte delle consuetudinarie occupazioni studentesche (il cane che morde l'uomo). Pongo l'accento sulla comunicazione perché è evidente che gli occupanti volevano produrre un evento comunicativo ed erano convinti, con molte buone ragioni, che le forme tradizionali della lotta sindacale sarebbero state inefficaci soprattutto a fronte di una normativa antisciopero liberticida. Può valere la pena di riandare alle ragioni della mobilitazione per, poi, ricostruirne sommariamente lo svolgersi. La legge finanziaria ha introdotto alcuni, ennesimi, tagli per quel che riguarda la scuola, in particolare - una riduzione secca del personale non docente; - un'analoga riduzione del numero degli insegnanti di sostegno; - un controllo del personale posto fuori ruolo per ragioni di salute e la sua collocazione o in altra amministrazione o in ruolo con l'effetto di tagliare migliaia di posti di lavoro; - l'obbligo di far svolgere a tutti gli insegnanti le ore di insegnamento previste dal contratto. Si è già rilevato che si pongono nella legge finanziaria misure che hanno ricadute sull'organizzazione del lavoro della scuola e si è detto, ironicamente, che il vero ministro dell'istruzione è il buon Tremonti. Va anche rilevato che la scuola è in attesa dell'applicazione della riforma Moratti e che la tensione è notevole. Può essere opportuno domandarsi come mai un aspetto minore di quest'assieme di misure abbia determinato la mobilitazione della quale stiamo trattando. Ha giocato un ruolo la precoce comprensione degli effetti devastanti della normativa sfasciacattedre. Molti colleghi, infatti, all'inizio ponevano l'accento solo sugli effetti quantitativi di questa misura sull'organico e tendevano a ritenere che non ci fosse molto da fare a fronte di una Legge Finanziaria già approvata. Alcuni insegnanti di Torino, invece, hanno rilevato subito che non vi sarebbe stato solo un taglio dell'organico ma che, per imporre a tutti gli insegnanti le 18 ore di cattedra sarebbe stato necessario: - smontare le cattedre dividendo materie legate fra di loro (storia e filosofia, matematica e fisica ecc.) spezzando il tradizionale carattere unitario di alcuni insegnamenti; - abolire la continuità didattica e cambiare gli insegnanti ogni anno se fosse stato necessario alla saturazione; - prolungare, sia pure su base "volontaria", l'orario di insegnamento nei casi in cui non sarebbe stato possibile saturare a 18 ore; - trasferire in altre scuole i docenti in soprannumero determinati dalla manovra anche se, per il primo anno, non era prevista questa misura. Era evidente che veniva colpita la struttura stessa dell'insegnamento e che il problema non si riduceva al licenziamento di un certo numero di precari. Questa consapevolezza ha permesso di ricomporre il fronte fra docenti di ruolo e precari che l'avversario voleva dividere. Se dobbiamo spiegarci perché la mobilitazione si è sviluppata solo a Torino in dimensioni tanto consistenti e con un buon livello di coordinamento, una prima spiegazione è che si è cominciato a discutere sugli effetti sia quantitativi che qualitativi della finanziaria prima che altrove. È, quindi, stato possibile lanciare il blocco dell'adozione dei libri di testo fondandolo su premesse nuove; se non vi è continuità didattica non si possono scegliere i libri in luogo di un collega che non è stato ancora designato. Nella seconda metà di maggio, il blocco dell'adozione dei libri di testo ha avuto un successo straordinario. Questo successo va valutato con attenzione: nei mesi precedenti molti lavoratori della scuola avevano chiesto nelle assemblee che si adottassero forme di lotta diverse dallo sciopero, contemporaneamente più economiche e più efficaci. Il dubbio che molti avevano era che le forme di lotta alternative allo sciopero richiedono un ampio consenso e la disponibilità a investire tempo ed energia in luogo di denaro. Si deve riconoscere che in questo caso hanno funzionato. Il ruolo del sindacato di base e la spontaneità del movimento. La CUB Scuola ha giocato un ruolo interessante sia perché ha giocato d'anticipo che perché ha funzionato come una rete per la circolazione delle analisi, delle informazioni, delle proposte. D'altro canto, la CUB Scuola ha lavorato da anni sulla questione dell'organico. Pere fare un esempio, a maggio vi era stata a Torino una forte mobilitazione dei precari di sostegno specializzandi che hanno fatto ben due blocchi stradali. Nella stessa discussione sul contratto si era posto con forza l'accento sul carattere cannibale del contratto stesso e dell'accordo del febbraio 2002 che ne aveva disegnato la struttura. è, d'altro canto, evidente che sono entrate in campo, come è normale, forze che non sono in alcun modo riconducibili alla CUB Scuola. Mi riferisco, in particolare, ad una lettera degli insegnanti del Galileo Ferraris che ha mosso le acque in maniera interessante anche se i colleghi di questa scuola non hanno nemmeno organizzato il blocco dell'adozione dei libri di testo. Eppure quella lettera ha reso evidente che erano seriamente preoccupati settori moderati della categoria e ha impedito che la mobilitazione venisse identificata con i "soliti estremisti". Considerazioni analoghe si possono fare sulle occupazioni. Se è vero che in sei delle scuole occupate o che hanno visto tentativi di occupazione vi sono RSU CUB è anche vero che in altre due, che hanno visto occupazioni vivaci e interessanti, non hanno le stesse caratteristiche. Le occupazioni hanno visto un livello interessante di partecipazione creativa dei colleghi: dibattiti, conferenze, concerti, assemblee con i genitori, mostre, presidi ecc. è interessante rilevare come i colleghi abbiano avuto l'esigenza di avere striscioni di scuola, di produrre mozioni e documenti ecc... Anche la stampa, soprattutto quella locale, ha giocato un ruolo importante nella mobilitazione. Basta guardare la quantità e, la qualità degli articoli che hanno trattato dell'argomento senza dimenticare i servizi televisivi e radiofonici. Insomma, si è prodotto, poco conta se come movimento, coordinamento delle scuole in lotta, sindacato, un evento. Dopo una riuscita manifestazione con blocco stradale di fronte alla Direzione Scolastica Regionale il 26 maggio, la DSR stessa ha prodotto una circolare che chiedeva ai Dirigenti Scolastici di rifare i conti. Non è chiaro quante cattedre sarà possibile salvare, lo si comprenderà nella prossima settimana ma è un risultato interessante. Immediatamente dopo, Luigi Catalano, il direttore scolastico regionale, ha rilasciato una dichiarazione molto amichevole nei confronti di CGIL, CISL, UIL e SNALS e molto dura bei confronti della CUB Scuola che ha accusato di animare le occupazioni delle scuole non in difesa dei posti di lavoro ma per ragioni politiche generali e cioè per sabotare la Riforma Tremonti Moratti. La dichiarazione è stata ripresa dai giornali e da RAI 3 che, per la verità, hanno dato spazio anche alla replica della CUB Scuola. La logica che muove la presa di posizione pubblica di Catalano è evidente: opporre sindacati "responsabili" a sindacati "irresponsabili", dare ai primi il merito dei risultati concreti ottenuti, per un verso, e ridurre la dimensione ampia e di movimento della mobilitazione ad uno scontro fra sindacati. CGIL, CISL, UIL e SNALS, per la verità, non hanno avuto problemi a fare propria la logica dell'amministrazione e, nelle loro dichiarazioni, hanno avocato a sé il merito della circolare sul ricalcolo delle cattedre. Se dovessi dire cosa ha caratterizzato il movimento torinese, porrei l'accento sull'identità professionale, per un verso, e sul timore per la perdita ulteriore di garanzie, per l'altro. Un paragone si può fare, fatte le debite proporzioni, con lo sciopero contro il concorso indecente proposto da Berlinguer. Si tratta, per alcuni versi, di un limite del movimento che rivendica, in primo luogo, un'identità professionale che il percorso verso la scuola azienda distrugge. D'altro canto, è evidente che questa mobilitazione si intreccia con quella che si va sviluppando nelle scuole elementari contro l'introduzione del maestro prevalente e l'abolizione del tempo pieno, fra gli insegnanti tecnico pratici in difesa della didattica dei laboratori ecc... Mobilitazioni diverse, ognuna con sue particolarità, ma che si misurano tutte con la politica scolastica del governo, con la questione degli organici, con la difesa di una scuola di qualità. Il fatto che delle anziane professoresse non abbiano avuto problemi a dormire in un sacco a pelo a scuola ed a bloccare il traffico qualcosa vuole ben dire e fa sperare molto per le mobilitazioni dell'anno prossimo. Cosimo Scarinzi
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