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Da "Umanità Nova"
n. 25 del 6 luglio 2003
La beffa dell'indultino
Forcaioli e vigliacchi
Dei signori, dei veri signori. E dei perfetti garantisti, i "nostri" rappresentanti
in Parlamento.
Sono anni ormai che, a causa degli infiniti guai giudiziari del loro
capobastone, distinti signori in grisaglia e doppiopetto si scalmanano
a Montecitorio e Palazzo Madama blaterando di garantismo e diritti del
cittadino. E sospinti da scadenze sempre più pressanti, essendo
non poche le corruttibili disavventure giudiziarie del Nostro che stanno
venendo al pettine, da anni ormai i nuovi peones della Casa delle (loro)
libertà hanno concentrato la loro preziosa, indispensabile attività
legislativa sulla improcrastinabile riforma strutturale della giustizia:
legge sulle rogatorie, legge sul falso in bilancio, legge sull'esportazione
dei capitali, legge Cirami, lodo Maccanico, legge sul diritto di eredità,
legge sul conflitto di interessi (ah no, questa devono ancora farla) e
via dicendo, ottenendo il risultato, che è sotto gli occhi di tutti,
di aver finalmente inciso il secolare bubbone che infettava il potere
giudiziario e impediva alla casta dei magistrati di svolgere con efficienza,
onestà e senso di giustizia il proprio lavoro.
Ed evidentemente questi continui richiami al senso di equità,
di giustizia, di rispetto per il cittadino, di benevolenza per la vittima
caduta nella spirale del delitto, questi continui appelli alla sacralità
dell'individuo e alla sua libertà, qualche risultato l'hanno ottenuto:
corruzione, truffa, evasione fiscale, aggiotaggio, bancarotta fraudolenta,
esportazione di capitali, strozzinaggio d'alto bordo, se mai sono stati
reati, oggi, buttata la maschera ipocrita della "legge uguale per tutti",
diventano addirittura dati di merito da far valere per eventuali incarichi
e prebende. Per gli altri reati, soprattutto per i reati "minori" nei
quali incappano con desolante frequenza i paria della società,
"minori" nella gravità ma non certo nella sconcertante puntualità
della certezza della pena, ...marocchini, albanesi, rumeni, meridionali,
terroni, attenti a voi! Borghezio e i suoi impeccabili mastini non si
lasceranno certo intenerire dalle vostre finocchiesche manfrine.
Costretti, infatti, a dare un calcio in culo al rigore "legalitario"
servito per scaraventarsi sul palcoscenico del potere, leghisti, fascisti,
democristi e forzisti ritrovano la loro perduta identità forcaiola
e repressiva non appena si tratta di avere a che fare coi più deboli:
il garantismo dei fichi secchi, l'eterno garantismo di lorsignori.
Le recenti vicende dell'indulto, trasformatosi poi in "indultino" perché
un indulto sarebbe stato troppo, sono quanto mai chiarificatrici. La situazione
nelle carceri, come sempre, è all'emergenza. Sovraffollamento,
"giustizia" dai tempi lunghissimi, autolesionismo, lettura rigidamente
repressiva dei codici (che già di loro non sono esempi di libertarismo),
accanimento contro il piccolo per compensare il nulla che si può
nei confronti del grande, leggi stupide non solo perché leggi,
ma per l'intenzionale incapacità di comprendere le trasformazioni
sociali (vedi il proibizionismo, tanto per non fare esempi), rendono ancora
più dura e precaria, di quanto già non lo sia, la grama
vita dei detenuti. Ai quali, pertanto, di quando in quando si offre, e
non certo per disinteressata bontà d'animo, una qualche via d'uscita,
tale da alleggerire la tensione che la realtà del carcere inesorabilmente
produce. La si chiami amnistia, lo si chiami indulto, li invochi il papa
o il padreterno, di necessità conviene fare virtù. Si compie
un generoso atto di "clemenza", si libera una qualche cella, ci si fanno
dei meriti in paradiso e l'aberrazione del carcere, della prigione, della
galera, appare un po' meno aberrante. Con buona pace del carcerato, che
vede attenuarsi un po' della sua sofferenza, il sistema si rifà
il trucco in attesa della nuova "emergenza carceri".
Ebbene, questa volta non è andata così. Scartata da subito
l'idea dell'amnistia ("questa ce la teniamo per una qualche incombenza
giudiziaria del nostro padrino e dei suoi avvocati" hanno pensato i peones
cidiellini), scartata l'idea dell'indulto vero e proprio ("indulto viene
da 'indulgere' e non si creda che siamo indulgenti contro il crimine...
degli altri"), si era arrivati faticosamente all'ipotesi del famoso indultino:
una riduzione di tre anni a chi già avesse scontato un quarto di
pena e una rosa quanto mai ristretta di reati previsti. Roba da piangere,
ma per qualche migliaio di proletari detenuti, almeno un attimo di respiro.
E invece, neanche questo. Il Senato, infatti, modificando il test...icolo
già passato alla camera, ha limitato le concessioni ai carcerati
(un anno solo di sospensione per chi ha già scontato metà
della pena) e ha dilatato enormemente i tempi d'attuazione: palla di nuovo
al centro e tutto da rifare! "Alleanza Nazionale è rimasta ferma
e irremovibile nella sua contrarietà contro ogni provvedimento
di clemenza nell'interesse della stragrande maggioranza degli italiani"
hanno abbaiato all'unisono il fascista ed ex magistrato Luigi Bobbio e
il fascista presidente della Commissione giustizia Antonino Caruso. E
preferisco non riportare le bellicose dichiarazioni dei rappresentanti
popolari dei valligiani bergamaschi perché sono troppo anche per
me.
Potrebbe sembrare davvero sconcertante il comportamento schizofrenico
a cui abbiamo assistito in questo frangente. Sconcertante vedere l'accanimento
contro il piccolo spacciatore o il ladro di motorini e il nobile garantismo
destinato al potente inquisito. Se non fosse che le viscere forcaiole
dei fascisti di sempre, dei fascisti di tutte le razze, si sono sempre
nutrite della sopraffazione del debole e della sottomissione al potente.
Forcaioli e vigliacchi, lo sapevamo già!
Massimo Ortalli
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