|  |    Da "Umanità Nova" 
        n. 25 del 6 luglio 2003  
        Lotta per l'egemoniaVerso il vertice del WTO di settembre in Messico
 
 Il prossimo round negoziale Wto di Cancun, in Messico, a settembre, si 
        presenta importante sulla scia di alcuni processi che esorbitano anche 
        la stessa Wto.
  Due anni fa, a Doha, blindati dal deserto, le "stanze verdi" in cui 
        i grandi paesi cercano accordi del genere "do ut des" per attirare il 
        consenso dei piccoli aderenti il cui voto singolare fa peso nella determinazione 
        delle maggioranze, hanno prodotto alcuni dossier su agricoltura, privatizzazione 
        dei servizi e della proprietà intellettuale (Trip's) e sanità. 
        In questa dinamica, si è introdotta la campagna antiterrorismo 
        che coinvolge gli Usa e i loro alleati "volenterosi" e servizievoli; in 
        sede bilaterale di un tavolo atlantico sta passando una legislazione poliziesca 
        sul modello illiberale americano che l'Europol sta accettando, scavalcando 
        i governi nazionali (per lo più consenzienti) e esautorando le 
        competenze (deboli) dell'Europarlamento a cui si nega perfino l'accesso 
        alle bozze di accordo.
        Sempre sul tavolo atlantico, si cerca, invano, di dirimere il contenzioso 
        Usa-Ue sugli ogm, con esito non certo favorevole agli interessi industriali 
        americani - che peraltro giocano pesante sulla fame nel mondo come se 
        dipendesse dalla penuria di alimenti e non dalla loro iniqua distribuzione 
        - preapprestando un consenso che spalancherebbe le porte all'estensione 
        illimitata degli ogm senza controlli precauzionali verso consumatori forti 
        di reddito o di bisogni ma senza informazione esauriente e senza acculturazione 
        preventiva.
        Ad oggi, comunque, gli osservatori accreditati si orientano a definire 
        di "stallo" la situazione negoziale, nonostante l'amicizia personale che 
        lega i due pezzi da novanta della Wto: il negoziatore americano Zoellick 
        e il commissario europeo Pascal Lamy, il cui ruolo unitario in sede europea 
        esautora i singoli ministri nazionali del commercio estero, che si riuniranno 
        a Palermo il prossimo 6 luglio per stendere una posizione euromediterranea 
        più o meno comune (considerando la disparità di peso dei 
        partner nel processo abortito di Barcellona).
        Per quanto concerne i tagli tariffari di marca neoliberista ai prodotti 
        agricoli, che penalizzerebbero le economie dei paesi in via di sviluppo, 
        il protezionismo illiberale di Bush da 100 mld di $ è superiore 
        per peso economico pure alla già ultraprotetta politica agricola 
        comune dell'Ue, con una sentenza dell'Organo di risoluzione delle dispute 
        in sede Wto che ha già condannato gli Usa consentendo all'Ue di 
        recuperare a fine 2003 quanto perso nel commercio sul mercato americano 
        attraverso una sorta di sanzioni economiche su beni da importare dall'America. 
        Esattamente speculare a ciò che gli Usa vorrebbero per quanto riguarda 
        la posizione di "moratoria" europea sugli Ogm per i quali gli Usa invocano 
        presso il tribunale Wto una analoga sanzione per discriminazione verso 
        le industrie americane. Sino ad oggi l'Ue non ha attivato la procedura 
        di recupero attraverso la sentenza, per equilibrare la pretesa americana 
        ai loro danni, sperando in un pareggio reciproco.
        Per questo dossier la soluzione sembra lontana, anche perché 
        i paesi medi sono a loro volta divisi in alleanze non univoche (Giappone 
        e India con l'Ue, Uruguay e il Brasile di Lula con gli Usa). Ovviamente 
        i produttori locali e la manodopera mondiale del comparto non sono tenuti 
        affatto in considerazione, sebbene ciò non rappresenti un problema.
        Per la questione relativa alla sanità, le case farmaceutiche 
        pur uscite sconfitte dalla vertenza sudafricana, mostrano resistenze continue 
        a cedere a basso costo i brevetti per i farmaci salvavita limitandosi 
        a solo tre malattie gravi: Aids, malaria e tubercolosi, ma esclusivamente 
        in contesti di "crisi" della sanità pubblica, e non di sanità 
        pubblica tout court. Anche qua i paesi in via di sviluppo, anche per tutelare 
        le loro industrie competitive su scala nazionale, non intendono cedere 
        terreno, e l'accordo sembra ancora lontano come a Doha due anni fa.
        Più preoccupante appare la diagnosi di una soluzione vicina al 
        98% per quanto concerne gli accordi sulla privatizzazione dei prodotti 
        intellettuali (scuola, sanità, intrattenimento), che significherebbe 
        la corsa al profitto e la mercificazione di beni indispensabili al benessere 
        e al godimento spirituale del nostro stare al mondo come soggetti viventi 
        con ragione e passione.
        Se ci sarà un esito positivo a Cancun, è probabile che 
        ciò riguardi i brevetti e la possibilità di privatizzare 
        servizi alle persone in logiche di mercato non congruenti con la cittadinanza 
        libera di ciascuno in un dato spazio del pianeta. Gli altri punti saranno 
        con tutta probabilità rinviati a ennesimi giri di negoziati per 
        il 2004.
        A meno che gli Usa non giochino la pesante carta tutta politica della 
        iperpotenza imperiale, come si dice in gergo, ricattando gli altri paesi 
        dall'alto della loro forza e arroganza tecno-militare invitandoli ad allinearsi 
        alle sue spalle nella crociata antiterrorismo pena l'inclusione in qualche 
        asse del male. La minaccia è tanto più forte in quanto alcuni 
        think tank americani sono dell'avviso che per mantenere una supremazia 
        euroasiatica in linea con gli interessi geopolitici americani, l'Ue non 
        vada più blandita e integrata attraverso diversi strumenti (la 
        Nato, la cooperazione culturale e scientifica, il modello democratico 
        da esportare insieme al resto del mondo, ecc.), bensì vada trattata 
        rigidamente come un sub-alleato recalcitrante, facendo pesare l'enorme 
        distacco tecnologico e militare a fronte di una concorrenza sempre più 
        pericolosa sul versante economico, commerciale e monetario (l'euro come 
        sfida al dollaro quale moneta di riserva e di accumulazione mondiale di 
        ricchezza e valuta di pagamento delle transazioni). 
        In tale ottica, Cancun potrà non essere solo un negoziato commerciale 
        in cui si lotta per la liberalizzazione sfrenata di beni e servizi da 
        integrare in un mercato mondiale di sfruttamento da parte di poche oligarchie 
        politico-economiche, bensì segnerà una tappa della guerra 
        duratura con altre armi che vede contrapposti ormai gli Usa vs. the Rest 
        of the World. 
        Salvo Vaccaro
        
         
        
       
         
        
      
       
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