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Da "Umanità Nova" n. 25 del 6 luglio 2003

Bloccata la controriforma psichiatrica di Burani
Duri contrasti tra lobby del privato e psichiatri



Ogni tanto dal Circo Barnum della politica parlamentare arrivano delle buone notizie. Intendiamoci, questo avviene esclusivamente quando i signori e le signore colà seduti non riescono a realizzare i progetti sui quali stanno lavorando. Questo è avvenuto con la proposta di controriforma della psichiatria bloccata dalla conferenza stato-regioni e dalle contraddizioni interne alla stessa maggioranza di governo. Su UN avevamo già riportato i contenuti della legge proposta dalla deputata forzaitaliota Maria Burani Procaccini (proposta di legge n.174 del 30 maggio 2001) che, in estrema sintesi mirava ad introdurre l'accertamento sanitario obbligatorio, il trattamento sanitario obbligatorio d'urgenza (che funzionerebbe come il fermo di polizia, nessuno è tenuto a darne notizia per le prime 72 ore, basta la richiesta di un medico e la convalida dello psichiatra del servizio) e, soprattutto il tso "della durata massima di due mesi rinnovabile senza limiti"; inoltre quest'ultima misura si potrebbe svolgere in strutture residenziali assistenziali private accreditate.

In pratica questa legge verrebbe a cancellare una delle poche garanzie per i sofferenti mentali ottenute con la legge 833 del 1978 (legge di regolazione dei principi della 180) che, all'articolo 35, comma 4, stabilisce che, nel caso il tso superi la durata di una settimana "...il sanitario responsabile del servizio psichiatrico è tenuto a formulare in tempo utile una proposta motivata al sindaco e al giudice tutelare, indicando l'ulteriore durata presumibile del trattamento obbligatorio". Insomma, oggi l'unico titolare del tso è la struttura pubblica che, in caso pensi di dover obbligare qualcuno a un trattamento sanitario obbligatorio di lunga durata, è tenuta a dare spiegazioni sul perché non è riuscita ad ottenere dalla persona sottoposta a tso il consenso a essere sottoposta a un periodo di cura; se passasse la proposta Procaccini, invece, non vi sarebbe più alcun controllo sulla struttura sanitaria e per di più consegnerebbe gli infelici entrati nel gorgo del tso ai privati, ossia a strutture interessate a mantenere occupati il più possibile i posti letto a loro disposizione.

Dal punto di vista della libertà individuale sono del tutto chiare quali sarebbero le conseguenze, ma non meno pesanti sarebbero quelle relative alla ricerca e all'innovazione sul terreno della sofferenza mentale: le risorse disponibili per la psichiatria andrebbero in gran parte in mano a strutture volte al profitto e quindi interessate al mantenimento della cronicità e all'istituzionalizzazione definitiva dei sofferenti mentali. Comprendendo questo punto diventa più comprensibile l'opposizione svolta a questa legge da parte di una quota consistente degli psichiatri italiani, interessati sì a recuperare il ruolo di controllori assoluti della psichiatria, ma totalmente contrari ad assumere il ruolo di custodi della cronicità, dal momento che la destinazione della spesa verso i contenitori assistenziali depontezierebbe totalmente le possibilità della ricerca per innovazione e annullerebbe i finanziamenti ai dipartimenti di salute mentale.

La logica della supremazia del privato e, quindi, della prevalenza dell'assistenza cronica che informa questa controriforma è anche la base dell'opposizione contro di essa svolta dalle regioni all'interno della conferenza stato-regioni e da settori consistenti della maggioranza facenti parte di AN e dell'UdC, ossia dai settori più tipicamente statalisti della destra al governo.

Dal punto di vista istituzionale la legge Procaccino sottrarrebbe alle regioni un ambito di legiferazione stabilito con la riforma costituzionale dell'Ulivo e confermato dai progetti della destra, dal punto di vista economico non sarebbe altro che l'applicazione del modello che vede i privati costruire i propri profitti sulla capacità di ciucciare parassitariamente risorse al pubblico.

Operatori privati del settore che, tra l'altro gestiscono i servizi più arretrati dell'intero servizio sanitario nazionale; servizi oltretutto in palese contrasto con le indicazioni della stessa Organizzazione mondiale della sanità che raccomanda di privilegiare sistemi territoriali basati sull'intervento personalizzato e non sulla domiciliarità, coatta o autodeterminata che sia. Il modello territorializzato di intervento, dal punto di vista dei parassiti privati, ha un difetto: i costi coperti dal servizio sanitario vanno quasi tutti a coprire gli stipendi di personale specializzato e numeroso, mentre la buona vecchia baldanza necessita di personale meno numeroso, meno costoso e meno interessato all'utenza. In questo modo le rette pagate dalla Regione e dal Comune di competenza andrebbero in buona parte nelle tasche dei proprietari della struttura... se poi l'utente del servizio rompe le palle, che problema c'è: un bel trattamento sedante e via.

Oltretutto questo avviene in un paese come l'Italia dove l'intera struttura psichiatrica delle regioni meridionali è gestita dai privati in strutture di tipo manicomiale e, nel centronord (con le apprezzabili eccezioni del Friuli, dell'Umbria e del Lazio) è in corso un progressivo spostamento delle risorse verso questo tipo di strutture. In questo quadro si deve anche leggere il tentativo in Piemonte da parte di Lega Nord e Forza Italia di sostituire l'attuale assessore alla Sanità D'Ambrosio (AN e non certo un libertario) con un uomo più legato al privato del settore.

La controriforma degli anni Ottanta e Novanta ha riportato gli psichiatri a detenere un potere assoluto nei confronti dei sofferenti psichiatrici e degli operatori del settore, oggi gli stessi psichiatri rischiano di essere superati da un ulteriore controriforma che intende consegnare ai padroncini della sofferenza l'intero intervento su uno dei settori più delicati della Sanità. La loro opposizione si spiega in termini di una lotta di potere che stanno gestendo con l'imprenditoria selvaggia sanitaria.

Anche se oggi non ci si può che augurare che questo ulteriore flagello sia bloccato non ci si può dimenticare che questi signori che si stracciano le vesti davanti alla controriforma della signora Procaccini sono gli stessi che hanno affondato le esperienze più innovative sul terreno della sofferenza psichiatrica e che hanno duramente lavorato per riottenere il ruolo di "signori della sofferenza" temporaneamente strappatogli dalle lotte degli anni Settanta su questo terreno.

Solo un nuovo protagonismo dei sofferenti mentali e delle figure come gli educatori, dotate di potere nullo ma immediatamente vicine alla condizione umana di queste persone, può garantire che anche nella psichiatria si riapra una stagione di miglioramento delle condizioni personali e di rifiuto di ospedalizzazioni e istituzionalizzazioni di coloro che, per comodità, sono definiti matti.

Flora Purim

 

 

 


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