Da "Umanità Nova" 
        n. 25 del 6 luglio 2003  
        L'arca di governo fa acqua 
        Le diverse anime della destra in rotta di collisione
        
         
        Nelle passate settimane abbiamo assistito alla più grave, almeno 
        a seguire i media, crisi dei rapporti interni alla destra parlamentare.
        La Lega nord, dismesso, provvisoriamente, il doppiopetto ha reindossato 
        la camicia verde e si è esibita in un attacco di una brutalità 
        notevolissima nei confronti del Ministro degli Interni accusato di mollezza 
        nella gestione del problema dell'immigrazione, degli alleati "moderati", 
        di santa romana chiesa colpevole di "tutelare" gli immigrati stessi.
        La crisi sembra rientrata ma qualche strascico lo ha lasciato e ha, 
        comunque, a che fare con la qualità del ceto politico della destra, 
        per un verso, e, soprattutto, con la tenuta del blocco sociale che sostiene 
        il governo.
        Ritengo che se ne possa dare una lettura a diversi livelli che si intrecciano 
        fra di loro ma che comunque richiedono una lettura differenziata:
        
        Che se ne dica male purché se ne parli
        Come è sin troppo noto la Lega Nord si è risolta all'alleanza 
        col Polo spinta dalla nobilissima esigenza di sopravvivere perlomeno come 
        ceto politico a fronte di una caduta in discesa libera dal punto di vista 
        del consenso elettorale e di una riduzione della sua presenza alle aree, 
        diciamo così, fisiologicamente leghiste. Si tratta, perché 
        negarlo, di una precondizione favorevole alle alleanze politiche, il crudo 
        interesse di bottega.
        È altrettanto evidente che, per quanto si possano stimare i leghisti 
        dei semideficienti, l'alleanza col mafioso di Arcore e con Totò 
        Cuffaro qualche problemino di credibilità e di identità 
        lo pone. La Lega, in buona sostanza, si trova intrappolata nello schema 
        destra - sinistra, quello schema che aveva disperatamente cercato per 
        anni di evitare presentandosi come alternativa a Roma Polo ed a Roma Ulivo.
        E, dentro questo schema, la Lega ha un'esigenza disperata di visibilità, 
        deve porre all'ordine del giorno i temi che la caratterizzano: la lotta 
        all'immigrazione, la devoluzione, la riduzione della pressione fiscale 
        ecc...
        È assolutamente evidente che di ridurre veramente le tasse non 
        se ne parla nemmeno, che la riforma federalista dello stato procede a 
        rilento, che l'alleanza organica con l'universo della destra post democristiana 
        e post fascista rimanda al quarto millennio la realizzazione del programma 
        leghista originario.
        Resta il tema dell'emigrazione, un tema "caldo" che il governo pretende 
        di aver "risolto" per l'essenziale e che la lega riprende dando voce agli 
        umori più animaleschi, non me ne vogliano i compagni di sensibilità 
        animalista, della destra sociale proponendo omicidi di massa ecc... Ancora 
        una volta vale, come scialuppa di salvataggio, per la lega il comune convincimento 
        che i suoi esponenti parlano per dar aria ai denti e che, se pensano, 
        non pensano quello che dicono.
        Il ministro degli interni ha avuto l'occasione per esibirsi nel ruolo 
        di uomo dai saldi principi liberali e cristiani, altrettanto hanno fatto 
        i settori moderati della maggioranza, l'onorevole Berlusconi è 
        sceso in campo e ha portato la pace nella maggioranza o, almeno ha affermato 
        di averlo fatto e tutti i salmi sono finiti in gloria.
        Per quanto ci riguarda, a parte la sensazione di schifo, ci si potrebbe 
        limitare a trovare l'ennesima conferma del carattere farsesco della politica 
        parlamentare.
        
        Un regolamento di conti solo differito
        In realtà, la destra vive tensioni reali al suo interno dal punto 
        di vista delle relazioni fra i segmenti del ceto politico che lo compongono. 
        Con l'eccezione dei democristiani d'hoc dell'UDC le ultime elezioni sono 
        state decisamente deludenti per tutti i fratelli minori di Forza Italia. 
        AN è stata punita in Lazio ed a Brescia, la Lega in Friuli. Se 
        la Lega porta una diretta responsabilità nella disfatta visto che 
        ha imposto una candidata debole quando la destra aveva tutte le carte 
        per vincere, AN ha tutte le ragioni per chiedere di cambiare rotta. 
        La destra populista e meridionale, infatti, è stata penalizzata 
        sia dalla polemica antiromana della Lega che, soprattutto, dalla politica 
        economica del governo che ha penalizzato, certo, i ceti popolari nel complesso 
        ma, in particolare, il tessuto clientelare della destra. È un mistero 
        di pulcinella che il welfare berlusconiano che dovrebbe essere realizzato 
        con opere pubbliche faraoniche non ha i fondi per partire con l'effetto 
        che si va diffondendo un clima di delusione che i discorsi del conducator 
        stentano sempre di più a contrastare.
        Alzando il polverone sull'immigrazione la Lega ha, in altri termini, 
        anticipato gli avversari interni alla destra, imposto un terreno di confronto 
        che avrebbe messo in imbarazzo in particolare AN, divisa fra l'esigenza 
        di presentarsi come un partito responsabile e gli umori non proprio liberali 
        della sua base, posto le condizioni per presentare il maggior attivismo 
        del governo sul tema immigrazione come il prodotto della sua iniziativa.
        La graziosa immagine "un pugno nel palazzo, i piedi nel popolo" è 
        la traduzione bossiana del "partito di lotta e di governo" di piccista 
        memoria.
        D'altro canto, il Polo può pagare un certo prezzo alla Lega, 
        della quale ha bisogno perché i, pochi, voti dell'UDC non divengano 
        determinanti, ma non ne può sopportare oltre un certo limite le 
        mattane pena un discredito crescente sia a livello nazionale che internazionale. 
        In particolare AN sta preparando il suo regolamento di conti e, non ci 
        vuole molto, in maniera più seria.
        
        Un blocco sociale segmentato
        Quello che mostra di tenere male sul medio periodo è proprio 
        il composito blocco sociale che sostiene la destra. Obiettivamente la 
        principale difficoltà per la sua tenuta non è la mediocrità, 
        evidente, del suo ceto politico di riferimento ma il ciclo economico a 
        livello internazionale.
        L'onorevole Berlusconi, infatti, ha certo molte colpe ma di questa deriva 
        non è certo responsabile. 
        Per di più, in una fase di stagnazione economica il rachitico 
        capitalismo italiano tutto può permettersi tranne un energica cura 
        liberista. La prima misura liberista, infatti, dovrebbe consistere in 
        un secco taglio delle tasse accompagnato da un ancor più secco 
        taglio dei servizi sociali tali da porre le condizioni di un rilancio 
        dell'accumulazione. Ora, è sin troppo evidente che il "popolo delle 
        partite IVA" le tasse le combatte tradizionalmente con l'evasione e che 
        una riduzione seria della pressione fiscale avvantaggerebbe in Italia 
        soprattutto il lavoro dipendente. In altri termini, si tratterebbe di 
        misure magari gradite ma economicamente insostenibili.
        Il liberismo all'italiana si deve, di conseguenza, concentrare sulla 
        seconda parte del tipico programma liberista: il taglio della spesa sociale 
        (pensioni, servizi ecc.) e la distruzione delle garanzie residue del lavoro 
        dipendente.
        Ogni intervento su questo terreno non può, e ne abbiamo avuto 
        la prova, che crescere lo scontro sociale con il coinvolgimento nelle 
        lotte anche di robusti settori dell'elettorato della destra.
        Sullo stesso tema dell'immigrazione lo scontro fra "moderati" ed "estremisti" 
        della destra corrisponde a quello fra settori populisti che pongono al 
        centro la richiesta di legge ed ordine e settori padronali che hanno bisogno 
        di forza lavoro fresca.
        Si tratta di una situazione non facile per il governo, di una situazione 
        che vede accrescersi la divaricazioni fra aree ricche del paese (il mitico 
        nord est, in primo luogo) ed aree di crisi (il sud ma non solo). E nello 
        stesso nord est il padronato gli immigrati li vuole, certo alle sue condizioni, 
        ma li vuole.
        Il paradosso della destra consiste proprio nel fatto che l'essere risuscita 
        a mettere assieme un arco di segmenti sociali composito, dai padroncini 
        del nord est alle clientele del sud blocca le scelte e fa sì che 
        ogni decisione sia sgradita ad un segmento della sua base sociale.
        Nei prossimi mesi queste contraddizioni rischiano di diventare ancora 
        più ingestibili, sta anche a noi la capacità di cogliere 
        le possibilità che apriranno e di impedire che siano utilizzate 
        dalla sinistra parlamentare come occasione per indurre il padronato a 
        cambiare di spalla al fucile perché la sinistra faccia quello che 
        la destra non riesce a fare.
        Cosimo Scarinzi
        
         
        
       
         
        
      
       
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