![]() Da "Umanità Nova" n. 26 del 13 luglio 2003 Black out della ragione Il provvedimento di urgenza, firmato dai ministri Marzano e Matteoli, consente una deroga, per un tempo per ora limitato, alla legge Merli sugli scarichi. Secondo le fonti governative il provvedimento consentirà un risparmio di circa 2000 megawatt, che dovrebbe contribuire a superare l'emergenza elettrica di questi giorni. In pratica, quello che succede oggi nelle industrie è che l'acqua di raffreddamento delle centrali, che si scalda passando all'interno del ciclo produttivo dell'energia, viene poi immessa nell'ambiente a una temperatura più bassa, tale da non danneggiare gli ecosistemi, dopo un processo di raffreddamento che necessita a sua volta di energia. Il decreto varato dal consiglio dei ministri fissa una temperatura più alta rispetto a quanto accade ora (+ 2 gradi). È facile comprendere che il governo ha voluto favorire le aziende che potranno ridurre i loro costi, con conseguenze devastanti per l'ambiente: distruzione della fauna ittica dei fiumi italiani e un sicuro incremento delle mucillagini nei mari, con grossi disagi immediati per il comparto turistico e, nel lungo periodo, disastri ecologici irreversibili. D'altra parte è evidente che la politica del black out è funzionale, in Italia come nel resto del mondo, ad un sistema che ha fatto dell'energia un settore chiave dal quale ottenere profitti. Ancora una volta è stato il governo di centro sinistra a spianare la strada agli sfaceli della banda Berlusconi; è stato infatti il ministro diessino Bersani ad emanare il decreto che apriva la strada alla liberalizzazione del mercato dell'energia. Gli effetti cominciamo a vederli chiaramente: è stata presentata una valanga di progetti di nuove centrali (400 progetti di cui 200 in avanzato stato di progettazione, pari ad un potenziale superiore a quello attuale); viviamo una situazione allucinante che vede molti produttori di energia tenere fermi i loro impianti perché comunque così ricevono un indennizzo per la "disponibilità di potenza" garantita; la rete di distribuzione è un colabrodo perché dopo la liberalizzazione gli investimenti su manutenzione e miglioramento sono stati drasticamente ridotti. Ma l'effetto della liberalizzazione è soprattutto quello di aver posto il settore energetico nella mani di pochi gruppi (ENEL, Edison-FIAT, Endesa, Acea-Electrobel, AEM) che stanno facendo il bello e il cattivo tempo. Questo oligopolio vive anche grosse contraddizioni e la politica terroristica del "buio" sembra funzionale ha superare le difficoltà interne al sistema. In realtà la potenza elettrica è già oggi sovrabbondante, Un parco centrali di quasi 77 mila megawatt e altri nuovi impianti per 12 mila la cui costruzione è stata già autorizzata. Questi sono i numeri ufficiali sulla capacità elettrica nazionale, presente e futura. Ma una quota importante è sottoutilizzata se non addirittura inutilizzata. Si leggono così notizie assurde come quella che vede l'ENEL impegnata a garantire 1.200 megawatt in 12 mesi. È quanto prevede il piano di riattivazione degli impianti di Enel "a sostegno delle misure concordate contro i disservizi elettrici degli ultimi giorni" al fine di costituire una "potenza di riserva da attivare nei momenti di emergenza (indicativamente 100 ore l'anno) che sia valida dal punto di vista operativo ed economico". In particolare gli impianti da riattivare sarebbero quelli di Campomarino (Cb), Maddaloni (Ce), Carpi (Mo), Camerata Picena (An), i cui tempi variano tra 3 e 7 mesi. Larino (Cb) (9-11 mesi). Giugliano (Napoli), Montalto (Viterbo) e Alessandria per i quali occorreranno circa 12 mesi. La ricetta dunque è sempre la stessa: nuove centrali. Le conseguenze sono quelle di un sistema elettrico che preso nella morsa del profitto a tutti i costi sembra sprofondare in un baratro che vede i grandi gruppi attendere quella "svolta" operata dall'amico governo di centro destra: nuove tariffe remunerative per i produttori. In questo triste panorama non c'è da meravigliarsi che non esista neppure un progetto teorico di risparmio energetico che pure potrebbe evitare di costruire nuove centrali e potrebbe rendere meno inquinanti quelle esistenti. Secondo uno studio pubblicato nel 1999 dall'ANPA, agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, utilizzando le apparecchiature più efficienti presenti sul mercato si potrebbe risparmiare il 46% dei consumi elettrici. Quindi un piano di risparmio energetico realistico porterebbe ad una diminuzione dei consumi nel giro di pochi anni... Ma evidentemente questo cozzerebbe con i progetti delle lobby energetiche per le quali gli sprechi sono una manna! Insomma, di fronte al caldo da effetto serra e ai black out pilotati occorre pensare ad una politica energetica fondata sul risparmio energetico e le energie alternative rinnovabili e a basso o nullo impatto ambientale. E invece, incredibilmente, dalla melma della politica e degli affari rispuntano carbone e addirittura il nucleare... M.Z.
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