Da "Umanità Nova"
n. 26 del 13 luglio 2003
I ricchi immaginari
I conti truccati della Banca Mondiale
Nelle cifre intese a dimostrare che le popolazioni povere stanno uscendo
dalla povertà i conti non tornano
L'economia globale sta funzionando bene. Sarà anche vero che
i ricchi si stanno appropriando di una porzione sempre maggiore della
ricchezza del mondo, sarà anche vero che l'ecosistema si sta schiantando,
ma, così almeno crediamo, i poveri stanno uscendo dalla povertà.
Questo è ciò che ci viene presentato come il test definitivo
del grande esperimento neoliberista: se mentre le risorse del mondo vengono
privatizzate e le corporazioni deregolate stiamo comunque vincendo la
guerra contro la povertà, allora significa che le ineguaglianze
e distruzioni che accompagnano il processo possono essere spiegate come
poco più che danni collaterali.
Esiste un solo insieme di dati che fornisca una visione globale che
mostri se i redditi dei poveri siano in ascesa o in discesa, e viene citato
ovunque. Questi dati farebbero pensare che ci sia in atto un trend lento
ma significativo: tra il 1990 e il 1999 la percentuale delle persone che
vivono in povertà assoluta è scesa dal 29 al 23 percento.
Per quanto brutte siano alcune delle sue caratteristiche, il modello economico
esistente sta aiutando i poveri.
Le cifre sono quelle elaborate dalla Banca Mondiale 1. La Banca Mondiale
sostiene di sapere, con un'approssimazione di più o meno 10.000,
quante persone vivano al di sotto di quella che la comunità internazionale
definisce la soglia di povertà. La reazione di coloro che criticano
il modo in cui funziona l'economia globale è di accettare i calcoli
della Banca Mondiale, ma di ribattere che ci sono metodi più equi
e meno distruttivi per ottenere gli stessi risultati. Ma il punto è
che queste cifre sono prive di fondamento.
Un nuovo articolo dell'economista Sanjay Reddy e del filosofo Thomas
Pogge dimostra che la metodologia impiegata dalla Banca Mondiale è
talmente difettosa che i suoi calcoli non possono in alcun modo essere
corretti 2. Non solo questi sembrano sottovalutare grossolanamente il
livello di povertà globale, ma il trend in discesa che vorrebbero
dimostrare sembra essere un artefatto del modo in cui le cifre sono state
elaborate. I dati della Banca Mondiale, con i quali si misura il successo
o il fallimento dell'intera economia globale, non servono a nulla.
Partiamo da qui: la maggior parte della popolazione mondiale non usa
dollari americani per acquistare ciò di cui ha bisogno, e l'equivalente
di un dollaro in moneta locale in una parte del mondo può comprare
più dell'equivalente di un dollaro in un altro posto. Quindi per
cercare di stabilire quante persone vivono con meno dell'equivalente di
$1,08 al giorno (considerata la soglia di povertà assoluta), la
Banca Mondiale utilizza un metodo detto "parità di potere d'acquisto",
che misura la quantità di beni o servizi che si possono comprare
in diversi paesi in cambio dell'equivalente di un dollaro.
L'articolo sostiene che i calcoli della Banca sono viziati da varie
carenze fatali. La più ovvia di queste è il fatto che la
sua stima del potere d'acquisto dei poveri è basato su una misura
della capacità di comprare qualsiasi merce o servizio disponibile
in una certa economia: non solo cibo, acqua e un riparo, ma anche biglietti
aerei, pedicure e personal trainer. Il problema è che mentre i
prodotti essenziali sono spesso più cari nei paesi più poveri
che in quelli ricchi, i servizi costano meno perché i salari delle
persone che li forniscono sono più bassi.
Se, per esempio, un dollaro negli Stati Uniti compra o la stessa quantità
di alimenti base che 30 rupie comprano in India, o l'equivalente di tre
rupie di servizi (quali quelli offerti da un'impresa di pulizie, un autista
o un parrucchiere), allora un calcolo della parità del potere d'acquisto
basato sulla media di questi dati fa pensare che una persona in possesso
di 10 rupie in India abbia lo stesso potere d'acquisto di una persona
in possesso di un dollaro in America. Ma i poveri non comprano i servizi
di addetti alle pulizie, autisti o parrucchieri. Una cifra media di tutte
le merci e i servizi che una certa economia offre, piuttosto che di quelli
acquistati dai poveri, fa sembrare le persone al fondo della scala sociale
tre volte più ricche di quanto non siano 3.
La Banca otterrebbe una visione di gran lunga più accurata del
potere d'acquisto dei poveri se misurasse solo i prezzi di ciò
che essi comprano davvero, piuttosto che includere i prezzi di ciò
che comprano i più ricchi nelle stesse economie. Non esistono ancora
dati completi, ma i calcoli iniziali di Reddy e Pogge, basati sul costo
di pane e cereali, indica che l'analisi della Banca potrebbe aver sottovalutato
il numero di persone nel mondo che vivono in povertà assoluta di
qualcosa come il 30-40%.
Man mano che il settore dei servizi si espande nelle nazioni povere,
i dati della Banca creeranno l'impressione che il potere d'acquisto dei
poveri stia crescendo, a prescindere dal fatto che la loro situazione
economica sia cambiata o no. Lo stesso falso trend viene stabilito da
uno spostamento in direzione del settore dei servizi nelle nazioni ricche,
poiché allora un dollaro comprerà un proporzione minore
del totale di merci e servizi disponibili. Il potere d'acquisto relativo
di un dollaro degli abitanti di nazioni povere aumenta nella stessa
proporzione, anche se in termini assoluti il costo della vita per loro
rimane immutato. In altre parole, un boom del mercato immobiliare a New
York fa sembrare più ricchi gli abitanti delle baracche di Lusaka.
Questi artefatti statistici creano un trend in discesa inesistente nelle
cifre sulla povertà. La Banca lo ha esacerbato ri-tarando la soglia
di povertà in modo che rifletta la struttura dei consumi globali
totali. In questo modo, man mano che l'economia mondiale migra verso il
settore dei servizi, i poveri sembrano aver bisogno di meno denaro di
quanto ne sarebbe altrimenti necessario per mantenere il loro standard
di vita.
E, in modo ancora più grave, i dati che sembrano essere così
precisi da indicare con un'approssimazione di più o meno 10.000
quanti dei 6 miliardi di abitanti del pianeta patiscano povertà
assoluta sono in realtà basati su una miscela di congetture e estrapolazioni
selvagge. Il primo dei due sondaggi principali della Banca misurò
il livello dei prezzi soltanto in 63 paesi. Stranamente, la Cina non era
tra questi, e né la Cina né l'India compaiono nel secondo
sondaggio (sulla base del quale è stato stabilito il trend di cui
sopra). Un insieme di dati sulla povertà globale, presentati come
altamente accurati, che non contiene traccia di cifre comparative utili
sulle due nazioni con il maggior numero di abitanti del pianeta, può
senz'altro essere definito fantasioso.
Le statistiche della Banca, inoltre, non riflettono i cambiamenti in
fatto di disparità di reddito. Se il consumo totale in una nazione
aumenta solo perché i ricchi sono diventati più ricchi,
questo non sarà evidente dalle cifre prodotte dalla Banca, che
invece faranno credere che tutti gli abitanti di quella nazione siano
più prosperi. Eppure sappiamo che in molti paesi, soprattutto quelli
in cui privatizzazione, deregulation e riduzione della spesa sociale introdotte
dal modello neoliberale sono state di più ampia portata, i ricchi
stanno diventando più ricchi a spese dei poveri.
Che le statistiche chiave dell'economia globale siano state per così
tanto tempo elaborate con metodi che palesemente non servono a nulla è
un'indicazione rivelatrice di quanto poco agli uomini che gestiscono il
mondo interessi l'effetto delle loro politiche economiche. Se non possono
neanche prendersi la briga di produrre dati significativi sulla povertà
globale, non abbiamo motivo di credergli quando dicono di volerla affrontare.
Attualmente lo sviluppo nel mondo sta procedendo senza strumenti affidabili
per decidere se il risultato è che i poveri stanno diventando ancora
più poveri o no.
George Monbiot 6 Maggio 2003 in ZNet
Documento originale Rich in Imagination
Traduzione di Donatella
Velluti
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