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Da "Umanità Nova" n. 27 del 7 settembre 2003

Invasione clericale. Scuola:
insegnanti di religione immessi in ruolo


Lo scorso 15 luglio è stato varato il Decreto che immette gli insegnanti di religione cattolica nei ruoli del personale delle scuole statali. Mentre sugli organici della scuola si abbattono tagli sempre più devastanti, mentre viene bloccato il turn over e l'assunzione di precari, si procede ad assumere migliaia di insegnanti di religione per istituzionalizzare ancora più radicalmente la matrice confessionale della scuola italiana. Il decreto prevede infatti (art.2) che vengano ricoperti con posti in ruolo il 70% dei posti di insegnamento di religione cattolica funzionanti in ogni diocesi. Si tratta della stessa percentuale dei posti ricoperti da personale di ruolo per le varie materie di insegnamento, con la differenza che la religione cattolica è materia opzionale, non obbligatoria; eppure le recenti disposizioni assicurano una previsione stabile delle necessità organiche e un ordine del giorno votato dal senato in allegato al decreto raccomanda di incrementare l'utilizzo degli insegnanti di religione oltre la percentuale dei posti assicurati in ruolo.

Il reclutamento degli insegnanti di religione previsto dal decreto (art. 3) continua a rappresentare una vergogna unica nel panorama europeo (simile solo alla situazione portoghese risalente al regime di Salazar). Requisito indispensabile è l'idoneità riconosciuta dall'autorità ecclesiastica, nella persona dell'ordinario diocesano. L'idoneità, come previsto nel concordato, si fonda sui tre requisiti: retta dottrina, stile di vita conforme ai valori religiosi, abilità pedagogiche; queste le qualità che, accertate dal clero, consentono l'ingresso nelle spese fisse dei libri paga dello stato. E siccome pareva brutto rispetto a tutto il resto del personale della scuola che i docenti di religione entrassero per semplice nomina clericale, è stato introdotto il concorso (art. 5), anche perché bisognava pur mettere in fila gli idonei e scorrere una graduatoria, per arrivare ad individuare il famoso 70 %, delle immissioni, che in prima battuta corrisponderà a qualcosa come 15.000 posti. Ed ecco il concorso, così come lo prevede l'articolo 5. Può parteciparvi solo chi è in possesso dell'idoneità di cui sopra; il programma d'esame sarà volto "unicamente all'accertamento della conoscenza dell'ordinamento scolastico, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi agli ordini e ai gradi di scuola e degli elementi essenziali della legislazione scolastica" , vale a dire unicamente su quello che costituisce l'appendice dei consueti programmi di esame concorsuali delle varie discipline. È escluso l'accertamento dei contenuti richiesto in tutti i concorsi, in quanto già disposto dall'ordinario diocesano che rilascia l'idoneità all'insegnamento della religione cattolica. La commissione è costituita da docenti di religione, cioè da persone che hanno seguito lo stesso canale di reclutamento clericale. I risultati del concorso e i nominativi vengono poi inviati all'ordinario diocesano. Si procede quindi all'assunzione, che viene disposta dal dirigente Scolastico Regionale d'intesa con l'ordinario diocesano competente per territorio. Ed ecco pronti gli insegnanti di religione cattolica statali nominati dal clero diocesi per diocesi, perché le gerarchie ecclesiastiche si riservano persino di imporre la propria suddivisione territoriale, snobbando quella ordinariamente adottata per gli organici della scuola, provinciale, regionale nazionale. Semplice arroganza oppure volontà di rendere più incisiva la presenza nella scuola del personale prescelto, rendendo sempre più speculare scuola e parrocchia, oppure, ancora, manovra per sottrarsi alle annuali operazioni di taglio degli organici e individuazione di esuberi, che vengono fatte su parametri provinciali, regionali, nazionali?

Il costo dell'operazione è previsto dal decreto (art. 6) nella seguente misura: 261.840 euro per l'attuazione dei concorsi nel 2003; 7.418.903 euro per le assunzioni del 2003; 19.289.150 euro per le immissioni del 2004. La copertura economica è assicurata andando a sottrarre i quattrini già stanziati nel bilancio 2003-05 nel fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, utilizzando - manco a dirlo - l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, università e ricerca. Si vanno a rubare quindi le già esigue risorse della scuola per pagare insegnanti di religione nominati dalla chiesa cattolica, senza che nemmeno ci sia stato il garbo di dire, che so: abbassiamo l'8/000! Per quegli insegnanti di religione a cui le gerarchie ecclesiastiche revocassero l'idoneità (magari perché divorziano o quant'altro) è prevista la risoluzione del rapporto di lavoro, ma anche la possibilità di una diversa utilizzazione tramite mobilità (art. 4). Sarà possibile dunque, come paventano molti precari, che un insegnante di religione si stufi, adocchi una cattedra di suo gradimento, annunci al mondo che ha rapporti prematrimoniali con la fidanzata, venga ritenuto inidoneo ad insegnare la religione cattolica e spostato su altro insegnamento, lasciando a bocca asciutta chi aspirava a quel posto. Il problema sembra apparentemente poco nobile, più simile alla contesa di un osso che a una questione politica. In realtà la mobilità diventa un nodo importante su cui poter puntare anche per iniziative di contrasto. È evidente infatti che l'ingresso in ruolo degli insegnanti di religione rappresenta di per sé una vergogna, ma il possibile transito sugli altri insegnamenti, affiancato al blocco assoluto delle assunzioni su tutte le materie (come si è verificato quest'anno), prefigura un non trascurabile ricambio del corpo docente della scuola con personale proveniente dall'insegnamento cattolico, con una conseguente accentuazione del carattere clerical-confessionale della scuola pubblica italiana. Se a questo affianchiamo anche un'altra questione, legata alla possibilità di assunzione privilegiata nella pubblica amministrazione (e quindi anche nella scuola) per coloro che abbiano fatto il servizio militare volontario, la possibile composizione della futura categoria docente della scuola pubblica è assai preoccupante. È importante perciò che la campagna contro l'insegnamento della religione cattolica sia ripresa affiancando all'irrinunciabile terreno ideologico anticlericale anche quello rivendicativo sindacale. Potrebbe essere una modalità adeguata a rinverdire ed arricchire una campagna e ad estendere i settori disponibili a sostenerla. Le numerose disparità di trattamento con il resto del personale docente che hanno costituito il privilegio saranno le medesime che apriranno numerose contraddizioni. Potrà essere un'occasione importante per rivitalizzare il nostro intervento.

Patrizia Nesti

 

 



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