Da "Umanità Nova" n. 28 del 14 settembre 2003 Carità capitalista. WTO: accordo-truffa sui medicinali ai paesi poveri Come sicuramente i lettori di "Umanità Nova" sanno, da anni è in atto uno scontro fra l'industria farmaceutica e numerosi paesi poveri afflitti da una serie drammatica di malattie infettive e virali endemiche. Stimolate dall'azione di Nelson Mandela, a cui va riconosciuta una forte sensibilità rispetto ai problemi della sua gente (i decenni trascorsi in galera devono essere stati davvero una buona scuola, anche se tremenda), le amministrazioni sanitarie di decine di paesi africani, asiatici e sudamericani, appoggiate da associazioni non governative quali Oxfam, Lila e Medici senza frontiere, si sono battute energicamente per cercare di convincere le grandi società farmaceutiche a rinunciare a parte dei diritti sui brevetti, e quindi permettere la produzione a bassi costi, accessibili per quelle economie disastrate, dei farmaci indispensabili a curare malattie quali il colera, la tubercolosi, la malaria, la dissenteria, l'Hiv, ecc. ecc. Come sicuramente i lettori di "Umanità Nova" sanno, fino a pochi giorni orsono la chiusura delle multinazionali di fronte a queste elementari richieste era assoluta, senza crepe. La sola prospettiva di perdere un niente per cento dei loro plurimiliardari profitti annui era capace di far gelare il sangue nelle vene ai sensibili manager del farmaco, e quindi le risposte a queste elementari richieste erano soltanto negative. Anche a costo, come in parte è successo, di perdere un po' di faccia rispetto a un'opinione pubblica occidentale buonista e facile alla commozione. Di fronte all'insistenza, però, con la quale i paesi poveri hanno continuato a chiedere la possibilità di curarsi, e per evitare un ritorno di immagine troppo negativo e forse penalizzante economicamente (non sia mai!), queste multinazionali hanno finalmente ritenuto di dover cedere su qualcosa, fingendo, come al solito, di accondiscendere pienamente alle richieste avanzate. All'ultima riunione dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) tenutasi a Ginevra a fine agosto, è stato, infatti, firmato un accordo, da alcuni enfaticamente definito epocale, in base al quale i colossi dell'industria farmaceutica acconsentiranno alla produzione in paesi terzi di farmaci generici [1] a bassissimo costo, da esportare nei paesi poveri incapaci di produrre in proprio. Una vittoria piena, dunque, proprio quanto da tempo si chiedeva. Apparentemente, però. Gli accordi faticosamente raggiunti a Ginevra, infatti, vogliono dire ben altre cose. E per niente piacevoli. Come sicuramente i lettori di "Umanità Nova" possono immaginare, ancora una volta, alla base di questi accordi commerciali non sono valse altre regole che quelle del profitto, mentre quelle umanitarie, tanto per cambiare, sono state tenute di riserva per tempi migliori. Preoccupate infatti, come già si accennava in precedenza, di perdere un niente per cento dei loro profitti, le multinazionali hanno ingabbiato questi accordi, apparentemente conformi alle aspettative, dentro una serie di regole e codicilli che ne renderanno ben difficile l'effettiva attuazione. O perlomeno quella auspicata. L'effettiva possibilità, infatti, di produrre appositamente farmaci generici per un paese povero richiedente diventa farraginosa e complessa, di difficile attuazione perché soggetta a previsioni di mercato, pardon!, di utilizzo aleatorio e sottoposta comunque a un controllo delle multinazionali statunitensi soffocante e repressivo. Queste, infatti, nel terrificante timore che possa crearsi un "mercato nero" del farmaco generico anche nel mondo sviluppato (ipotesi assolutamente improbabile se non addirittura impossibile, a detta non solo di tutti gli esperti "neutri" ma anche del buon senso) e che quindi i loro profitti calino di quel famoso niente per cento, hanno pesantemente ricattato i paesi poveri bisognosi di medicinali, imponendo loro un sistema che li riduce in completa balia degli interessi d'oltreoceano. Come asserisce la portavoce di Medici senza frontiere, Ellen `tHoen, "l'accordo ha moltiplicato gli ostacoli legali, economici e politici alla produzione e all'esportazione di farmaci generici per il futuro. Le nuove richieste sulle quali gli Stati Uniti hanno tanto insistito aggiungono uno stato di incertezza che lascia i paesi in via di sviluppo vulnerabili a tutte le pressioni perché l'accordo non sia utilizzato"; e aggiunge Céline Charveriat di Oxfam: "I paesi in via di sviluppo avranno poche alternative ai prezzi astronomici e al lungo monopolio dei medicinali di marca delle compagnie farmaceutiche". Parole ben differenti da quelle quasi entusiastiche usate dai funzionari europei, benevolmente "costretti", come i loro colleghi dei paesi poveri costantemente sotto ricatto, a ingoiare questo rospo ricoperto di cioccolata. Come al solito, una sporca operazione di facciata, che renderà ancora più drammatiche le condizioni di vita di una fetta considerevole di abitanti del pianeta, viene fatta passare come il risultato dell'affermarsi di una coscienza diversa, "compassionevole" come la definirebbe Bush, del grande capitale, finalizzata a creare un nuovo sistema di regole, sociali, economiche e politiche, tali da curare le grandi malattie dell'umanità. E come al solito il sistema dell'informazione, quasi al completo, si è precipitato a presentare questa ennesima truffa come un lungimirante passo in avanti sulla strada del progresso. Come al solito, ladri, truffatori, criminali e speculatori si sono presi per mano nell'ennesimo girotondo, nell'ennesima presa per i fondelli di chi ancora crede che il "progresso" possa stare davvero nelle mani di simili canaglie. Massimo Ortalli]
[1] La definizione ufficiale di farmaco generico è quella di "medicinale, a base di uno o più principi attivi, prodotto industrialmente, non protetto da brevetto o da certificato di protezione complementare, identificato dalla denominazione comune internazionale (DCI) del principio attivo o dalla denominazione scientifica del medicinale". In parole povere, per farmaco generico si intende un farmaco fotocopia del più costoso farmaco "di marca" di cui è scaduto il brevetto, assolutamente identico nella composizione e negli effetti terapeutici. Su tale farmaco, non gravando le spese di ricerca, registrazione e, in parte, di commercializzazione, è possibile applicare un prezzo di vendita nettamente inferiore. Prima che qualcuno cominci a compiangere le povere multinazionali che si vedono sottrarre una parte infinitesimale dei loro profitti, va notato che 1) parte delle ditte produttrici di generici sono dirette o indirette emanazioni delle multinazionali; 2) spesso le multinazionali abbassano considerevolmente i prezzi dei farmaci di marca per renderli competitivi nei confronti dei generici (ad es. Aulin, da 13 euro a 4,90; Tiklid da 18 euro a 5,15) e ci guadagnano lo stesso; 3) quando scade il brevetto di un farmaco, questo ha già avuto tutto il tempo (circa 20 anni in Italia) di fruttare lautamente al produttore.
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