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Da "Umanità Nova" n. 28 del 14 settembre 2003

Grandi manovre
L'Italia in guerra dall'Iraq all'Afganistan


In Afganistan, a due anni dalla caduta del regime dei Taliban e dell'occupazione militare internazionale sotto guida Usa, si vanno allargando sia i mai sopiti conflitti tra i "signori della guerra" per il controllo territoriale che la guerriglia contro il governo Karzai e i contingenti militari stranieri che lo proteggono.

Durante l'estate è iniziata un'offensiva senza precedenti dei mujaheddin, in varie zone del paese, che ha causato la morte di centinaia di soldati e poliziotti governativi, l'uccisione di civili afgani accusati di collaborazionismo e anche la morte di soldati americani; ultimi in ordine di tempo 3 militari Usa caduti nel corso di combattimenti alla fine di agosto.

Da parte americana sono invece ripresi i bombardamenti e le azioni di controguerriglia che vantano l'uccisione di centinaia di "taliban".

In tale contesto, l'aspra terra afgana si è fatta davvero scottante anche per il contingente italiano Italfor-Kabul formata da 2.063 militari, dei quali circa 450 inseriti nell'ISAF (International Security Assistance Force) e circa 1600 (paracadutisti della Folgore, incursori della Marina e del Col Moschin) della task force Nibbio, sotto comando Usa e di base a Khost, nell'ambito di Enduring Freedom.

Innumerevoli gli "avvertimenti": il 20 luglio una mina deflagra al passaggio di una pattuglia di parà ferendone quattro; il 3 agosto un'altra mina composta da due bombe di mortaio esplode ad una cinquantina di metri da un'autopattuglia dei parà; il 26 agosto i paracadutisti di guardia alla base sono coinvolti in un conflitto a fuoco tra guerriglieri e soldati governativi.

Lo stesso Berlusconi a Rimini in agosto aveva reso nota la richiesta di altri 1000 militari in Afganistan rivolta dal governo Usa all'Italia ma, sia il calcolo dei rischi e ai costi per il bilancio connessi alla politica interventista sia il permanente impegno militare italiano nei Balcani con 6.861 militari e in Iraq con circa 3.000, hanno portato alla decisione di ritirare le truppe italiane dall'Afganistan allo scadere del loro mandato, il 15 settembre; ma non è chiaro se tale "ritirata" riguarda solo la task force Nibbio o anche il distaccamento Italfor di stanza a Kabul, dato che appena alla fine di agosto un centinaio di guastatori del 3deg. Reggimento di Udine sono stati inviati a Kabul per sostituire altri militari rimpatriati.

Comunque il ministro della difesa Martino non ha escluso che prima o poi vi sia la necessità di una nuova missione "perché in Afganistan può succedere di tutto".

Per quanto riguarda invece l'intervento in Iraq, il ministro ha dichiarato che durerà almeno un altro anno e il ministro degli esteri Frattini ha risposto positivamente alla richiesta di altri soldati da parte del segretario di stato Powell.

Attualmente i militari italiani della missione "Antica Babilonia" presenti in Iraq sarebbero circa 2800 - in massima parte bersaglieri - dispiegati a Nassirya nel sud del paese, sotto comando britannico, mentre a Baghdad opera soltanto un reparto di circa 200 carabinieri che presidiano anche l'ambasciata italiana, già bersagliata da una granata di mortaio da 82 mm. lo scorso 3 agosto.

Probabilmente, dopo il ritiro italiano dall'Afganistan, l'impegno militare nazionale è destinato ad aumentare in Iraq - magari sotto l'egida dell'ONU - per venire incontro alle pressanti necessità degli Usa, troppo invisi alle popolazioni e ormai costretti a ridurre il loro costosissimo esercito d'occupazione.

Inoltre i costi umani della loro "vittoria" sono sempre meno accettati dalla propria opinione pubblica, mentre le elezioni presidenziali si avvicinano: ogni giorno, mediamente, in Iraq muoiono due soldati americani e dieci rimangono feriti in conseguenza di azioni di guerriglia, per un totale di circa 300 morti e circa 8.000 feriti rimpatriati.

Un prezzo più alto di ogni previsione che Bush conta di far pagare agli Alleati: in fondo gli amici si vedono nel momento del bisogno.

Uncle Fester

 

 



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