|
Da "Umanità Nova"
n. 29 del 21 settembre 2003 Da Londra a Cancun
Resistenza globale
Sarà
ricordato per il suicidio di Lee Kyng questo quinto round negoziale del
WTO di Cancun, nel Messico della rivolta zapatista e del liberismo
più sfrenato. Anche grazie al tragico gesto del sindacalista
coreano i riflettori si sono accesi sui contadini poveri del sud del
mondo che sono divenuti i protagonisti assoluti delle strade e delle
piazze di Cancun mentre, nelle sale lussuose della "Zona otelera" della
città, il vertice registrava il secondo fallimento in due anni.
Loro, i campesinos dei mille sud di questo pianeta stritolato dalla
follia capitalista, rovinati dalle politiche liberiste ed animati dalla
lucida determinazione progettuale conferita dalla disperazione, hanno
saputo porre al centro della pubblica attenzione questioni quali la
sovranità alimentare, il rifiuto delle sementi transgeniche, la
netta opposizione alla privatizzazione di beni e servizi.
Gli altri, i globalizzatori del nord, hanno scontato la
difficoltà di reclamare la liberalizzazione dei mercati fuori
dai propri confini, pretendendo altresì di imporre il più
rigido dei protezionismi al proprio interno.
La coreografia è stata quella divenuta ormai consueta in queste
occasioni: da un lato l'opulento fortilizio dove si sono confrontati
per quattro giorni i negoziatori dei governi aderenti
all'Organizzazione Mondiale del Commercio, dall'altro il variegato
popolo no-global, convenuto dai quattro angoli del pianeta per tentare
di impedire o, almeno, ostacolare il summit.
In mezzo, a difendere la Zona Rossa dei potenti, grate metalliche e
uomini in armi. Proprio su una di queste grate, nel confine ideale tra
chi ha tutto e chi non ha nulla, tra i potenti ed i senza potere,
appena un passo oltre la barriera abbattuta dalla pressione della marea
umana di manifestanti, Lee si è conficcato un acuminato pugnale
nel petto. Un momento di lucida "follia" per un uomo abituato a vivere
in un mondo sempre più intollerabile, un mondo in cui, nel solo
mese di agosto, nel sud dell'India nel silenzio e nell'indifferenza si
sono uccisi oltre 90 contadini strangolati dai debiti e dalla caduta
verticale dei prezzi delle derrate alimentari.
Era mercoledì 10, il primo giorno dell'assemblea del WTO, ed i
manifestanti, decisi a oltrepassare la barriera di acciaio che li
separava dalla zona dei negoziati, sono partiti in corteo decisi a
sfondare. In testa i contadini, poi tutti gli altri, compresi gli
anarchici del Bloco Negro,
Il Bloco Negro, bersaglio di una violenta campagna di criminalizzazione
da parte dei media, oltre alla partecipazione alle manifestazioni ed
agli incontri di confronto e dibattito ha attraversato le vie della
città, diffondendo la propria stampa e facendo opera di
controinformazione tra la popolazione.
Le barriere sono state abbattute dalla forza dei manifestanti che
premevano, tiravano corde, spingevano improvvisati arieti. Il primo
varco di pochi metri è stato progressivamente allargato per
consentire il passaggio della folla. Sia pure per poco la zona rossa
è stata violata sin dal primo giorno nonostante la polizia non
sia stata a guardare e sia intervenuta caricando e manganellando i
manifestanti.
Il giorno successivo diversi stranieri, che la polizia pretendeva di
aver identificato dai filmati come autori di atti violenti, sono stati
espulsi dal Messico. La folta delegazione coreana è stata
minacciata di espulsione di massa ma la solidarietà degli altri
gruppi ha indotto la polizia a desistere dal proprio intento. Per tutta
la giornata si sono succeduti gli incontri e le azioni dimostrative.
Un centinaio di persone munite di finti pass è riuscito ad
infiltrarsi nella zona del vertice e solo la presenza massiccia di
fotografi e giornalisti ha impedito un'azione di forza da parte della
forze del disordine.
Il sabato, per la manifestazione di chiusura, la partecipazione
è stata probabilmente al di sotto delle aspettative ma ha
ugualmente avuto un forte impatto simbolico. Alla testa del corteo, un
gruppo di donne mascherate ed armate di tronchesi, si sono dirette
verso la recinzione ed hanno cominciato a tagliarla. Anche in
quest'occasione la pressione della folla ha divelto le inferriate
entrando a diretto contatto con la polizia. I coreani hanno agganciato
corde alle recinzioni e hanno cominciato a tirare: con loro gente di
ogni dove, giovani ed anziani, europei ed africani, studenti e
contadini uniti simbolicamente e concretamente in una lotta sempre
più diffusa su scala mondiale.
Lo slogan di Seattle risuona a Cancun "la nostra lotta sarà
globale come il capitale". Ma è presto chiaro che Cancun non
è Seattle. A Seattle il movimento è stato il protagonista
assoluto di una rivolta che mirava a scompaginare i piani del WTO,
mettendone in luce la natura feroce, predatoria ed omicida; a Cancun
l'opposizione si è spostata nel palazzo e il movimento ha
accettato di farsi rappresentare dal gruppo dei 21 paesi che si sono
opposti alle politiche di USA ed UE portando a fallimento il round. Un
passo indietro che è maturato sin dalle kermesse neomondialiste
di Porto Alegre, dove la strategia eversiva del movimento si è
stemperata nella ricerca di compatibilità con l'esistente, nel
perseguimento di un capitalismo dal volto umano, nel rituale
affidamento ad una leadership socialdemocratica.
Mentre tanta parte del movimento ballava per le strade di Cancun
all'annuncio del fallimento dell'incontro del WTO, il negoziatore
statunitense Robert Zoellick annunciava alla stampa che gli USA, non
riusciti i tentativi di far pressione all'interno dell'Organizzazione
Mondiale del Commercio, si sarebbero nuovamente affidati ai negoziati
bilaterali. In altre parole: mancato l'obiettivo di imporre le proprie
regole su scala mondiale, gli USA sistemeranno direttamente i propri
conti con i paesi del sud e con quelli emergenti. Sappiamo poi bene che
dove non bastano le pressioni economiche, possono sempre arrivare i
"cavalier di Montezuma" ed i bombardieri.
Intendiamoci. Non verseremo certo lacrime sul cadavere di
un'istituzione sinonimo di fame e sangue per troppi di coloro che
abitano un pianeta logorato dal capitalismo, ma crediamo che la forza
dei movimenti, il loro patrimonio più prezioso, sia nella
capacità di progettualità autonoma, relazione
orizzontale, spirito libertario che, pur tra mille contraddizioni,
è emersa in questi anni. Questo patrimonio non può essere
ridotto a mero volano elettorale per un Lula, un Bertinotti o un
Fassino. Un segnale è giunto sempre dai contadini coreani che
hanno cacciato a pedate il post-fascista Alemanno arrivato al loro
accampamento per rendere omaggio a Lee. L'unica possibilità per
i milioni di Lee di questa terra è nella volontà e
capacità di tessere e mantenere reti solidali capaci di
rimettere in piedi un mondo capovolto.
A Cancun qualcuno ha offerto fiori ai poliziotti che presidiavano a
manganellate la Zona Rossa ma altri hanno preferito gettar loro
secchiate di escrementi.
Un buon concime per un movimento che non si lasci ingabbiare da illusioni riformiste.
Mortisia
|
|