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Da "Umanità Nova"
n. 29 del 21 settembre 2003 Bufale e mozzarelle
Mentre scriviamo non sono ancora
chiari i contorni di quello che, da più parti, è stato
definito il fallimento di Cancun. Di sicuro c'è che l'operazione
che l'Unione Europea aveva progettato, almeno sul piano agricolo,
è saltata: "Mai come ora l'U.E. è stata isolata in un
contesto commerciale" è stato il significativo commento di un
negoziatore di alto livello statunitense. Scaricata dagli USA,
sventagliata al suo interno da una gerarchia di priorità che
vede al vertice la difesa degli interessi franco-tedeschi, condizionata
dalle manovre del suo negoziatore in capo Pascal Lamy che punta a
sostituire Prodi nella sua funzione di presidente della Commissione
Europea, l'U.E. esce da questo incontro con le ossa rotte. Le sue
ambizioni di potenza vengono nuovamente ridimensionate mentre, come al
solito, gli USA riescono ad imporsi in un contesto che vede un
crescente dinamismo di quelli che vengono chiamati "paesi emergenti".
Il governo italiano, da parte sua, non riesce nemmeno a portare a casa
la protezione dei marchi commerciali di alcuni prodotti di
qualità che hanno una specifica geografica di produzione (tipo
la mozzarella di bufala campana, il parmigiano reggiano, il prosciutto
di Parma, ecc.). Protezione per la quale avevano lanciato proclami sia
Berlusconi che il ministro per le politiche agricole, Alemanno, ma che
non ha ricevuto l'assenso dell'amico statunitense. Anzi. La messa in
discussione della politica dei sussidi agricoli, ampiamente praticata
dai paesi ad alto reddito a scapito delle agricolture del Sud del
mondo, rischia di allargarsi alla "scatola verde" dei sussidi che
coprono i prodotti di qualità.
Insomma da Cancun viene l'ennesima conferma che sono i rapporti di
forza a determinare il cammino e che ogni accordo raggiunto o meno
rappresenta una semplice tappa di un conflitto che continua a
ripresentarsi: il conflitto tra poli imperialistici, tra borghesie
consolidate ed emergenti, tra Stati. Un conflitto che pare appianarsi
solo quando un altro nemico, a loro comune, appare all'orizzonte in
tutta la sua determinazione: il movimento degli sfruttati e degli
oppressi teso alla liberazione dell'umanità. Di questo movimento
ne sono state avvisaglie i numerosi manifestanti che da Seattle in poi
si sono mobilitati per opporsi alle crescenti politiche di sfruttamento
che nei vari organismi di governo mondiale (WTO, ecc.) trovano un
importante momento di coordinamento e che anche a Cancun, nella loro
anima più radicale e classista, hanno trovato modo di farsi
sentire. E che dovranno farsi sentire con sempre maggiore vigore se non
si vorrà accettare il ruolo di vittime sacrificali di uno
sviluppo capitalistico che, nella sua ansia di ricerca di nuovi fonti
di profitto, non esita a scatenare una guerra infinita per difendere un
assetto sempre più insostenibile in termini economici, sociali,
ambientali e quindi umani.
M. V.
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