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Da "Umanità Nova"
n. 29 del 21 settembre 2003 WTO e agricoltura
La grande rapina
Vi
proponiamo la prima parte di un lungo articolo di Devinder Sharma
scritto e pubblicato sulla rivista statunitense on line Z Magazine il 2
settembre, una settimana prima del round negoziale del WTO a Cancun.
Sharma è un analista delle politiche in materia di alimentazione
e commercio. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo "GATT to
WTO: Seeds of Despair" (Dal GATT al WTO: i semi della disperazione) e
"In the Famine Trap" (Nella trappola della carestia). Per contatti:
dsharma@ndf.vsnl.net.in
ECONOMIA GLOBALE
Come previsto, gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno raggiunto un
accordo proprio alla vigilia del quinto WTO di Cancun, che nella
lettera e nello spirito delinea il percorso da seguire per quella che
può essere definita la seconda fase della grande rapina del
commercio.
Questo nuovo inquadramento - una "visione comune" più che un
piano dettagliato - è mirato a distruggere ulteriormente
qualunque rimasuglio di autosufficienza alimentare che qua e là
resisteva in alcuni del paesi sottosviluppati dopo il pesante impatto
dell'Accordo sull'Agricoltura (AoA). Per i piccoli coltivatori ed i
giganteschi agribusiness in Nord America, Europa e Pacifico,
continuerà ad essere come al solito: i paesi ricchi sostengono
le politiche agrarie consentendo il mantenimento di prezzi bassi, ed i
rispettivi governi provvedono con dei sussidi di compensazione elargiti
direttamente ai coltivatori ed allevatori.
Al punto che i destinatari dei sussidi agricoli per il 2001
comprendevano anche Ted Turner e David Rockefeller: non ci si
può dunque meravigliare se la CNN continua a soffocare la voce
dei contadini dei paesi "in via di sviluppo". L'uomo più ricco
di Gran Bretagna, il duca di Westminster, che possiede circa 55.000
ettari di terreno agricolo, riceve un sussidio medio di 300.000
sterline come pagamenti diretti, ed inoltre riscuote 350.000 sterline
all'anno per le 1.200 mucche che possiede.
Certamente, questo è un mondo di disuguaglianze, e
forse fra le più indegne e vili vi è il modo in cui il
bestiame dei paesi ricchi è vezzeggiato a spese delle svariate
milioni di allevatori dei paesi poveri. Quando per la prima volta mi
è capitato di paragonare la vita di una mucca di uno dei paesi
occidentali con quella di un allevatore del Terzo Mondo, non mi resi
conto che questo avrebbe urtato la suscettibilità di alcuni
degli economisti e dei fautori delle politiche agricole. Ora risulta
che la UE elargisce un sussidio giornaliero di 2,7 dollari a mucca,
mentre in Giappone la cifra è tre volte di più con 8
dollari, ed intanto la metà dei 1.000 milioni di persone che
popolano l'India vive con meno di 2 dollari al giorno.
Irrispettoso di queste forti iniquità, il nuovo accordo
getta un ancor più consistente anello protettivo attorno ai
produttori domestici del blocco dei paesi ricchi, l'OECD/OCSE,
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Per nulla
preoccupati delle conseguenze negative perpetrate nell'impunità,
i predoni si accingono a nuovi assalti: Cancun mette a loro
disposizione il terreno ideale in cui costringere i paesi poveri a
sottomettersi.
Prima però gettiamo un'occhiata all'estensione dello
sfruttamento che il WTO ha già inflitto - nella prima fase della
rapina del commercio - ai paesi poveri e vulnerabili fin dal gennaio
1995, quando la "Magna Carta" della fame, dell'incertezza e della
privazione è entrata in vigore. Nelle Filippine, era atteso che
le esportazioni, negli anni seguenti il 1994, incrementassero per
milioni di pesos, dando vita a 500.000 nuovi posti di lavoro nel
settore. Invece, generi tradizionalmente esportati, quali la noce di
cocco, l'abacà e lo zucchero hanno perso dei mercati. La
produzione di grano ha subito una crescita negativa negli anni dal '94
al 2000, in parte a causa dei più convenienti grani che fruivano
dei sussidi. Con la diminuzione delle entrate, il settore agricolo ha
perso la cifra stimata di 710.000 posti di lavoro, che nel 2000
è arrivata a 2 milioni.
La liberalizzazione del commercio ha esposto i contadini dei
paesi sottosviluppati ad una concorrenza rovinosa, che ha fatto
abbassare i prezzi, minando i salari ed esasperando la disoccupazione.
Nelle Filippine, l'apertura del mercato del grano nel 1997 ha ridotto i
prezzi di un terzo. Allo stesso tempo, i produttori di grano negli
Stati Uniti ricevevano una media annuale di 20.000 dollari di sussidi,
mentre i coltivatori delle Filippine a Mindanao avevano un'entrata
media di 365 dollari. Fra il 1993 e il 2000, le importazioni a basso
costo dagli Stati Uniti al Messico sono aumentate di 18 volte,
inducendo l'accelerazione del fenomeno migratorio dalle aree rurali ai
centri urbani.
In America Centrale - Colombia, Costa Rica, El Salvador,
Guatemala, Honduras e Nicaragua - il prezzo del caffè è
sceso del 25% rispetto ai livelli del 1960, e si stima che la regione
abbia perduto 713 milioni di dollari in entrata nel solo 2001. In
questi paesi, tradizionalmente dipendenti dall'esportazione di
caffè, sono stati persi più di 170.000 posti di lavoro in
quell'anno, con una perdita di salari valutata in 140 milioni di
dollari. L'impatto negativo si è fatto sentire anche nell'Africa
sub-Sahariana, ove Etiopia ed Uganda hanno fatto registrare ingenti
saldi negativi nelle esportazioni. Nel 2000-01 l'Uganda ha mantenuto i
livelli di esportazione, ma le entrate si sono ridotte a circa 110
milioni di dollari contro i 433 milioni che aveva incassato nel
1994-95. L'Etiopia ha reso nota una caduta da 257 milioni a 143 milioni
di dollari fra il 1999 e il 2000. Ironicamente, nel gennaio 2002 la UE
e l'USAID mettevano in guardia contro il crescente impoverimento e la
precarietà alimentare dell'Etiopia, non facendo il minimo
accenno al fatto che le responsabilità di questa situazione
gravava e grava sulle loro stesse politiche commerciali.
Nella provincia di Dak Lak del Vietnam, coltivatori che
dipendevano unicamente sul caffè sono ora alla fame. In India,
le piantagioni di caffè hanno lasciato a casa il 25% della
manodopera nelle province meridionali del Karnataka e Tamil Nadu. Anche
in Brasile la diminuzione degli introiti per il caffè sono
risultati in disoccupazione e fame. In Honduras, talmente terribile
è stato l'impatto che il Programma Alimentare Mondiale del marzo
'02 ha fatto constare che la crisi del caffè, abbinata alla
prevalente siccità, ha gettato 30.000 famiglie di coltivatori
nella trappola della fame, con centinaia di bambini ridotti in tale
stato di denutrizione da richiedere cure ospedaliere.
Nel 2001, i 25.000 coltivatori di cotone degli Stati Uniti
hanno ricevuto intorno a 3,9 miliardi di dollari di sussidio per aver
prodotto un raccolto di cotone del valore di 3 miliardi, ai prezzi del
mercato mondiale (un coltivatore dell'Arkansas, da solo, ha ricevuto 6
milioni, uguale al guadagno complessivo di 25.000 coltivatori di cotone
del Mali). La cifra è superiore al prodotto lordo di vari stati
africani, e tre volte quanto gli Stati Uniti spendono per aiutare il
mezzo miliardo di africani che vivono in povertà. Nel 2002,
l'assistenza finanziaria in sostegno di alcuni paesi esportatori,
compresa la Cina, la UE e gli USA, che raggiungono il 73 per cento
della produzione mondiale, ha distrutto milioni di piccoli coltivatori
nell'Africa Occidentale (Benin, Burkina Faso, Mali e Ciad). Anche
l'India e il Pakistan sono stati costretti a diminuire le tasse
d'importazione, consentendo ad un'ondata di cotone importato di
invadere i loro mercati nazionali, anche qui mettendo sul lastrico i
piccoli produttori locali.
Nel settore lattiero-caseario, i sussidi dell'UE alle
esportazioni hanno colpito le industrie locali in Brasile, Giamaica e
India. Mentre i produttori giamaicani hanno manifestato più
volte riversando il latte per le strade, anche l'industria indiana ha
di che lamentarsi della politica protezionistica. Nel 1999-2000 l'India
ha importato più di 130.000 tonnellate di latte scremato in
polvere dall'UE, sostenuto da alti sussidi. Questo è stato il
risultato di 5 milioni di Euro di sussidi all'esportazione elargiti ai
produttori europei, circa 10.000 volte le entrate annuali di un medio
produttore indiano. Il sussidio all'esportazione di burro europeo, per
esempio è salito ad una cifra equivalente al 60% del prezzo di
mercato. Conseguentemente, l'importazione di burro in India è
cresciuta del 7,7% all'anno, una tendenza che ha già avuto
effetti disastrosi sui prezzi del burro di bufala prodotto localmente.
Per ironia, l'India resta il maggior produttore di latte del mondo, ed
il suo settore lattiero-caseario non fruisce di alcun sussidio.
L'Indonesia era classificata fra i primi 10 esportatori di
riso prima che il WTO entrasse in vigore. Tre anni dopo, nel 1998,
l'Indonesia è risultata come uno dei maggiori importatori
mondiali di riso. In India, maggiore produttrice di verdure del mondo,
l'importazione di questo genere è quasi raddoppiata in un anno:
da 92,8 milioni di Rand nel 2001-02 a 171 milioni nel 2002-03. Anche in
Perù le importazioni alimentari sono cresciute sull'onda della
liberalizzazione, ed ora consistono nel 40% del consumo totale
nazionale. L'importazione di grano è raddoppiata negli anni '90,
le importazioni di mais hanno superato la produzione domestica, le
importazioni di latte sono triplicate, sgominando i contadini peruviani.
Sembra impossibile, eppure questo è soltanto uno
sguardo sulla devastazione causata dall'"accordo" in agricoltura. Ogni
giorno migliaia di contadini e popolazioni rurali nella maggior parte
del globo - rimasti senza terra o mezzi di sopravvivenza - che
costituiscono una riserva di frustrazione e malessere, vanno ad
ingolfare le città, mentre la loro situazione di abiezione
contrasta vivamente con l'abbondanza dei centri urbani. Sono la prima
generazione delle vittime della immensa rapina commerciale negoziata
nel WTO. Sono creature neglette, alimentate da una dose giornaliera di
ignobili promesse quali: l'aumento della povertà a breve termine
è il prezzo da pagare per la crescita economica a lungo termine.
Il completo impatto sulle vite umane - delle donne e dei
bambini in particolare - e la risultante perdita della certezza di
sopravvivere in questa corsa sempre più rapida verso la fame,
sono impossibili da quantificare con precisione. Le crescenti
importazioni alimentari hanno colpito le economie dei piccoli
coltivatori ed hanno aumentato la disoccupazione nella maggior parte
dei paesi in via di sviluppo. Incapaci di competere con i bassi prezzi
di importazione, ed in assenza di qualunque misura protettiva, donne e
contadini subiscono gli effetti devastanti della perdita di un reddito
e di un alloggio, improvvisamente diventando i figli di un dio minore.
Sono i nuovi poveri.
(I parte)
Devinder Sharma
Titolo originale "WTO and Agriculture. The great trade robbery"
(trad. Aenne)
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