Da "Umanità Nova"
n. 30 del 28 settembre 2003
Vietcong a Baghdad
I calcoli sbagliati dell’amministrazione USA
"La
ricostruzione è stata avviata magnificamente: dal punto di vista
politico è filato tutto liscio. Gli iracheni debbono essere
felici."
(Donald Rumsfeld)
Dietro il ghigno sorridente del capo del Pentagono e del presidente
Bush, la realtà è invece molto diversa e lo stesso
segretario di stato Usa, Colin Powell ha dovuto ammettere "non possiamo
nasconderci le difficoltà"; da qui il tentativo di coinvolgere
l'Europa, la Nato e la stessa Russia nel controllo militare della
situazione irachena, magari dopo un pronunciamento dell'Onu che
legittimi un'occupazione militare multinazionale.
Il problema per l'amministrazione statunitense è che
Francia, Germania e Russia non sembrano affatto disponibili a mettere a
disposizione le proprie truppe senza contropartite politiche ed
economiche nella spartizione della torta irachena; per di più il
Pentagono pretenderebbe di mantenere il comando strategico anche sui
contingenti militari "alleati".
Intanto in Iraq, teatro della seconda "grande vittoria", due
verità stanno emergendo. La prima è che i "terroristi"
che stanno minando l'occupazione e la stabilizzazione amerikana
rappresentano una resistenza armata sostenuta dalla maggioranza degli
iracheni - sia sciiti che sunniti, ma anche kurdi - che, contrariamente
alla propaganda pre-bellica che li volevano ansiosi di essere liberati
si stanno opponendo al prolungarsi della presenza militare straniera e
al governo fantoccio che questa ha istituito sotto la tutela del
governatore militare Bremer.
La seconda verità è che stanno venendo fuori le prove di
massacri compiuti dagli anglo-americani, bagni di sangue che Bush e
Blair hanno sempre negato, mentre gli occupanti in piena sindrome
d'accerchiamento continuano a seminare morte tra i civili, bambini
compresi, e sono sospettati persino di essere dietro la strage a Najaf
nella moschea sciita di Alì.
Sulla stampa americana appaiono con sempre maggiore insistenza
confronti con il Vietnam e tornano frasi come "essere risucchiati in un
pantano" tendenti a suggerire, come da copione hollywoodiano, che gli
americani sono vittime, non invasori.
Per i giornalisti e i politici americani i guerriglieri sono soltanto
"i fedeli di Saddam" o "combattenti del partito Ba'ath", nello stesso
modo in cui piuttosto che parlare di resistenza vietnamita facevano
diventare i vietnamiti tutti "comunisti".
Recentemente, a Falluja è stato evidente che non era la
presenza del partito Ba'ath o di seguaci di Saddam, ma la
brutalità degli occupanti che hanno sparato sulla folla, a
scatenare la rivolta.
Stesso dicasi al sud, dove la maggioranza sciita a suo tempo sterminata
da Saddam Hussein non è certo sospettabile di nostalgie per il
passato regime.
Il ricorrente termine "terrorista" non è usato a caso,
perché implica che elementi vicini ad al Qaeda stiano attaccando
i soldati americani, e così il collegamento tra l'Iraq e l'11
settembre è fatto.
Anche i nazisti d'altra parte erano soliti appellare i partigiani come Terroristen o Banditen.
Il problema del controllo militare che costa al governo Usa
un'emorragia di quattro miliardi di dollari al mese, per le truppe
d'occupazione appare grave, con una media quotidiana di due militari
morti e una decina di agguati solo a Baghdad, tanto che dal 30 agosto
scorso il comando Usa ha deciso di fornire notizie degli attacchi
subiti solo quando questi causano dei morti, dato che i feriti e i
mutilati rimpatriati sarebbero già circa ottomila.
La gravità della situazione è determinata anche
dal carattere diffuso della guerriglia, articolata in innumerevoli
nuclei indipendenti e in larga parte spontanei di resistenti che
possono contare sulle armi distribuite al popolo dal regime prima della
resa e sull'esperienza bellica degli ex-soldati iracheni; la loro
è una guerra fatta di sabotaggi agli oleodotti, ai pozzi
petroliferi e alle centrali elettriche, di attentati esplosivi alle
pattuglie dei mezzi Usa, di eliminazioni di collaborazionisti, di
attacchi con armi leggere e lanciagranate Rpg.
Se si trattasse di un unico movimento di liberazione nazionale, per i
comandi Usa sarebbe molto più semplice cercare di trattare o di
comprare o di eliminare fisicamente i vertici della resistenza, ma
dentro l'attuale rompicapo di gruppi etnico-religiosi, settori sociali,
contropoteri clanici e organizzazioni politiche il Pentagono sta
facendo i conti con i propri errori di calcolo.
Uncle Fester
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