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Da "Umanità Nova" n. 30 del 28 settembre 2003

Cancun: ultima fermata?
Il fallimento del round negoziale del WTO


Il fallimento del round negoziale della WTO a Cancun segna una dura battuta d'arresto alle aspirazioni di dominio incontrastato da parte delle potenze occidentali e delle loro imprese transnazionali che, "riservatamente", hanno da tempo preso l'abitudine di far pervenire memorandum con cui "ricordare" ai negoziatori politici e istituzionali i limiti dei compromessi accettabili e le esigenze imprescindibili.
Da un lato, infatti, anche i paesi più deboli ma non più poveri in assoluto, si sono resi conto del valore aggiuntivo della coalizione nelle trattative globali, formando un fronte composito ma nel quale i rispettivi interessi nazionali facevano blocco rispetto alle pressioni di schieramento con gli Usa o con l'Unione Europea, scompaginando alleanze stipulate nelle ovattate stanze del palazzone di Ginevra.
Dall'altro, proprio per via della finzione di democrazia formale che regna nella Wto, ogni singolo paese vale un voto che può risultare determinante data l'assurda pretesa di unanimità delle risoluzione finali per implementare i vari accordi raggiunti, secondo la formula del "tutto o niente". Salvo poi ricondurre il "niente" così ottenuto a trattative bilaterali in cui risulta difficile suscitare clamore e interesse verso l'opinione pubblica internazionale.

Da tale prospettiva, il fallimento è funzionale a una certa politica della Casa Bianca giacché il suo inquilino di turno mal sopporta accordi multilaterali che legano di pochissimo il libero volere della nazione più potente della terra, che concepisce gli accordi internazionali come vincoli per l'altrui agire, ma non per il proprio, diamine!

D'altronde, nessuno è disponibile a rinunciare ai propri privilegi se non dietro ricatti spesso giocati su poste diverse, oblique e laterali alle poste in discussione, in altri termini, chi resiste alla strapotenza, rischia non tanto una guerra commerciale o una vertenza presso l'Organo di risoluzione delle dispute in sede Wto – tribunale in cui sono di casa Usa e Ue per le rispettive discriminazioni positive verso i propri farmer o riguardo la salute dei propri cittadini nei confronti dell'incognita Ogm – quanto una vera e propria guerra dichiarata, o nella migliore delle ipotesi una seria destabilizzazione degli equilibri politici e sociali del malcapitato paese.

Il fallimento è comunque un esito positivo perché quanto meno lascia inalterato il quadro di arroganza in cui si muovono gli esseri reali, uomini e donne contadini, insegnanti, ammalati e via dicendo, in una posizione debole e sempre più indebolita, ma senza il cappio al collo stretto dai propri stessi governanti.

Certamente, le contraddizioni in seno ai blocchi egemoni, che comunque favoriscono il più forte che fa a meno dell'egemonia per viaggiare con velocità incomparabili sui fatti concreti, sono tatticamente da accogliere come un risultato positivo, anche se al movimento no global tale esito dovrebbe fa riflettere sull'ondeggiamento dei leader nazionali ipoteticamente più vicini alle posizioni movimentiste e autorganizatrici. Infatti non sono state affatto tali prossimità ideali, o strategiche, o antagoniste addirittura, a far fallire il vertice in quanto alcune delle posizioni più retrive nelle trattative di merito – sull'agricoltura, sui nuovi temi detti di Singapore, sulla disciplina del sapere – erano e sono tuttora sposate, e quindi solo rinviate, da parte delle élite politiche di sinistra acclamate dal popolo alternativo come il meno peggio, come se l'interesse nazionale sia disponibile ai ceti di volta in volta vincenti nella roulette elettorale (per giunta truccata dallo squilibrio informativo e delle risorse finanziarie spendibili).

Cancun segnerà la morte della Wto? Sarei cauto a tal proposito, purtroppo perché nemmeno le frange radicali dei no-global, quelle maggiormente propositive, autorganizzatrici e visibili ne pretendono il decesso senza residuo di ulteriore vita. Mi sembra che la posizione intorno alla eliminazione tout court degli organismi internazionali che guidano politicamente la globalizzazione – quindi la Wto insieme alla World Bank e al Fmi, per non parlare della Banca delle Regolazioni Internazionali che gioca un ruolo defilato tra banche centrali e grossi investimenti regionali e interstatali – sia ancora marginale, tanto è vero che rispunta spesso e volentieri lo spettro della rinascita democratica delle Nazioni Unite, ectoplasma emblematico di un pianeta ridotto a terra di conquista per potenze distruttrici della vita e annichilenti ogni libertà.

Ecco perché il ruolo degli anarchici organizzati, al di là delle metodologie di lotta propugnate, debba sempre più spingere l'acceleratore sui contenuti di merito dei problemi del pianeta, suggerendo con vigore soluzioni inedite e coraggiose protese alla autorganizzazione politica ed economica delle popolazioni divise da squilibri di potere ed asimmetrie di aspettative culturali di vita e di esistenza materiale.

Salvo Vaccaro


 

 



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