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Da "Umanità Nova"
n. 30 del 28 settembre 2003
Il buon senso e l’utopia
Idee, pratiche e sperimentazioni di autogoverno
Abbiamo pubblicato (UN
n. 27) il resoconto "Un pizzico d'anarchia in Arberia" della tre giorni
municipalista di Spezzano Albanese: vi proponiamo qui il documento
approvato nell'assemblea conclusiva.
Il sistema sociale gerarchico che nello Stato trova espressione, per
sua natura, nega il federalismo e l'autogoverno comunitario e né
potrà mai affermarli.
Il federalismo vero e l'autogoverno comunitario non possono, infatti, certamente essere istituiti per decreto.
Pensare, ad esempio, che con leggi partorite da un sistema gerarchico e
statolatra possa essere costruito un reale federalismo economico ed
amministrativo, nonché una partecipazione diretta dei cittadini
all'esercizio del "potere" per dare vita ad un reale autogoverno
comunitario, è semplicemente un'illusione.
Il nodo da sciogliere, dunque, rispetto alle variegate proposte di
federalismo e autogoverno locale che oggi da più parti si
agitano, è senz'altro quello di capire quali fra queste
propongono un reale federalismo e quali propongono invece un mero
decentramento statalista mascherato da federalismo.
Le forze politiche istituzionali, con diversità demagogiche fra
maggioranza ed opposizione di governo, concordano ad esempio nel dire
che si è ormai aperta l'era del federalismo e pertanto regioni,
province e comuni si devono attrezzare per l'autogoverno del territorio.
Insomma, con federalismo e autogoverno, tutti i politicanti si
sciacquano la bocca ma volutamente stravolgono l'essenza di questi due
ragguardevoli concetti: la costruzione in prospettiva di una rete mutua
e solidale di comunità autogestite ed autogestionarie che si
autogovernano in campo politico, economico, culturale programmando il
loro essere società fuori e contro il recinto in cui lo Stato
centrale le vuole tenere ingabbiate.
Solo un impegno che parta dal basso, solo un progetto sociale,
gradualista rivoluzionario, capace di costruire con proposte
praticabili nell'immediato cellule di società libertaria,
possono nel tempo edificare un reale federalismo economico e politico,
un federalismo che non nasce dalle illusioni di trasformare uno Stato
"centralista" in Stato "federale" o di dividere uno Stato in più
Stati.
Il federalismo reale non potrà mai né essere concesso
dallo Stato e né aversi con la frantumazione di uno Stato in
più Stati.
Federalismo reale è quello che si costruisce dal basso, in
orizzontale, che nega lo Stato per sostituirlo in prospettiva con una
rete di liberi municipi autogovernati e federati nei principi del
mutualismo e della solidarietà.
Soprattutto negli ultimi anni, risultano presenti in campo economico,
politico, sociale (vedi movimento "noglobal" nelle sue varie componenti
e sfaccettature), sia in Italia che all'estero, variegate esperienze di
sperimentalismo autogestionario che, pur se non completamente affini ma
certamente similari in alcune caratteristiche, esprimono nella
diversificazione che le contraddistingue il desiderio di voler
costruire una società altra, alternativa all'esistente.
"Piccolo è bello": è questo lo slogan che meglio condensa
l'opposizione ai processi di globalizzazione che l'attuale sistema
gerarchico e capitalista vuole imporre ai variegati popoli che abitano
il pianeta.
La riscoperta dell'agire locale con prospettive transnazionali di
alternativa all'esistente fa infatti oggi gridare a molti "un altro
mondo è possibile".
Solo che all'interno di questa progettualità alternativa
all'esistente, variegate sono le anime in movimento e non sempre unite
nella coerenza tra i mezzi e il fine che intendono raggiungere.
Infatti, se tutti concordano nella denuncia delle iniquità
sociali dell'attuale assetto di Dominio, non tutti però
concordano sulle modalità e finalità dell'alternativa
all'esistente.
Alcuni pensano che l'alternativa si possa costruire all'interno
dell'attuale assetto sociale gerarchico con un capitalismo dal volto
umano e con forme di democrazia partecipativa e in tale ottica non
fanno una netta distinzione tra dominanti e dominati, tra sfruttati e
sfruttatori, tra vertice e base della piramide sociale: tutti a detta
loro possono concorrere nella costruzione dell'alternativa
all'esistente (padroni e banche, burocrati e politicanti, sindaci e
presidenti insieme alla cosiddetta società civile) se concordano
in un'ottica concertativa e nella necessità di dare delle regole
più umane al Potere economico e politico che mirino ad esempio
ad un'equa distribuzione delle ricchezze ed a forme di partecipazione
diffusa alle decisioni istituzionali.
Insomma, l'illusione di poter giocare a scopa con le regole della
briscola sembra alimentare tale ricetta sociale alternativa. Ma ogni
gioco ha le sue regole, pertanto se il fine (l'alternativa
all'esistente) è quello di cambiare il gioco (l'esistente),
veramente si pensa di poterlo fare illudendosi di cambiare al gioco
solo le regole? L'attuale assetto di Dominio capitalista e democratico,
come ogni altro regime, si basa su regole che ad esso garantiscono
sfruttamento ed oppressione: pertanto se lo si vuole tenere in vita
affermando di voler ad esso cambiare soltanto le regole, vuol dire che
ad una linearità di metodo si preferisce il paradosso.
Esperienze comunaliste come quella della FMB di Spezzano Albanese, a
differenza di altre esperienze autogestionarie che oggi compongono il
summenzionato movimento, non si sono mai riconosciute, ad esempio,
nella convinzione di poter costruire situazioni autogestionarie con la
partecipazione al voto amministrativo o con la cosiddetta democrazia
partecipativa.
La prospettiva comunalista rivoluzionaria è protesa a costruire
già nell'oggi le nuove basi su cui edificare la "società
altra".
La costruzione di un reale movimento autogestionario e federalista non
può passare da liste o candidature elettorali nei municipi (mera
illusione nonché paradosso in quanto una simile prassi,
traghettando le strutture comunaliste nel seno del nemico contro cui
erano sorte, porterebbe semplicemente la loro intima essenza al
suicidio nei meandri della mastodontica e piramidale burocrazia
legalitaria di Stato) così come non può passare da un
mero confronto partecipativo con le decisioni che di volta in volta
vengono prese dalle istituzioni locali (sindaci, giunte e consigli
municipali) intorno a questioni e problematiche che interessano
l'intera comunità.
Il Comunalismo propugna l'azione e la democrazia diretta, come
strumenti di risoluzione dei problemi di natura sociale nell'oggi e
come strumenti di costruzione in prospettiva di libere
municipalità autogestionarie in campo economico, politico,
sociale e federate in senso orizzontale.
La prassi comunalista pone le sue basi su una metodologia libertaria
essenzialmente ispirata al gradualismo rivoluzionario: non sfugge le
contraddizioni e i conflitti che caratterizzano oggi la società
del dominio, si colloca nel terreno della lotta sociale per la difesa
degli interessi immediati delle classi subalterne e si prefigge nel
contempo di iniziare a costruire nel "qui ed ora" le basi alternative
su cui edificare la società libera del domani.
I presenti all'Incontro individuano nella prassi comunalista della FMB
di Spezzano Albanese - per la sua capacità di incidenza sul
territorio, la sua tenuta ultra decennale, la sua elaborazione
politico-teorica e per i risultati conseguiti sul piano generale delle
relazioni sociali e su quello particolare delle conquiste specifiche e
delle proposte messe in atto, senza cadere nelle trappole
elettoralistiche - un punto di riferimento concreto per un agire
comunalista che sappia coniugare buon senso e utopia,
effettualità nel "qui ed ora" e progettualità
rivoluzionaria.
I presenti all'Incontro, altresì, si impegnano e propongono:
di porre le basi per un coordinamento delle esperienze
comunaliste e libertarie e delle realtà di autorganizzazione
territoriale e sociale;
di effettuare un censimento delle esperienze comunaliste dal secondo dopoguerra ad oggi;
di promuovere l'elaborazione della progettualità di intervento comunalista.
Nel corso dell'Incontro diverse sono state le esperienze
comunaliste ed autogestionarie a confronto che rappresentano la
ricchezza di un movimento vario e plurale, proteso alla costruzione di
un'alternativa all'esistente.
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