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Da "Umanità Nova" n. 31 del 5 ottobre 2003

Il buio della ragione


Black out: in una tranquilla notte di inizio autunno, senza condizionatori o termosifoni accesi, senza siccità o inondazioni, un semplice, banale incidente ad una linea di trasmissione ha messo in ginocchio l'Italia. Forse un temporale, forse un albero abbattutosi su un traliccio e l'Italia si è trovata senza elettricità. Al buio. Certamente esistono responsabilità politiche: nei momenti di minor richiesta di energia, come la notte del 28 settembre, l'ENEL preferisce chiudere gran parte delle proprie centrali e sfruttare al massimo l'energia importata a basso prezzo da Francia, Svizzera e Austria, rendendosi così vulnerabile a improvvise sospensioni nell'erogazione di queste correnti energetiche: la logica del profitto trionfa sulla garanzia di erogare un servizio pubblico! Ma è altrettanto certo che il black out ha mostrato l'incapacità delle grandi organizzazioni gerarchiche e centralizzate a gestire sistemi complessi come quelli legati alla produzione e distribuzione dell'energia. E non è solo un caso italiano come dimostrano i black out che hanno recentemente colpito gli Stati Uniti, la città di Londra e i paesi scandinavi.

Solitamente i nostri avversari sostengono che il progetto anarchico può essere applicato solo in società preindustriali mentre sarebbe fallimentare nella gestione in una società industriale avanzata. In realtà è il sistema Stato-Capitale che non riesce a gestire quei sistemi complessi che esso stesso ha costruito. Di fronte ai continui disastri compiuti dagli araldi del "capitalismo realizzato", della centralizzazione e dell'autoritarismo è bene ribadire con forza che l'industrializzazione e l'avanzamento tecnologico danno oggi possibilità di autogestione come mai era avvenuto prima. Insomma all'oscurantismo dei black out della ragione dobbiamo rispondere con la scintillante luce dei principi dell’anarchia!

K. P.



 

 



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