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Da "Umanità Nova" n. 31 del 5 ottobre 2003

Colpevoli di solidarietà
Una cinquantina di perquisizioni eseguite dai Ros


Nei giorni scorsi i carabinieri ed i Ros hanno effettuato un numero consistente di perquisizioni (le veline riportate sui quotidiani danno dei numeri variabili, fino a 50) di anarchici, libertari, marxisti e senza partito, tutti accomunati dal fatto di aver in qualche maniera dimostrato solidarietà con "Martino" Marco Camenisch, attualmente detenuto nel carcere di Pfaeffikon, vicino Zurigo, in attesa di giudizio. Sempre avendo come fonte i giornali, sarebbero stati sequestrati numerosi computer (fino a 60), CD (fino a 300), agende, quaderni e stampa varia, oscurati in tutto o in parte i siti anarcotico e freecamenisch.
Per una operazione che si è proposta di trovare gli esecutori materiali di attentati a tralicci, ripetitori di telefonia, inceneritori, impianti di risalita sciistici ecc., sembrerebbe veramente poco, talmente poco da giustificare che ci si chieda se tale operazione giudiziario-poliziesca abbia veramente qualche altro scopo oltre quello di rompere le scatole ai coinvolti e fare un po' di terrorismo psicologico fra amici e conoscenti delle vittime.

Non è la prima volta. Nel 1992 i carabinieri, su mandato di un giudice territorialmente molto più vicino agli ambienti indagati, perché allora insediato a Massa (questi due sono di Genova), arrestarono e trattennero per ben 18 giorni di isolamento e tortura psicologica quelli che subito vennero definiti "il gruppo di fuoco delle Apuane". Però l'inconsistenza delle "prove" addotte per tale arbitrario comportamento avrebbe coperto di ridicolo gli esecutori ed i mandanti di tutta la tragica messa in scena. Ecco dunque che nel 1995 il giudice istruttore, nello scagionare definitivamente i sei, fra i quali una compagna che lavorava nella tipografia che stampa questo giornale, ordinò contestualmente la distruzione delle prove a carico, in modo che tutti gli inquisitori potessero rimanere impuniti, e così fu.

Della situazione di Martino possiamo dire che il processo, inizialmente previsto per dicembre, è stato rinviato ed ancora non siamo a conoscenza della data in cui avrà luogo. Subito dopo lo sciopero della fame di gennaio-febbraio era stato per qualche tempo trasferito a Coiro, più vicino alla madre ora inferma e con qualche possibilità di contatto con l'esterno. Con l'estate però è tornato di nuovo a Pfaeffikon, e sono riprese le misure restrittive per visite e corrispondenza.

La settimana precedente le perquisizioni in Italia, anche la cella di Marco è stata frugata dalla polizia svizzera, dietro richiesta della magistratura italiana. Ne è derivato il sequestro di tutte le carte difensive che Martino stava preparando in vista del processo che lo attende in Svizzera.

Tempo addietro è stata effettuata la perizia balistica volta a stabilire se l'arma che ha ferito ad un braccio il carabiniere a Montignoso, durante il suo arresto, potesse essere la stessa utilizzata per uccidere la guardia di confine, che costituisce l'accusa per la quale è trattenuto. La perizia ha dato esito negativo.

Non si riesce dunque a comprendere per quale motivo venga ritardato il processo per un omicidio avvenuto una quindicina d'anni addietro e per il quale tutto indica che sia difficile reperire delle prove a carico. L'unica cosa che possiamo pensare è la volontà di prolungare il più possibile la situazione detentiva, e per questo non possiamo far altro che rinnovare l'appello alla solidarietà che contribuisca ad impedire la distruzione fisica e psichica del prigioniero.

A. Nicolazzi



 

 



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