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Da "Umanità Nova"
n. 31 del 5 ottobre 2003 Black out/1: Autogestire la produzione
Il
tanto temuto black out elettrico è alla fine arrivato e ha
procurato a tutti pesanti disagi e problemi anche gravi, specie negli
ospedali. Per parecchi mesi avevamo sentito dire che il black out
sarebbe arrivato per gli elevati consumi degli italiani e che comunque,
grazie ad un piano ben studiato di distacchi programmati, sarebbe stato
limitato ad alcune zone. Il black out è invece arrivato in
tutt'Italia quando nessuno se lo aspettava, in un momento in cui, data
l'ora e il giorno festivo, i consumi erano ai valori minimi assoluti.
Si è detto che è stato provocato dal guasto delle due
linee di collegamento con la Francia. Tale spiegazione pare del tutto
risibile se si tiene conto che l'apporto medio dell'energia estera ai
consumi italiani è di poco maggiore del 10% e che, comunque, in
quel momento di bassissimo consumo, la capacità italiana di
produzione dell'energia era largamente superiore alla richiesta. Ma
allora come è stato possibile che un fulmine o un temporale
abbia messo in ginocchio, per la prima volta nella storia, il nostro
intero paese? La risposta è semplice: non si è stati
capaci di prendere tempestivamente i provvedimenti tecnici necessari.
Le attrezzature sono vecchie e le spese per il personale sono ridotte
all'essenziale. Oggi si comincia a pagare il passaggio da un sistema
monopolistico che affidava allo Stato il ruolo di operatore unico ad un
regime oligopolistico, dove cioè operano un numero limitato di
operatori, selezionati e tutelati dallo Stato, che fanno il bello e il
cattivo tempo, molto attenti alla ricerca di profitti ma assai poco, se
non nulla, alla qualità del servizio. Per evitare black out di
questo tipo, in momenti di basso consumo, non c'è affatto
bisogno di nuove centrali, come qualcuno si è affrettato a dire
per sfruttare, a fini speculativi, l'ondata emotiva degli italiani;
c'è invece bisogno di interventi e investimenti mirati
soprattutto a migliorare le capacità di rapida risposta e di
adeguamento a sopravvenute e impreviste difficoltà.
Interventi diversi sono invece da prendere per evitare black
out dovuti ad elevati consumi. I presentati programmi di raddoppio
delle centrali elettriche, oltre che faraonici, non tengono alcun
conto, tra l'altro, della definizione degli obiettivi nazionali di
riduzione delle emissioni di gas-serra, concordati in sede di unione
europea, che, a seguito degli accordi di Kyoto, assegnano all'Italia
una riduzione complessiva del 6,5% rispetto all'anno 1990.
La Commissione europea nel suo libro verde n 769 del 2000 sul
tema della sicurezza dell'approvvigionamento energetico nei prossimi
decenni ha individuato alcuni tipi di intervento capaci di evitare
black out. La Commissione individua come prioritari interventi volti a
incentivare consumi energetici più razionali, risparmi
energetici e la diffusione di nuove tecnologie. Secondo la Commissione
l'offerta interna di energia deve indirizzarsi con maggiore decisione
verso le fonti rinnovabili e nuove, che assicurano un equilibrio
ottimale tra varie istanze, quali la sicurezza dell'approvvigionamento,
il rispetto dell'ambiente e il sostegno alle popolazioni delle zone
rurali. Deve poi essere aggiornata l'attuale politica delle scorte.
È perciò necessario rivedere le scelte di
politica economica non per tornare al "male minore", la
nazionalizzazione dell'Energia, ma per rilanciare la necessità
del risparmio energetico e della incentivazione della produzione
autogestita da parte di comunità locali di energia da fonti
rinnovabili a basso o nullo impatto ambientale, per evitare che tutto
sia lasciato, senza alcun freno o regola, al libero mercato e che i
cittadini debbano pagare, sulla propria pelle, a seguito dei
comportamenti speculativi dell'iniziativa privata.
Zio Mario
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