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Da "Umanità Nova"
n. 31 del 5 ottobre 2003
Bomba d'acqua
Carrara: alluvione e devastazione del territorio
Nella
piazza Alberica ove dal secondo giorno dopo l'alluvione staziona la
centrale operativa dei Vigili del Fuoco, da subito sono comparsi i
cartelli "Effetto serra, effetto Bush" e "Ridurre le emissioni di CO2";
altri sono comparsi anche in vari punti della città.
Effettivamente, questo impegno per le nazioni industrializzate a
ridurre i danni atmosferici causati in oltre un secolo e mezzo di
emissioni di gas di ogni genere nell'atmosfera, deve essere messo al
primo punto nelle lotte sociali, se non vogliamo lasciare ai nostri
figli un pianeta inabitabile.
Ma a Carrara non soltanto l'eccezionalità dell'evento
atmosferico ha causato i dissesti e la catastrofe, vediamone alcuni.
L'escavazione selvaggia
Le Apuane sono, come si è già comprovato in Versilia con
l'alluvione del '96, per eccellenza, terra di rapina. Nell'estrarre i
preziosi blocchi di marmo per l'edilizia e l'arte funeraria (questi due
settori assorbono quasi per intero la produzione, il marmo utilizzato
nell'arte più essere considerato un frammento), gli sfruttatori
degli agri marmiferi non dedicano alcuna cura a sistemare scaglie e
residui: essi sono allontanati dal piano di lavoro a mezzo di
escavatrici (alcune proprio gigantesche) e semplicemente buttati ad
ammucchiarsi sui pendii oltre il bordo del piazzale. Raramente, quando
può servire per aprire un accesso ad un nuovo piano di cava,
sono anche sommariamente schiacciati dal passaggio dapprima di qualche
cingolato e poi da quello dei camion. In questo modo, facile gioco ha
avuto la massa d'acqua a trasformarsi in valanga di micidiali
proiettili sassosi in vertiginosa caduta verso valle.
L'affare dei sassi
A peggiorare la situazione vi è la rapina dei sassi. Fin da
quando, nei primi anni '90, il grado di purezza del carbonato di calcio
permesso nell'alimentazione è stato abbassato di qualche
centesimo, facendo in questo modo rientrare nei limiti tutto il marmo
delle Apuane, i ravaneti (cioè le cascate di pietre) sono
divenuti oro bianco per i macinatori che ne fanno polveri da vendere su
tutti i mercati. Così, depositi antichi di pietre, che si erano
consolidati col passare dei secoli, la cui funzione era anche drenare
le acque e favorirne l'assorbimento al suolo, sono stati rimossi
lasciando soltanto del terriccio sulla nuda parete: una comoda pista di
lancio per valanghe di fango.
L'ingolfamento dei letti
Ad un visitatore anche occasionale non può sfuggire il continuo
avanzamento di piazzali di segherie, terrapieni per ospitare botteghe
di souvenir e lavorazioni artigiane che giorno dopo giorno prendono
piede nel letto dei torrenti. Esemplare il caso delle Canalie, ove i
muraglioni in cemento armato per far posto ad una segheria raggiungono
l'altezza di decine di metri onde ricavare un piano. Ovviamente tutte
queste non sono altro che strozzature al normale decorso dell'acqua la
quale, trovando occupato il suo naturale alveo, ad una pioggia anche
solo un po' intensa, invade la strada per farne il proprio letto. E
l'asfalto congiunto alla pendenza, ben si prestano ad accelerazioni.
Perciò la valanga d'acqua, di sassi anche di grosse dimensioni e
tanto fango, che man mano che si avvicinava alla zona pianeggiante ha
trascinato con sé auto e cassonetti, divenendo tale da allagare
botteghe, negozi e abitazioni. Nella via Carriona, ormai divenuto
torrente sussidiario, ove le case si restringono a imbuto, tutti questi
materiali si sono assestati come diga.
La tombatura dei fossi
Esemplare la situazione a Canal del Rio, nella parte a sud-est del
centro cittadino. Qui non solo il fosso tombato ad ogni pioggia
ricompare in superficie rigoglioso, ma in tempi recenti, dopo
un'opposizione popolare durata decine di anni, la passata
amministrazione ha finalmente deciso di concedere il permesso per la
costruzione di un mini-grattacielo. Eppure proprio in quel periodo una
pioggia un po' più intensa aveva per l'ennesima volta riaperto
una voragine di 6 metri nella strada, proprio in prossimità di
dove si stanno ora gettando le fondamenta per l'edificio.
Le costruzioni dissennate
Fra queste si possono senz'altro classificare gli edifici dell'Inps e
dell'Inail, le cui basi di fondamenta sono state ricavate sbancando per
decine di metri di profondità le basi della collina che sale
alla Foce verso Massa. Da qui i torrenti stradali che si congiungono
poco più a valle coi ribollimenti del Canal del Rio, sono
costante sorgente di danni ad automobili, negozi e case sul piano
stradale.
Poco più giù a San Ceccardo, la palazzina della Cgil,
anch'essa insediata togliendo alla collina sovrastante decine di metri
di base di appoggio, è in permanente emergenza frane e
alluvioni. Ora tutta la parete collinare è stata cementata, ma
in questo modo il dilavamento diviene ancora più precipitoso. Si
comprende dunque come nel viale che scende a Marina, verso le dieci di
sera di martedì 23, innumerevoli fossero le auto che navigavano
senza autista a bordo verso il mare o il primo negozio o il primo
albero a disposizione, per schiantarvisi o dar luogo ad un principio di
diga.
Una catastrofe in parte evitata
Circa 10-11 anni addietro, quando la Termomeccanica si trovava in
particolari cattive acque, prima che la costruzione dell'inceneritore
del Pollino (Pietrasanta) venisse a darle un po' d'ossigeno, alcuni
brillanti amministratori locali l'avevano autorizzata a costruire in
località Tarnone (sulla strada per Colonnata) una diga ove
depositare i fanghi provenienti dalla lavorazione del marmo al piano.
Sarebbero state migliaia di tonnellate di melma sospese sulla
città, se il progetto fosse andato avanti, capaci di causare un
"effetto Pompei" umido. Ma, in attesa dell'autorizzazione, un viavai di
camion già scaricava clandestinamente dei carichi di notte, e
ciò ha costituito la principale fonte di melma trasportata
l'altra notte a valle. Fortunatamente la popolazione, costituitasi
nell'apposito Comitato, riuscì a bloccare i camion e impedire
l'esproprio dei terreni, tenendo duro per vari mesi, e lo scempio
restò limitato. Oggi tutti dovrebbero esser grati a chi allora
ha lottato, alcuni in più di un'occasione esponendosi in prima
persona.
Una prossima catastrofe annunciata
A Gragnana il diluvio ha colpito più che altro il versante del
monte verso Torano. Se altrettanto fosse avvenuto sul dorso delle
colline che ostacolano al paese la vista del mare, la catastrofe
sarebbe stata di proporzioni gigantesche, ma la fortuna o il caso non
hanno voluto.
In paese infatti da qualche anno vi è un piazzale parcheggio, da
tutti salutato con favore perché ha risolto il problema di dove
lasciare l'auto per gli abitanti. Però esso è costruito
sul fosso, a ridosso di un monte molto ripido, con vegetazione di
alberi anche piuttosto grossi, che colpito da un rovescio come quello
precipitato sul versante opposto sicuramente non avrebbe resistito: gli
alberi avrebbero tappato i tre tubi di un paio di metri lasciati alla
base per lo scorrimento, e ne sarebbe nata una diga. Essendo il
piazzale poggiato unicamente su terreno riportato, la forza dell'acqua
a monte avrebbe agevolmente spazzato via tutto, compresa la gente
accorsa a spostare l'auto. Uno scenario che possiamo facilmente
prevedere, che chi scrive ha già denunciato sulla stampa locale,
per porre rimedio al quale nulla è stato fatto. Speriamo che
questo sia il momento buono per metterlo in sicurezza.
La tipografia ove stampa U.N.
Alcuni sostengono che si sia salvata dall'alluvione perché sotto
la protezione di Michele Bakunin. Invece, molto più
materialisticamente, dobbiamo il fatto di aver avuto più paura
che danni ad una operazione speculativa avvenuta sulla sponda opposta.
Il piazzale ove sono insediati il mercato coperto ed un supermercato,
è stato negli scorsi anni scavato per far posto ad un parcheggio
sotterraneo ed alcuni locali, fra cui una sala bingo. L'irruenza
dell'acqua che poco più a monte congiunge il torrente di
Gragnana col Carrione è stata dunque contenuta da questi
sotterranei che hanno agito da polmone, evitando giusto giusto che il
livello superasse l'argine di cemento dalla nostra parte. Surreale poi
la visione di una ventina di sedie della sala bingo ammucchiate a
galleggiare all'esterno, con ogni tanto un'altra sedia trascinata dalla
corrente che si aggiungeva al numero.
La solidarietà
La popolazione non è stata con le mani in mano dopo l'evento. La
notte stessa, appena calmata la pioggia, mentre ancora dal monte
scendeva di tutto, sono cominciati i primi sopralluoghi ai piani terra
ed a porre i primi ripari. Non appena il livello dell'acqua è
sceso, prima che il fango si solidificasse, cittadini di ogni genere ed
età hanno "dato una mano", formando catene con secchi, spalando,
cercando di contenere i danni il più possibile. Naturalmente in
vari casi è stato necessario l'intervento di mezzi pesanti per
rimuovere le dighe di auto alberi e fango, ma ovunque è stato
possibile, la gente ha dato prova di attiva solidarietà. Le
attività stanno gradatamente riprendendo, per le cave
sicuramente bisognerà attendere un po', ed è da augurarsi
che la lezione sia servita ad un approccio in generale ove la rapina
sia mitigata dalla necessaria messa in sicurezza di piazzali e ravaneti.
Alfonso Nicolazzi
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