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Da "Umanità Nova" n. 31 del 5 ottobre 2003

Privatizzazione delle idee
Parlamento UE: una legge sui brevetti del software


Tra le attività del Parlamento Europeo c'è quella della "armonizzazione" delle leggi esistenti nei vari paesi che tende alla creazione di un corpus normativo comune. E tra le ragioni economiche che vengono portate dai sostenitori di questa omogeneizzazione c'è sempre la necessità di "aumentare la competitività" delle imprese del vecchio continente nei confronti del colosso Usa il che si traduce, di solito, nell'applicazione delle regole iperliberiste vigenti in quel paese. Il 24 settembre scorso è stata discussa a Strasburgo una direttiva sulla brevettabilità delle idee relative a programmi per computer. La direttiva è stata accolta in prima lettura, ne sarà necessaria una seconda (prevista per novembre) per la definitiva approvazione, e - infine - i diversi parlamenti nazionali dovranno recepirla all'interno dei propri ordinamenti giuridici. Il percorso, come si vede, è ancora lungo e molto potrebbe cambiare.

Senza addentrarci nei dettagli, per altro comprensibili completamente solo dagli addetti ai lavori, ricordiamo che la direttiva renderà brevettabili programmi ed algoritmi informatici, cosa fino ad oggi vietata dalla Convenzione di Monaco del 1973. In altre parole sarà possibile proteggere con un brevetto, valido in tutti i paesi della Comunità Europea, le "idee" presenti nel software, comprese alcune talmente semplici da essere già largamente utilizzate da tempo.
Ed è proprio quest'ultima possibilità quella che ha sollevato maggiori proteste. Uno degli esempi che rendono meglio la portata di queste norme è stato riproposto da molti proprio per la sua estrema comprensibilità: tra le idee brevettabili c'è la "barra di scorrimento", quella finestra orizzontale che in tutti i computer segnala il passare del tempo mentre si copia o si salva un file. Chiunque volesse inserire in un suo programma una "barra di scorrimento" dovrebbe pagare i relativi diritti al proprietario del brevetto che, per la cronaca, è l'IBM che ha depositato la richiesta nel 1990.

Come è evidente, la possibilità di brevettare anche cose così banali da essere ormai entrate nell'uso comune renderà la vita difficile soprattutto ai singoli programmatori ed alle piccole case di produzione che oggi sono sempre più schiacciate tra il fallimento e l'assorbimento. Questo si ripercuoterà naturalmente anche sugli utilizzatori finali dei programmi che dovranno pagare dei prezzi maggiori per un prodotto che usa "idee" protette da brevetti.

Si è quindi formato uno schieramento in opposizione a questa direttiva promossa da una deputata del Labour Party inglese, che ha visto dalla stessa parte gruppi per la difesa del software libero e associazioni delle piccole imprese. Il risultato della prima lettura è stato accolto in modo controverso: alcuni hanno esultato (pacatamente) perché la commissione ha accolto parte delle richieste di modifica, altri temono che la norma potrebbe comunque essere peggiorata.

Da tempo le guerre commerciali si combattono più a livello legale che con politiche produttive e distributive, e quest'ultimo caso si va ad aggiungere ai numerosi altri che vedono come protagonisti i colossi dell'informatica in perenne lotta fra di loro e in difesa dei loro monopoli.

La direttiva sui brevetti segue di poco quella sul Copyright (la cosiddetta EUCD), in fase di attuazione, approvata sotto la pressione della potente lobby dei produttori, in crisi da quando Internet ha reso possibile lo scambio veloce e quasi sicuro di programmi, musica e video copiati. Provvedimenti di questo genere, che vanno ad incidere in una società modellata ormai quasi completamente intorno ai computer, hanno un impatto maggiore di quanto si possa pensare coinvolgendo direttamente anche coloro che non usano, per scelta o per necessità, un elaboratore di dati.

Per fare un esempio, proprio mentre avveniva la discussione a Strasburgo, dall'altra parte dell'Oceano collassava il sistema di vigilanza consolare "Class", un computer del Dipartimento di Stato degli USA che contiene i dati personali di quasi 13 milioni di persone e che viene usato per le pratiche di immigrazione. Non si sa ancora se a causare il blocco sia stato un attacco mirato o solo un virus particolarmente potente, fatto è che il 24 settembre scorso, improvvisamente, la macchina è andata in tilt, bloccando in tal modo il rilascio dei visti di ingresso.
A riprova di come, nonostante tutto, anche il più povero degli immigrati dipende - in qualche modo - dal funzionamento di un programma e di un computer. Una ragione in più nella lotta per un mondo libero dal controllo delle macchine.

Pepsy



 

 



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