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Da "Umanità Nova" n. 32 del 12 ottobre 2003

Roma: corteo contro il summit dei premier dell'UE
Nel deserto dell'EUR sfilata con carica finale


In occasione dell'incontro dei primi ministri dei paesi dell'Unione Europea, si è svolta a Roma sabato 4 ottobre una manifestazione di protesta nel quartiere romano dell'Eur, dove si teneva il vertice.
L'EUR è il quartiere romano costruito nel 1938 durante l'Esposizione Universale Romana (da cui il nome) dal fascismo che cercava di "ricongiungere Roma al mare". È un quartiere fatto di strade larghissime e di palazzoni bianchi realizzati con quello stile grottesco che voleva scimmiottare i fasti dell'impero romano e che passa dall'orrendo al ridicolo con i monumenti tipo "Colosseo quadrato". È un quartiere adibito ad uffici, in cui non abita quasi nessuno e dove gli unici negozi sono i bar frequentati dagli impiegati per la pausa mensa o per un caffè.
Il sabato, con gli uffici chiusi, il quartiere è, ovviamente, abbandonato. Se poi ci aggiungiamo la militarizzazione conseguente al vertice, si può facilmente capire perché, ad eccezione del tratto iniziale sulla Laurentina, il corteo si sia svolto, praticamente, nel deserto.
La mancanza di persone rendeva ancora più inquietante, ed evidente, l'oppressiva presenza delle forze dell'ordine schierate in massa a completa chiusura di ogni viale attraversato dal corteo, così come di qualsiasi altra possibile eventuale via di fuga.

Una prima riflessione politica andrebbe fatta proprio su questo: ha senso fare una manifestazione invisibile alla città, che, al più, lo saprà solo dai media, se decideranno di parlarne, nei modi e con i contenuti che questi decideranno di raccontargli?

Il corteo si è snodato in maniera tranquilla (persino, per i motivi sopra detti, silenziosa) nelle vie dell'EUR fino a giungere davanti al palazzo dei congressi.
Il corteo è passato lungo via Cristoforo Colombo ad un centinaio di metri di distanza dal Palazzo dei Congressi dove si era appena concluso il vertice.
All'incrocio con la via che conduce al Palazzo dei Congressi si è svolta l'annunciata kermesse delle tute bianche che, secondo copione, si sarebbero dovute fronteggiare, e spintonare, con la polizia. Lo spettacolino ha inizialmente richiamato un po' di pubblico alla ricerca dei posti migliori per assistere alla rappresentazione. Mentre gli attori stavano indossando i costumi un imprevisto ha vivacizzato l'attesa del pubblico: alcuni compagni dell'assai eterogeneo spezzone antagonista hanno sorpassato lo spezzone delle tute bianche, fermo per la vestizione, ed hanno ricordato ai presenti, a modo loro, la responsabilità della BNL nel finanziamento all'industria bellica. Rimane il dubbio che anche in questo caso si sia trattato di una rappresentazione fatta ad esclusivo uso e consumo dei media presenti. È da dire che la cosa ha fatto un po' risentire le tutine che, come quelle vecchie attrici a cui viene rubata la scena dalle nuove star, hanno maldestramente provato a proteggere la banca aggredendo i compagni e cercando di argomentare la cosa con discorsi del tipo "quando lo facciamo noi è un atto di disubbidienza, quando lo fa qualcun altro è teppismo".
Finita questa dissertazione di logica è cominciato lo spettacolo tanto atteso: lo spintonamento concordato. Dopo pochi minuti tutto il pubblico si è reso conto della monotonia della cosa. Né ha sortito alcun effetto sull'interesse dei presenti, ormai scemato, il coreografico ed imprevisto lancio di uova e pomodori sui cordoni della celere. Il pubblico ha cominciato quindi ad abbandonare il proscenio in cui proseguiva la rappresentazione. Se fosse finita qui si sarebbe potuto dire, come degli spettacoli che fanno fiasco: "pubblico e critica concordi nella stroncatura". Il problema è che la messinscena è proseguita per tre quarti d'ora, con i disobbedienti rimasti in poche centinaia a recitare, e con la maggior parte del corteo, trecento metri dopo, in attesa che finisse per andare via; c'era anche una parte del corteo, più sfortunata, che stava aspettando dietro i disobbedienti di poter passare davanti al palazzo delle esposizioni.

Il sipario sulla commediola è stato calato da un plotone di polizia che è andato a mettersi a lato degli attori ed ha fatto partire la carica che ha diviso a metà il corteo. I disobbedienti e la coda del corteo spintonati verso il luogo di partenza del corteo, la maggior parte degli altri compagni spostati un po' più avanti lungo via Cristoforo Colombo.
La celere ha quindi fatto il suo, solito, sporco lavoro lanciando lacrimogeni per far sgombrare la strada. È da segnalare una provocazione attuata da una gazzella dei carabinieri che (forse per fare una "prova di coraggio") si è lanciata a tutta velocità in mezzo al corteo che stava sfollando.

La belluinità della celere è venuta fuori anche alla fine quando, a corteo ormai completamente finito, ha caricato i compagni all'interno di due stazioni della metropolitana, diverse e lontane tra loro, causando diversi contusi leggeri.
Come ulteriore notazione politica è da segnalare l'insofferenza espressa, anche pubblicamente, da moltissimi settori nei confronti dei disobbedienti: questo tentativo continuo di sovradeterminare le manifestazioni sta stancando sempre di più.

La cronaca del corteo sarebbe finita però, visto che quando si racconta ad un compagno com'è andata una manifestazione la domanda che viene invariabilmente posta, prima o poi, è la classica: "Quanti compagni c'erano?" cerco di non eluderla.

La consuetudine vuole che la risposta si faccia precedere dalla dichiarazione di non esagerare le cifre e si concluda con l'inevitabile commento sulle ridicole cifre fornite dalla questura.
Rispettando la tradizione: io, che generalmente non esagero, credo ci fossero 20-30 mila compagni (alcuni ritengono fossero perfino 80mila) la questura, scherzando come al solito, ha dichiarato che c'erano 5mila persone.

Francesco




 

 



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