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Da "Umanità Nova" n. 32 del 12 ottobre 2003

inform@zione


Milano: quei moderni lager dei cpt
Cosa ci siamo detti nell'assemblea-dibattito sui CPT organizzata all'Ateneo Libertario in collaborazione con il collettivo "organizzazione spazi liberati".
Già nell'introduzione si ricorda che i CPT nascono nell'ambito della legge Turco-Napolitano anche se il centro-destra ne continua ed aumenta l'uso discriminatorio.
Si fa anche notare come la questione immigrazione dimostra come le divisioni in classi attraversano l'intero pianeta. Infatti, se arriva uno straniero ricco e facoltoso, anche se ha commesso le più basse nefandezze, viene osannato e considerato un "cliente importante", mentre se viene uno straniero dai paesi poveri del mondo, per motivi di sopravvivenza alla fame o per sfuggire da guerre e persecuzioni diventa un sospetto malfattore, candidato ai centri di detenzione.
Federica Sossi, che sull'argomento sta lavorando da tempo ed ha pubblicato materiale di documentazione, ha messo subito in evidenza il trucco della denominazione stessa usata, quella di "centri di permanenza temporanea", che richiama molto l'immagine di centro di "prima accoglienza", per cui la gente comune, e non solo, spesso si interroga del perché ci si opponga così tanto.
I motivi per cui gli immigrati finiscono in tali "gironi danteschi" non sono mai chiari, in quanto non sono accusati di reati specifici, per i quali sono previste le condanne dei carceri, ma bensì ritenuti per la legge degli "irregolari".
Una compagna avvocata mette in rilievo che non poche volte accade che immigrati, dopo una condanna in carcere, scontata sempre fino l'ultimo giorno, successivamente vengono internati nei CPT. E l'isolamento in essi è tale che gli stessi avvocati hanno difficoltà ad incontrarsi con i propri assistiti, mentre si dà possibilità di ottimi affari per gli avvocati d'ufficio.
Ma la questione principale sulla quale Federica pone l'accento è l'equiparazione di tali strutture a quelle dei lager, confinando gli individui in una territorialità in cui vengono sospesi i diritti umani, nel più completo isolamento. Una logica peggiore del carcere dove le regole, per brutte che siano, si conoscono.
Spesso si verifica che il numero dei reclusi vengono duplicati e triplicati rispetto al numero consentito. Oppure saltano le regole più elementari che vorrebbero che, in caso di trasferimento da un CPT ad un altro, la permanenza già effettuata debba essere tenuta nel conteggio.
Alcune proposte d'intervento vengono avanzate:
* Rompere l'isolamento tra l'esterno e l'interno dei CPT, anche se la rotazione alla quale sono soggetti i reclusi rende la cosa non facile.
* Accendere i fari sulle vicende individuali che si consumano all'interno, affinché la gente si renda conto.
* Fare controinformazione e mobilitazione nella prospettiva di arrivare alla chiusura a questi "centri della vergogna".
Enrico

Aquila l'esercito italiano incontra gli studenti
"Quando lo stato si prepara ad assassinare si fa chiamare patria".
L'Aquila, piazza Palazzo, martedì 30 settembre 2003. Conseguentemente ai nuovi ordinamenti sugli obblighi di leva, riservati tra breve (a quanto pare) ai soli volontari, nel capoluogo abruzzese è stato ritenuto opportuno organizzare un incontro tra militari e studenti, per far sì che i giovani conoscessero meglio i "veri" aspetti e le "vere" funzioni dell'esercito italiano. Allestita ispirandosi a scenari di guerra stile "telefilm statunitensi", la centralissima piazza Palazzo la mattina del martedì 30 settembre, in pieno periodo di guerre preventive, si è presentata ai cittadini militarizzata e in "tuta mimetica". Non mancava proprio nulla, dai mezzi d'artiglieria pesante e leggera (era parcheggiato tra i vari mezzi anche un piccolo carro armato!) agli stand, inquadrati sul copione degli accampamenti militari, per l'esposizione degli utensili del "buon soldato". In questo scenario i militari, leve e graduati, avevano l'ordine preciso di mostrare agli studenti la falsa vetrina della vita nell'esercito nonché di contagiare i minorenni con propaganda e morale militar-nazionalista, invitandoli a vendersi per un volontario "fermo annuale". Non può non essere che questa l'unica ragione dell'incontro e, tanto per cambiare, è stato il ridente capoluogo abruzzese a registrarne uno dei primi di una sicura lunga serie. Nostro compito è di intensificare tra i più giovani una martellante propaganda antimilitarista: non esiste un perché serio alla guerra e alla militarizzazione. Non esiste una risposta che possa andare bene per il popolo, per gli sfruttati, per coloro che, insomma, da una guerra trarranno solo dei danni, per coloro che in guerra ci moriranno, che vedranno morire i propri amici, i figli, i fratelli, per coloro che vedranno distrutte le loro case, bruciati i raccolti… (...) L'esercito è sinonimo di guerra: e la guerra, per le masse popolari vuol dire sempre e comunque sfruttamento e morte, significa fame, miseria, dolore e lutti, indipendentemente dall'esito finale di essa. Ma vuol dire anche spreco pauroso di risorse umane, sociali ed economiche per tenere su una struttura totalmente parassitaria, assolutamente inutile e fortemente dannosa. Questo mostro militare, inesauribile fagocitatore di beni e di uomini e nemico di ogni forma di convivenza civile, con la sua presenza minacciosa ed invadente è un peso per tutti e in modo particolare per le masse popolari. Per queste ultime rappresenta anche un deterrente e un mezzo di repressione della lotta di emancipazione che in tanti modi portano avanti. Disfarci di esso è un nostro dovere oltre che un nostro diritto. (...)
"I fucili che costruite portateli nella piazza, sulle barricate. Solleviamo tutte le forze proletarie, muoviamo armati. Poniamo fine, a mano armata, alla sistematica distruzione della razza umana. Proletari! Su, presto, la scure, il piccone , la barricata, la rivoluzione sociale! Soldati proletari, disertate! Perché dovete combattere, perché non combattete piuttosto contro chi vi opprime? Il vostro nemico non è alle pretese frontiere, ma è qui. Donne proletarie, insorgete! Ostacolate ed impedite la partenza dei vostri cari! E sii tu, o lavoratore dell'officina e del campo, tu lavoratore cosciente e forte, quello che getta l'arnese e grida: Basta! Basta! Io lavoratore, io operaio, non voglio più costruire fucili che danno la morte ad altri miei fratelli di lotta e di sofferenza".
(Manifestino affisso e distribuito su vasta scala per le strade, nelle caserme, negli stabilimenti e negli ospedali militari a Torino nell'agosto del 1917).
Estratto da un testo diffuso dal Collettivo Antiautoritario AQ

Pisa. Cosa succede in città?
Alcuni recenti fatti avvenuti a Pisa mostrano quanto il controllo sociale e la gestione del famigerato "ordine pubblico" siano diventate delle priorità anche in una città amministrata da sempre dalla "sinistra", obiettivi da perseguire anche a costo di dare spazio al peggiore revisionismo storico.
Delle due denunce per una "critical mass" già è stato scritto su "Umanità Nova" (n.28 del 14/9/03), a queste sono seguite le (ennesime) multe salate per una delle tante azioni contro la Guerra in Iraq, le decine di perquisizioni (soprattutto di anarchici) del 24, e infine sabato 26 settembre gli incidenti causati dai fascisti in pieno centro. Per quel giorno era prevista a Lucca una iniziativa nazionale di Forza Nuova a cui era stato opposto un corteo al quale hanno partecipato un migliaio di antifascisti. Proprio mentre era in corso la manifestazione di Lucca, al centro della città di Pisa veniva allestito da alcuni giovani di AN un banchetto in sostegno ai loro camerati. L'intenzione provocatoria era evidente, ma la reazione di alcuni compagni e l'arrivo successivo dei manifestanti che tornavano da Lucca ha mandato all'aria l'iniziativa. Immediato l'intervento dei tutori del disordine che hanno generosamente distribuito manganellate agli antifascisti ed operato due fermi ed un arresto. Il giorno dopo, l'arrestato è stato condannato a quattro mesi di reclusione, tramutati in ben 4500 euro di multa.
A questo è seguito, nella notte tra il 29 ed il 30, il tentativo di dare alle fiamme il portone di casa di un consigliere circoscrizionale di AN. La risposta istituzionale non si è fatta attendere e, giovedì 2 ottobre, tutte le forze politiche cittadine hanno partecipato ad una sfilata "contro la violenza": per la prima volta a Pisa si sono viste insieme bandiere dei DS, dell'Arci, arcobaleno e di AN, con buona pace di qualsiasi pregiudiziale antifascista. Allo stesso modo di quanto accade a livello nazionale, il pericolo "terrorismo" viene strumentalizzato per distogliere l'attenzione da temi scottanti come la riforma delle pensioni, la cancellazione definitiva del diritto di sciopero e la legalizzazione di forme di precariato e sfruttamento diffuso.
Questa attitudine ha permesso di far passare in secondo piano fatti che altrimenti avrebbero ben altra eco: a seguito del black-out Pisa è stata per diversi giorni senza acqua potabile, mentre una esplosione alla fabbrica "Saint Gobain" ha ferito tre lavoratori. Ma la qualità della vita non rientra tra gli obiettivi di una politica che continua a preferire l'aumento degli strumenti di controllo (polizia e telecamere onnipresenti) e di repressione del dissenso.
Caotico Info (Pisa)

Modena: corteo per Libera
Libera è uno spazio sociale anarchico e libertario sorto a Marzaglia, nella campagna modenese, dalla volontà di donne e uomini di sperimentare una socialità diversa, alternativa, più umana. Nel corso degli anni ha accolto importanti eventi, tra i quali, negli ultimi mesi, "Arte & Anarchia" ed il Meeting Anticlericale. La sua esistenza è messa in pericolo dal progetto di costruzione di un autodromo, fortemente voluto dal Comune di Modena. Fin da subito, i compagni si sono mobilitati, ricevendo la solidarietà del movimento anarchico, dei tanti simpatizzanti e degli stessi abitanti di Marzaglia. Per protestare contro questo scempio ambientale ed il conseguente sgombero di Libera, sabato 4 Ottobre, si è tenuta a Modena una bellissima manifestazione, sentita, vivace e partecipata.
Il corteo, molto colorato, è stato animato dalla presenza musicale dei Punkreas e di un sound system.
Era la seconda dimostrazione pubblica organizzata a tal fine in pochi mesi e l'adesione è notevolmente aumentata: ciò testimonia un vivo e crescente interesse per la difesa degli spazi di libertà e per le tematiche ambientaliste. Occorrerà proseguire su questa strada, con una grande e continua mobilitazione e controinformazione per ribadire l'impegno degli anarchici a favore di ogni esperienza libertaria, in difesa dell'ambiente e contro ogni forma di repressione, più o meno velata, operata dallo Stato.
Andrea Masselli




 

 



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