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Da "Umanità Nova"
n. 32 del 12 ottobre 2003
All'ombra del Blackout
L'elementare enigma del 28 settembre
Il
presidente del gestore nazionale della rete di trasmissione GRTN, A.
Bollino , sotto ferragosto, in occasione del black-out nella regione
del nord-est degli Stati Uniti affermava, che un episodio di quelle
dimensioni non sarebbe mai potuto accadere in Italia grazie ai sistemi
di controllo automatico della rete elettrica che avrebbero limitato
l'impatto di un eventuale distacco accidentale.
Il 28 settembre, in un'intervista, il ministro Marzano addossava tutta
la responsabilità del black-out ad un incidente avvenuto in
territorio francese che avrebbe portato al distacco "improvviso" e
"contemporaneo" di due collegamenti tra la rete francese e la rete
italiana. I guasti sarebbero stati così improvvisi e
contemporanei da non permettere a nessuno dei sistemi di salvaguardia
automatici di entrare in funzione. Una sola cosa il ministro si premura
di dire, non quanto ci vorrà a ripristinare l'erogazione di
corrente elettrica ma che la scelta di abbandono del nucleare fatta con
il referendum è stata catastrofica e che bisogna immediatamente
costruire nuove centrali.
Qualche tempo dopo il gestore della rete francese comunica che
c'è stato sì, alle 3,35 del mattino, un distacco tra rete
francese ed italiana ma che è durato pochi minuti.
Si diffonde, intanto, la voce di eventuali responsabilità della Svizzera.
Tra tante voci, qualcuno osserva che il black-out ha avuto inizio alle
3,35 della notte tra il sabato e la domenica, con un clima né
particolarmente caldo (condizionatori) né particolarmente freddo
(riscaldamento) con l'attività produttiva ridotta, ossia in un
momento in cui l'assorbimento di potenza della rete nazionale era
probabilmente molto vicino al minimo, a differenza di quanto accaduto
alla fine di giugno, quando il black-out parziale si era verificato a
fronte di un record di assorbimento nelle ore centrali di un giorno
lavorativo.
Si fa largo l'ipotesi che quanto accaduto potesse essere conseguenza
del fatto che in quel momento le centrali italiane fossero, in buona
parte (diciamo quasi del tutto?), spente.
Nel frattempo sono in tanti a scatenarsi nelle dichiarazioni:
dall'amministratore delegato dell'Enel al presidente di Confindustria a
vari uomini politici, tutti si scagliano contro il referendum del 1987
(dimenticando le lotte antinucleariste) che determinò
l'abbandono del nucleare, manca solo l'intervento del Presidente della
Repubblica che, adeguandosi alle sparate da bar, se la prende con chi,
localmente, si oppone alla costruzione di nuove centrali.
Nessuno di questi signori ha accennato ad un autocritica sulle
scelte operate, nessun riferimento all'utilità del "risparmio"
d'energia, allo sviluppo e alla diffusione delle fonti energetiche
cosiddette "alternative", (si sa questi sono gli argomenti dei
lobotomizzati ambientalisti).
Nessuno ha spiegato chiaramente che il black-out del 28 settembre non
è stato determinato da una mancanza di capacità
produttiva. Il governo con i suoi paladini ha giocato sporco creando i
presupposti per un'informazione falsa e fuorviante.
È vero, infatti, che in Italia dipendiamo dalle importazioni per
circa il 16%, è però altrettanto vero che il potenziale
produttivo interno è utilizzato per circa il 64%. Da quando
è stata liberalizzata la produzione di energia elettrica, non
siamo più nella condizione di far fronte ai picchi di consumo o,
come in questo caso, all'improvviso venir meno delle quantità
importate.
Un "boom" dei consumi elettrici si è registrato a giugno, con un aumento del 4,9% rispetto allo stesso mese del 2002.
Il record di giugno, ottenuto a parità di giornate lavorative
rispetto a quello dell'anno precedente, ha risentito di fattori
climatici, con una temperatura media mensile superiore di 1,3 gradi
centigradi nei confronti dello stesso periodo del 2002 (gli
ambientalisti sventoleranno lo spauracchio dell'effetto serra …ma gli
illuminati che ci comandano "sanno" che si tratta dei soliti cialtroni
visionari). Nei primi 6 mesi dell'anno la richiesta di energia
elettrica è aumentata complessivamente del 2,8% rispetto al
corrispondente periodo dello scorso anno. La potenza massima richiesta
sulla rete elettrica nel mese di giugno 2003 ha toccato i 52.385 MW.
Questo valore, che è il nuovo record estivo di potenza richiesta
sulla rete elettrica, è stato raggiunto mercoledì 25
giugno, mentre la punta invernale è del 12 dicembre 2002 con
52.590 MW.
A fronte dell'accresciuto fabbisogno, la produzione nazionale è
salita dell'1,6%, l'aumento dell'importazione di energia dall'estero
è passata dal 15,9% al 16,3% sul totale.
Ma cosa è accaduto, dal punto di vista tecnico, nell'ormai famosa notte?
Circa alle tre di domenica 28 settembre una linea elettrica della rete
svizzera che contribuisce a portare energia anche in Italia va fuori
servizio, ancora non è chiaro se l'avaria sia stata segnalata al
GRTN (rimarrà un mistero). Il gestore, comunque, non provvede a
ridurre drasticamente l'importazione.
La successiva avaria di una seconda linea svizzera interrompe del tutto
l'esportazione in Italia di circa 3.000 MW per cui, l'energia si
riversa sulla rete europea immettendosi in Italia attraverso le linee
francesi che sono regolate per consentire il trasferimento nel nostro
paese solo della quantità di elettricità oggetto dei
contratti d'importazione (circa 3.000 MW).
Il sovraccarico causa, in automatico, il distacco dal sistema elettrico italiano che perde quindi in totale oltre 6.000 MW.
I sistemi di protezione automatica della rete italiana riducono la
domanda staccando circa 3.000 MW delle centrali di pompaggio e circa
1.000 MW (valore di stima) dell'utenza diffusa, ossia il massimo che
permette la bassissima domanda elettrica presente nella notte fra
sabato e domenica.
Ma contemporaneamente il sistema elettrico italiano si autoprotegge e
comincia a fermare automaticamente le poche centrali elettriche in
servizio. Si crea, pertanto, l'effetto domino e quindi il black-out
dell'intero paese con esclusione della Sardegna (che è
autosufficiente) perché in quel momento è isolata dal
continente in quanto il cavo che la collega è in manutenzione.
È del tutto evidente, dunque, che l'errore è
quello di importare di notte troppa energia (oltre 6.000 MW) rispetto
al fabbisogno nazionale (21.000 MW circa in quelle ore) e quindi non
disporre di misure in grado di compensare immediatamente un eventuale
distacco.
I tempi di ripristino sono in ogni caso lunghi e complessi, le centrali
termoelettriche ferme hanno tempi tecnici di riavvio lunghi e la rete
va "rimagliata" con sequenze precise: ecco perché il black-out
va assolutamente evitato.
Come è evidente il black-out si è verificato nell'ora di
minima domanda di elettricità per cui non è influenzato
dalla quantità disponibile di capacità di produzione
italiana che è più che sufficiente (77.00 MW installati
di cui 50.000 MW dichiarati disponibili).
Ciò che ha determinato il black-out è il superamento del
rischio accettabile nella gestione del sistema con l'autorizzazione
all'importazione di oltre 6.000 MW, ossia di una quantità vicina
al 30% della domanda minima notturna.
La logica del profitto contro quella di servizio
Tenere i generatori accesi costa e i produttori – Enel in testa –
ritengono le tariffe non sufficientemente remunerative della
sovrapproduzione che, come è noto, non è possibile
stockare.
Dopo cinque - sei anni di politica di liberalizzazione del mercato
elettrico, e dopo la privatizzazione dell'Enel, il sistema sta entrando
in crisi e, per la prima volta dopo 40 anni, gli italiani, come
è già successo ai californiani, rischiano di essere
privati di questo servizio essenziale.
Da una parte si è cambiata la missione dell'Enel: anziché
continuare a garantire elettricità al Paese, a parità di
prezzo, deve pensare a fare soldi per i suoi azionisti; per cui
anziché investire nel settore elettrico prima ha ristrutturato
licenziando 50mila lavoratori, poi ha comprato Wind e si è
interessata al sistema degli acquedotti. Dall'altra, i privati entrati
nel mercato liberalizzato (i soliti noti padroni del vapore italiani)
hanno comprato le centrali che l'Enel è stata obbligata dalla
legge a cedere, non per ammodernare e produrre energie facendo nuovi
investimenti, ma per accaparrarsi, anche in questo settore, quote di
mercato e consumatori a cui vendere l'energia importata dalle centrali
nucleari garantendosi così un maggior profitto.
Decreto Marzano: liberi di inquinare
Intanto prosegue nel suo iter il decreto Marzano per il recupero di potenza di energia elettrica.
Già approvato dal Consiglio dei ministri, passato al Senato,
sarà poi in discussione alla Camera. Si tratta di un
provvedimento che prevede l'introduzione di norme transitorie che
saranno in vigore fino a tutto il 2004 (ma c'è anche la
possibilità che sull'onda dell'emergenza vengano inserite nel
piano energetico nazionale).
Attraverso il decreto viene autorizzato il funzionamento temporaneo e
limitato nei tempi di centrali elettriche destinate alla chiusura
perché non in linea con i parametri sulle emissioni in
atmosfera, si prevede di modificare il limite di temperatura degli
scarichi idrici delle centrali termoelettriche innalzandolo a seconda
delle tipologie dei bacini in cui vengono immesse le acque di
raffreddamento, vengono semplificate e velocizzate le procedure di
autorizzazione per la costruzione di nuove centrali.
Il decreto legge estende appunto a tutto il 2004 la durata di un
identico provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri il 3 luglio
scorso, che aveva validità di 75 giorni da quella data. Insomma
l'ambiente e la salute dei cittadini devono prepararsi a pagare il
prossimo conto.
Alcune semplici domande
Poniamo a questo punto alcune semplici domande:
1. Quanta è la potenza installata nel paese, quanta quella efficiente e chi detiene quella inefficiente?
2. Chi ha deciso, ed in base a quali standard di sicurezza, di
importare contemporaneamente ben 1/3 del fabbisogno dell'intero paese?
3. Che fine ha fatto la sbandierata superiorità della Rete
energetica europea e italiana così imprudentemente vantata dopo
il black-out americano dello scorso agosto?
Non esiste un'unica soluzione per il problema energetico. Si
tratta di perseguire soluzioni diversificate, possibili e convenienti
per l'economia umana e non per chi ragiona solo in base alla ricerca
del massimo profitto. È necessario decentralizzare,
diversificare, autogestire le fonti privilegiando quelle rinnovabili e
a basso impatto ambientale, favorire il risparmio, eliminare gli
sprechi, sostenere la ricerca di nuove soluzioni tecnologiche.
Ah, dimenticavo, ...questo dei black-out è, alla fine,
anche un utile pretesto e strumento di controllo sociale. C'è
chi teorizza che in queste occasioni si fanno "le prove generali" per
il controllo del territorio e delle modalità di funzionamento
del programma di difesa in caso di eventuale attacco terroristico sulla
rete elettrica; c'è chi afferma che si vuol "educare" la
popolazione ad uno stato di incertezza permanente che invita al
protettivo e perfido abbraccio con i tentacoli del potere.
Qualcuno giura che alle 3.40 del 28 settembre ad Arcore c'era una villa illuminata a giorno…
MarTa
Fonti dati tecnici www.cgil.it/fnle
Riferimenti utili U.N. n.31 n.28 2003
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