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Da "Umanità Nova"
n. 32 del 12 ottobre 2003
Uno sporco affare. Francia: esportazioni sottocosto di energia
Ogni
anno la Francia esporta circa 70 TWH (mille miliardi di Watt) di
corrente elettrica, pari a circa il 20% del proprio consumo totale.
Nessun altro paese sviluppato scambia altrettanta elettricità
con i suoi vicini. Per rendersi conto dell'ampiezza del problema si
consideri che le esportazioni francesi sono pari all'intero consumo
annuale belga. Le massicce esportazioni di corrente comportano una
maggiore produzione di elettricità che proviene per un quarto
dalle centrali a carbone e per il resto dagli impianti nucleari. L'EdF
(Electricitè de France) inonda quindi l'Europa di
elettricità prodotta in impianti inquinanti.
A livello europeo, la maggior parte dei paesi tendono ad equilibrare le
importazioni di elettricità con le esportazioni, solo Francia,
Austria e Svizzera sono largamente eccedentarie. Non casualmente sono
proprio questi tre paesi i maggiori esportatori di elettricità
in Italia. Per inciso notiamo che la Svizzera è il principale
importatore di elettricità dalla Francia ma è anche un
forte esportatore di elettricità verso l'Italia! In pratica:
compra elettricità dalla Francia per rivenderla all'Italia.
Bisogna poi notare che esistono dei paesi, soprattutto Gran Bretagna e
Olanda, che pur essendo in una situazione di sovracapacità
produttiva in campo elettrico, continuano ad importare corrente a buon
mercato dalla Francia.
Siamo dunque arrivati al nocciolo del problema: la convenienza
economica delle esportazioni francesi di elettricità. Come ora
ben sappiamo nelle ore di minor richiesta di energia, come nella notte
fra il 28 e il 29 settembre, l'ENEL e gli altri produttori tengono
spenti gran parte dei loro impianti perché è più
conveniente utilizzare l'energia a basso costo proveniente dall'estero,
soprattutto dalla Francia, che produrla in Italia. Secondo quanto hanno
cercato di farci credere i vari Marzano, Scaroni, Tabacci e compagni,
questa convenienza deriverebbe dal fatto che quella importata è
energia di origine nucleare, quindi meno costosa. Si tratta di una
balla!
Se si considera il totale dei costi legati alla produzione di
energia nucleare, se si considerano cioè anche i costi di
investimento, quelli per lo smantellamento delle centrali obsolete,
quelli per la gestione delle scorie, l'assicurazione contro i rischi, i
costi esterni, ecc., il bilancio delle esportazioni di
elettricità comporta per l'EdF un deficit annuale stimato
secondo fonti ufficiali in circa 700mila euro nel 2001. Secondo altre
fonti tale deficit sarebbe ben più pesante: da 1,5 a 6 miliardi
di euro! Insomma: l'EdF vende all'estero elettricità ad un
prezzo inferiore al suo costo di produzione. La differenza viene fatta
pagare al contribuente francese che con la bolletta ripiana le perdite
provocate dalle esportazioni. Insomma: l'Italia e gli altri paesi
importatori di elettricità dalla Francia approfittano di una
politica dissennata che produce inquinamento e scorie e che aumenta i
rischi di un incidente nucleare nel cuore d'Europa.
Ma c'è di più. Con la sua politica di
esportazioni a basso prezzo la Francia finisce con l'indirizzare la
produzione europea a scapito delle energie prodotte da fonti
rinnovabili: clamoroso il caso dell'Olanda, forte importatrice di
energia francese, dove alcuni impianti di cogenerazione sono stati
chiusi poiché non competitivi con l'energia di importazione!
A questo punto è logico domandarsi il motivo di tale
politica da parte dell'EdF, e quindi dello Stato francese che ne
è l'unico proprietario. La risposta è semplice: le
esportazioni di elettricità francese derivano da un errore di
valutazione sulla crescita della domanda di corrente fatto dopo la
crisi del 1973 e dal rifiuto di prendere in considerazione il calo dei
consumi registrato nei primi anni '80. Questi due fattori hanno portato
alla costruzione di un numero di centrali nucleari ben superiore alle
reali necessità. Questa sovracapacità nucleare ha portato
all'obbligo di esportare grandi quote di elettricità di origine
nucleare ma anche di dover incentivare la domanda interna, pena la
chiusura di un buon numero delle 53 centrali nucleari attualmente
funzionanti in Francia. Secondo lo studio INESTENE, che è la
fonte di questo articolo (*), la sovracapacità nucleare dovuta
all'errata stima della domanda fatta negli anni '70 e '80 e
all'incentivazione dei consumi domestici (riscaldamento elettrico)
è stimabile tra i 27mila e i 35mila MW, cioè è
pari a circa la metà dell'attuale capacità
elettronucleare francese.
Ogni commento mi pare superfluo.
M.Z.
(*) "Exportations de courant electrique: qui perd, qui
gagne?", di Antoine Bonduelle, INESTENE -Paris, novembre 2002 - Lo
studio è stato commissionato da Greenpeace France:
www.greenpeace.fr Altre informazioni su: www.sortirdunucleaire.org
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