|
Da "Umanità Nova"
n. 33 del 19 ottobre 2003
I muscoli della politica
Gli USA e il culturista: dalla metafora alla realtà
In
fin dei conti non si è trattato che del trapasso dalla metafora
alla realtà: dalla politica dei muscoli dell'amministrazione
americana, ai muscoli della politica di Arnold. E diventa difficile
decidere cosa sia peggio.
Gli Stati Uniti non finiranno mai di stupire. E di fare
scuola, eleggendo a governatore di una delle aree più ricche del
mondo, quella mitica California che sta alla base del sogno americano,
un maturo culturista austriaco opposto a un ex migrante messicano.
Eletto con il 48% dei voti espressi (anche se solo il 10 % della
popolazione californiana lo ha effettivamente scelto) Arnold
Schwarzenegger potrebbe così diventare, partendo da questo
trampolino, il futuro presidente degli Stati Uniti. Dopo Ronald Reagan,
il peggior attore di Hollywood, Conan il barbaro, l'unico più
cane del suo predecessore. Non c'è proprio da stare allegri.
Comunque, per non indugiare troppo sul facile folclore di questa
storia, penso sia più utile fare alcune considerazioni,
perché l'elezione californiana, forse, non è la
sceneggiata che crediamo, ma la spia di cose ben più
interessanti.
Innanzitutto la personalità dell'eletto. Apparentemente
rozzo, diretto nei modi e rassicurante dall'alto dei suoi bicipiti, il
gigante buono sempre buono non sarebbe mai stato, stando ai si dice
sulle frequenti molestie sessuali e sulle antiche simpatie per il
nazismo. Eppure questi due pesanti handicap, che in altri tempi
avrebbero pesato fortemente fra un elettorato politicamente corretto e
democratico come quello californiano, questa volta non hanno
funzionato. Anzi! Evidentemente le promesse di ridurre le tasse e
l'ingerenza statale negli affari privati dei cittadini sono state ben
più importanti, anche per i bravi progressisti californiani,
delle deplorevoli attenzioni che mister universo avrebbe rivolto alle
sue ex colleghe o dei lusinghieri giudizi sulla efficienza burocratica
dei vari Hitler e Mussolini. Del resto sono bastate una qualche
smentita e un opportuno finanziamento al Centro Wiesenthal, per
convincere chi non chiedeva altro che essere convinto.
Poi, il programma politico. Che, a differenza dei soliti
programmi repubblicani, non si è farcito dei noti integralismi
fondamentalisti, ma ha giocato anche su un certo permissivismo riguardo
a questioni quali aborto e diritti degli omosessuali. E al tempo stesso
scontata è stata la battaglia contro le tasse (in particolare,
la tripla tassa sulle auto, che non so bene cosa sia, ma sicuramente
deve essere roba tosta) e contro le politiche sociali, tipo
l'assistenza sanitaria ai lavoratori "clandestini" e ai "regolari" che
ne sono sprovvisti (a quanto pare, nella civilissima California, non
godono di copertura sanitaria più di sei milioni di lavoratori
dipendenti).
Se a questo si aggiunge che una buona parte del più
ortodosso establishment democratico ha ritenuto di doverlo appoggiare
(e non credo che, come raccontano, solo l'apporto della pur
potentissima moglie sia stato determinante) e che addirittura si
preveda una legge ad hoc che consenta anche ai nati all'estero di
diventare presidenti americani, risulta evidente che la nomina a
governatore di Big Gim rappresenti un'anomalia ancora maggiore di
quanto appaia. E le spiegazioni di questa anomalia potrebbero essere
due, una di tipo psicologico, l'altra decisamente più politica.
Quella psicologica, forse, è fin troppo banale.
L'evidente bisogno di sicurezza, che dopo l'11 settembre angoscia
più del solito il cittadino americano, trova più
immediato appagamento nell'affidarsi emotivamente all'immagine potente
e temibile di Schwarzenegger. E qui torniamo ai muscoli della politica.
La spiegazione politica, a sua volta, dovrebbe partire dalla inedita
alleanza fra democratici e repubblicani, entrambi convergenti al centro
delle rispettive dottrine e strategie. È presumibile che questa
alleanza rappresenti, per il momento, solo un esperimento locale, ma
quanto mai significativo (la California è il più popoloso
stato americano) di quella che potrebbe diventare la futura strategia
dell'imperialismo americano. La politica dei muscoli, necessaria per
affrontare le grandi sfide che attendono Washington (Iraq e Afganistan
sono stati solo degli assaggi), ha infatti bisogno della massima
unità del paese. Unità che deve saper prescindere dalle
tradizionali divisioni "ideologiche" per concretizzarsi sulla assoluta
concidenza di interessi e obiettivi. E poiché questa
coincidenza, nella società dell'immagine, ha anche bisogno di
immagini possenti, cosa c'è di umanamente più possente
dei muscoli di Arnold?
Massimo Ortalli
|
|