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Da "Umanità Nova" n. 33 del 19 ottobre 2003

Condono edilizio
Monetizzare lo scempio


La puntualità con cui i governi italiani, e questo berlusconiano in modo particolare, varano condoni edilizi, induce da anni il "popolo degli abusivi" ad intraprendere l'opera di danneggiamento e aggressione del territorio, certo di una sanatoria, già inserita nei preventivi di spesa, che, come qualsiasi pratica amministrativa, consulenti e ragionieri vari andranno a regolarizzare.

Se vent'anni fa ci volevano le barricate per costringere i governi di allora a varare sanatorie a tariffe abbordabili, oggi si interviene dall'alto, e si elimina alla radice il ricorso all'azione diretta.
Nel decretone governativo entrato in vigore il 1° ottobre, troviamo, dunque, questo testo intitolato "Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l'incentivazione dell'attività di repressione dell'abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali", che si configura, al di là dell'intestazione, come una delle più grandi sanatorie edilizie d'Italia.

La necessità di rastrellare denaro liquido fa scegliere al governo le vie brevi, mentre si compie l'ennesimo miracolo della trasformazione dell'abusivo in legale.

A farne le spese saranno ancora una volta le spiagge e le coste, soffocate da costruzioni che non rispettano la soglia dei 300 metri di distanza dal mare, ma anche le reti urbane di centinaia di paesi e città, che vedranno premiato chi ha ignorato norme di tutela del territorio e dell'ambiente.

La storia è sempre la stessa, e come con il lavoro nero, si "aiutano" gli abusivi ad emergere dal sommerso e a "mettersi in regola", senza che venga messo in discussione il loro modo di lavorare, lo sfruttamento che vi si realizza e le finalità di chi detiene le redini di questa modalità di sfruttamento.

Negli ultimi 10 anni sono state costruite oltre 400.000 mila abitazioni abusive, spalmate sul territorio, che portano il totale delle costruzioni abusive ad oltre un milione. La causa di tale proliferazione è dovuta in massima parte alla mancanza di strumenti urbanistici, come i piani regolatori - specie al Sud -, bloccati da lotte per l'accaparramento delle aree edificabili e per gli interessi affaristico-mafiosi, i cui protagonisti vengono ad essere premiati con questa sorta di "perdono di Stato" a pagamento.

Il fatto è che le nostre coste, e una gran quantità di insediamenti urbani, sono ormai devastati dall'abusivismo, specie quello speculativo, e che sia i comuni che le regioni, enti preposti dal governo a mettere in pratica l'attuazione della sanatoria, ai quali si concede anche la possibilità di aumentare le tariffe allo scopo di coinvolgerli nell'operazione, e presso le sedi di regioni, province o comuni, da anni si discute della necessità di procedere alle demolizioni degli stabili, unica strada per realizzare una pieno e duraturo risanamento del territorio. Nel Sud, poi, procedere a nuove sanatorie non solo significa impedire sul nascere quella politica di riacquisizione degli spazi, ma mantenere il soffocamento ambientale causato in buona percentuale da Mafia, N'drangheta, Camorra e Nuova Corona Unita. Tremonti doveva pensare a loro quando ha stabilito i criteri di attuazione del decreto, fissando per le case, anche dentro i 300 metri dal mare, la possibilità di una legalizzazione, infatti si tratta di abitazioni che possono raggiungere estensioni di 250 metri quadrati.

Il governo quindi conferma la sua attitudine a considerare lo spazio urbano e l'ambiente una merce che si può vendere, quindi privatizzare, quindi aggredire con cemento. La monetizzazione dello scempio allo scopo di rimpinguare le casse dello Stato e tamponare le falle di una disastrosa politica economica, ha il fiato cortissimo e rappresenta un impedimento all'intervento di risanamento su larga scala, che non è solo una questione ambientale, ma sociale, per i risvolti che può avere nella riappropriazione del territorio e nella stessa creazione di nuova occupazione nel ripristino dei luoghi deturpati e privatizzati dalle fameliche lobby del cemento, ma nella prospettiva di politiche di rilancio economico dei territori.

Ed è da qui che bisogna ripartire, stando bene attenti ad individuare l'abusivismo speculativo e d'élite, nei confronti del quale va posta la questione della liberazione del territorio, con l'abbattimento di tutti i fabbricati abusivi e la ricerca di adeguate soluzioni di riserva per tutti coloro che, trovandosi abusivi per la prima casa, quindi per una autentica necessità, si verrebbero a trovare senza alloggio. Ma sarebbe un grave errore pensare che tale politica potrebbe essere svolta dai comuni "buoni", cioè attraverso le istituzioni ed i loro organi di controllo e repressione. L'unica garanzia è che su questo tema si coalizzino le forze già attive in materia di protezione dell'ambiente, con comitati popolari e realtà organizzate del sindacalismo di base. Solo la gestione dal basso potrà assicurare un effettivo percorso antispeculativo.

Pippo Gurrieri





 

 



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