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Da "Umanità Nova"
n. 34 del 26 ottobre 2003
Inceppare l'ingranaggio
Per la libertà, il salario, le pensioni contro il governo e la concertazione
Molti
lavoratori oggi, come è già avvenuto in passato e
avverrà in futuro, vivono come negativo il fatto che vi siano
due scioperi generali (quello di quattro ore di CGIL-CISL-UIL il 24
ottobre e quello dell'intera giornata dal 7 novembre indetto dalla CUB
e dall'USI.
Noi abbiamo, e non è un'affermazione retorica, il massimo
rispetto per i lavoratori che vogliono comunque esprimere l'opposizione
all'attacco alle pensioni da parte del governo.
Per dirla tutta, è probabile che il 24 ottobre molti lavoratori
scioperino contro il governo senza curarsi troppo delle piattaforme e
della politica dei sindacati che hanno indetto lo sciopero. È
altrettanto evidente che questa forza verrà utilizzata a precisi
fini politici e sindacali e che su questi fini è legittimo ed
anzi doveroso discutere anche perché se, come crediamo, questi
fini non sono condivisibili, dobbiamo domandarci come operare per
realizzare quello che è necessario fare a nostro avviso.
I risultati, i compromessi, la gestione politica di una mobilitazione
non sono infatti indifferenti per lo sviluppo di un movimento dei
lavoratori indipendente. Gli stessi lavoratori disposti a mobilitarsi
in un clima "unitario" faranno i conti con i risultati della loro
azione e ogni momentanea eccitazione per l'impressione di forza che da
la ritrovata e problematica "unità" fra CGIL, CISL e UIL
potrà rovesciarsi in disincanto ed in impotenza di fronte alle
questioni che ci troviamo ad affrontare.
Crediamo che alcune questioni vadano affrontate nella massima chiarezza.
CGIL-CISL-UIL chiamano i lavoratori a scioperare per difendere la
concertazione e, quindi, gli accordi che stabiliscono che gli aumenti
retributivi devono essere inferiori all'inflazione programmata, quegli
accordi che hanno determinato la radicale riduzione delle nostre
retribuzioni negli ultimi anni. Oggi molti scoprono l'acqua calda e
cioè che la massa dei cosiddetti lavoratori poveri è
straordinariamente cresciuta, che le retribuzioni sono in caduta libera
ecc...
Noi crediamo che ci si debba mobilitare per forti aumenti in paga base
e che sia intollerabile che, a fronte di un'inflazione ufficiale del
2,8% e reale di oltre il 6% i lavoratori del settore privato e di
quello pubblico si mobilitino per aumenti inferiori al 2%. La questione
salariale, infatti, non può essere sottovalutata visto che la
massa dei salari è un preciso misuratore del rapporto di forza
fra le classi.
I sindacati istituzionali affermano di volersi opporre "senza se e
senza ma" al taglio delle pensioni. È bene ricordare che due dei
tre sindacati che hanno indetto lo sciopero del 24 ottobre hanno
apertamente sostenuto la Legge 30 che determina l'ulteriore
precarizzazione del lavoro in questo paese e tutti e tre hanno
condiviso il pacchetto Treu che frantumava pesantemente il mondo del
lavoro. Per fare un altro esempio, nella scuola, basta andarsi a
leggere il contratto recentemente firmato, hanno accettato il principio
che gli aumenti retributivi siano legati al taglio degli organici.
Come mai sono diventati tanto radicali? È assolutamente evidente
che quello che non tollerano è il fatto che il governo abbia
preteso di decidere senza accordarsi con l'apparato sindacale. D'altro
canto, i referenti politico-parlamentari dei sindacati istituzionali
hanno già dichiarato che sulla riforma delle pensioni un "passo
avanti" si può fare ed hanno mandato segnali precisi al
padronato. Una film già visto? Basta pensare al precedente
taglio delle pensioni che hanno tranquillamente accettato dopo che, nel
1994 milioni di lavoratori si erano mobilitati per difendere il diritto
ad un trattamento pensionistico dignitoso.
Quanto sta avvenendo nella socialdemocratica Germania qualcosa dovrebbe
pure insegnarcelo. Un governo amico dei lavoratori, ci si passi
l'ironia, realizza un taglio delle pensioni più rapido e
consistente rispetto a quello che propone il governo italiano. Un fatto
del genere dovrebbe indurre anche i più accesi fautori della
"pressione" sulla sinistra istituzionale a interrogarsi sulla natura
stessa della sinistra statalista. È anche vero che gli amanti
dei sindacati istituzionali e del fronte unito della sinistra sanno
comprendere, perdonare e dimenticare qualsiasi cosa ed è proprio
questa loro predisposizione all'oblio a farne una massa di manovra
pronta per tutti gli usi.
Noi, che non abbiamo, ai suoi tempi, incensato Cofferati non diverremo
pezzottiani e notiamo, anzi, che gli stessi che si eccitavano, pochi
mesi addietro, per la CGIL in eroica rottura con CISL ed UIL ora
scoprono il fascino del poderoso Sabino. A quando la valorizzazione di
Gianfranco Fini?
Tornando alla questione pensioni e sempre per fare un esempio, il 16
ottobre, per quanto riguarda la scuola, hanno avviato le procedure per
il Fondo Pensioni Espero gestito congiuntamente da loro e
dall'amministrazione. Verifichiamo come il vero problema, per loro, sia
il controllo delle ingenti risorse che i Fondi Pensioni rastrellano.
Noi crediamo che la pensione, pagata con i contributi dei lavoratori,
sia un diritto e che nessuno, governo, sindacati, padronato debba
saccheggiare quanto i lavoratori hanno accumulato negli anni.
Questi stessi sindacati che chiamano i lavoratori all'unità si
riservano il 33% dei posti nelle RSU del settore privato e, nel settore
pubblico, negano il diritto di assemblea, di contrattazione, di
agibilità sindacale al sindacato di base. Noi crediamo che la
libertà sindacale sia un diritto di tutti i lavoratori ed una
condizione necessaria anche se non sufficiente perché le
piattaforme e gli accordi esprimano gli interessi dei lavoratori.
Ora lo stesso termine "unità" andrebbe usato con minor
disinvoltura di quanto si faccia oggi. L'unità dei lavoratori
non può essere confusa fra quella fra gli stati maggiori dei
sindacati e non può svilupparsi che nella lotta e su obiettivi
chiari.
L'unità dell'apparato sindacale è, per sua stessa natura,
l'accordo fra concorrenti per il controllo del movimento dei lavoratori
e delle cospicue risorse che gli accordi con il governo garantiscono
alla nomenclatura sindacale. Dura il tempo necessario e si rompe appena
i diversi segmenti dell'apparato si trovano a divergere su questioni
nobilissime come la preminenza nel rapporto con le controparti,
l'accesso ai finanziamenti, la leadership.
Il 7 novembre molti lavoratori sciopereranno per sviluppare
l'organizzazione indipendente dei lavoratori, per dare voce e forza a
chi non accetta la concertazione, per opporsi alla precarietà,
per i salari europei, per la difesa della sanità, della scuola,
dei diritti.
Sciopereranno su di una piattaforma sindacale precisa e non
perché oggi c'è un governo meno simpatico di quello
precedente o perché questo stesso governo è meno
simpatico di quanto fosse un anno addietro.
Lo faranno, certo, in una situazione di forte difficoltà politica ed organizzativa e fra molte polemiche.
A maggior ragione è necessario fare di questo sciopero un
momento centrale della nostra iniziativa, si tratta infatti, a
differenza di quello del 24 ottobre, di uno sciopero per degli
obiettivi e non solo contro gli eccessi del governo e del padronato.
Cosimo Scarinzi
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