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Da "Umanità Nova"
n. 35 del 2 novembre 2003
Afganistan: l'emiro Amir e il ministro Martino
La sfera del destino fierissima gira per le mie vittorie.
Stabile è il mio dominio, senza vacanze, sui monti eccelsi.
(Amir Krur, antico emiro-poeta pashtun, 700 dc)
Dopo il ritiro del contingente militare italiano Nibbio dall'Afganistan
che ha preso parte alle operazioni "antiterrorismo" sotto comando Usa e
senza copertura ONU (anche se il presidente Ciampi fa finta di non
saperlo) nell'ambito di Enduring Freedom, restano attualmente a Kabul
circa 530 militari italiani (Italfor-Kabul) che partecipano al
contingente multinazionale Isaf, sotto egida Onu. Secondo quanto
dichiarato dal ministro della Difesa Martino, è possibile una
futura "rimodulazione" della presenza italiana in Afganistan, con un
minor numero di militari distaccati a Kabul e reparti destinati ad una
presenza più diffusa sul territorio ufficialmente affiancati a
"team di ricostruzione" (Repubblica, 16.10.03).
Tale prossimo impegno era stato anticipato dal ministro qualche mese fa
che aveva alluso a "piccoli team dislocati sul territorio per aiutare
la ricostruzione. Questo potrebbe preludere a una unificazione delle
due missioni. Quindi non più Isaf e Enduring Freedom, ma una
sola missione" (Corriere della Sera 22.8.03); ma dopo queste
indiscrezioni, non è possibile capire cosa ci riserva
l'interventismo italiano per quanto riguarda l'Afganistan.
Se, realmente i militari dell'Isaf saranno sparpagliati in
piccoli nuclei sul territorio come scorta alle varie ditte ed
organizzazioni impegnate nella ricostruzione, sarebbero esposti assai
pericolosamente ad attacchi ed agguati; se invece assumeranno anche i
compiti antiguerriglia già svolti dalle forze speciali di
Enduring Freedom, si assisterebbe ad un ulteriore coinvolgimento del
contingente Isaf e quindi nell'Onu nella guerra voluta dagli Stati
Uniti, in una fase peraltro contrassegnata dallo sviluppo offensivo
della resistenza armata contro il governo di carta di Karzai, tanto che
gli stessi rapporti del Sismi ammettono "il rafforzarsi della
guerriglia e delle azioni di sabotaggio da parte dei mujaheddin che
hanno consolidato la propria posizione nelle aree di Gardez, Khost,
Ghazni, Kunar e più a sud a Kandahar" (Corriere della Sera,
19.10.03). I veri padroni della situazione restano infatti i signori
della guerra e dell'oppio, con le loro agguerrite milizie claniche e
con l'interessato appoggio sotterraneo dei servizi segreti pakistani,
iraniani e russi, mentre gli stessi taleban appaiono di nuovo in gioco
per riprendersi il potere.
Poiché tale modifica ed estensione dell'intervento
italiano in Afganistan dovrà essere presentata, discussa ed
approvata in Parlamento, ci sembra di intravedere la concreta
possibilità che il centro-sinistra con in testa i DS
voterà a favore di un ulteriore arruolamento dell'Italia nella
sempre più difficile guerra combattuta dagli Usa per il
controllo dell'area a fini economici, camuffata da intervento di pace
sponsorizzato dall'Onu che proprio il 21 ottobre ha approvato per
l'Afganistan un fantapolitico "programma di disarmo".
Si accettano scommesse: l'avvertimento dell'emiro Amir non sarà ascoltato.
Uncle Fester
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