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Da "Umanità Nova" n. 36 del 9 novembre 2003

Autogestire le lotte per autogestire la vita


La situazione politica che ci consegna il mese di ottobre mi pare all'insegna della navigazione a vista. Le forze politiche di destra e sinistra sono all'opera non per affrontare la recessione in cui versa l'economia nazionale e le gravissime ripercussioni che sta avendo sui bilanci degli italiani, ma piuttosto per posizionarsi nel modo migliore in vista delle elezioni amministrative ed europee del prossimo anno. Soprattutto le europee, dove si vota con il proporzionale, offrono a tutte le forze politiche la possibilità di pesarsi. Ognuno quindi agisce come se fosse in campagna elettorale, cercando consensi nelle proprie aree di riferimento e in quelle contigue. L'impressione che la sinistra dà è quella di non premere assolutamente per una precoce caduta del governo, anzi. Sembra che la scelta sia quella di lasciar bollire Berlusconi nel suo brodo, confidando nel fatto che è tale il disastro compiuto fino ad oggi sia in politica economica che sociale che finanziaria, che il principe di Arcore verrà abbandonato da pezzi sostanziali dei poteri che contano, prima di tutto gli industriali, ma anche da fette significative di elettorato moderato, impoverito in questi anni e deluso dalle promesse elettorali non mantenute di generale miglioramento proprio delle condizioni economiche. L'Italia oggi è un paese più frammentato, precario, povero, di un paio di anni fa. Il trio Berlusconi-Tremonti-Bossi ha imposto una legge finanziaria per decreto che è basata solo su provvedimenti per far cassa, ma il barile non può essere raschiato oltre una certa misura. I berluscones sono da sempre solo affaccendati a mettere le mani il più in fretta possibile su quel che riescono ad arraffare, non hanno una politica che non sia quella della rapina delle risorse pubbliche e dell'evasione fiscale, paladini di ogni abuso fiscale, edilizio, ambientale. Andando avanti così si mangeranno pure le gambe del tavolo su cui si stanno abboffando. È chiaro che forze come AN e UDC non possono tollerare uno smantellamento ed impoverimento di settori della pubblica amministrazione, dello Stato da sempre loro referenti. Stesso discorso vale per quelle organizzazioni sindacali (CISL e UIL) che con Berlusconi hanno firmato il Patto per l'Italia, offrendogli una sponda, ma che non possono permettere che vengano stornate oltremodo risorse dal sistema Stato - parastato da cui sempre trovano linfa vitale. Al tempo stesso Confindustria ha incassato con la riforma del mercato del lavoro (Legge 30/03) un obiettivo storico e ha bisogno di tranquillità sociale, dopo essere stato il passato fiscale condonato e ricondonato.

L'Ulivo ha fiutato l'aria e non accelera, si prepara alla conta interna di primavera (elezioni europee) e al termine del mandato di Prodi in sede comunitaria (autunno 2004). I problemi dell'Ulivo sono sempre gli stessi: incapacità propositiva e rissosità interna: l'Ulivo è malato di politicismo, il politicismo della coppia D'Alema - Amato o di Rutelli, per i quali in realtà va benissimo la riforma Moratti della scuola, la legge 30, la riforma delle pensioni che accelera solo quel che la riforma Dini raggiungerebbe più lentamente (40 anni di contributi per andare in pensione).

La CGIL dal canto suo è vittima delle faide uliviste, rifondaroli contro resto del mondo e DS contro tutti, a seconda dei momenti. Le battaglie che la FIOM sta facendo sui precontratti, disconoscendo ogni valore al contratto dei metalmeccanici sottoscritto solo da FIM e UILM, o sulla legge 30, sono viste con fastidio, a tratti, nella stessa CGIL. In ogni caso, per la CGIL quella da riconquistare è la concertazione, contro il decisionismo unilaterale berlusconiano.

Insomma, mentre la barca dell'economia e della società affonda, tutti sono impegnati a ritagliarsi spazi e spazietti a danno del vicino politico-sindacale. Le battaglie che si stanno combattendo sono tutte interne al ceto politico e sindacale, per consolidare o riconquistare posizioni. Bisogna dire con forza che del rapporto tra le classi sociali, del reddito dei lavoratori, delle condizioni degli uomini e delle donne stranieri, della guerra permanente mondiale in atto, a destra e sinistra, dentro e fuori il parlamento, non frega molto a nessuno. È da questo spettacolo triste ed indecente che bisogna voltare lo sguardo, per rivolgerlo ad una società impoverita e incattivita dove sta prevalendo sempre più la legge del più forte, del menefreghismo, della sopraffazione. Lucidamente, senza farsi illusioni, si deve partire dai bisogni di vita e libertà e dai soggetti che ne sono portatori, gli uomini e le donne in carne ed ossa che tutti i giorni hanno il problema del salario, della salute, della casa, dei servizi pubblici, della scuola. L'autonomia degli sfruttati dai ceti politici e sindacali va costruita nelle lotte di base quartiere per quartiere, fabbrica per fabbrica. Guardando nella pratica e nella scelta dei mezzi a quella società di liberi ed uguali che non è utopia per un futuro tanto incerto quanto lontano, ma realtà quotidianamente in costruzione.

Simone Bisacca








 

 



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