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Da "Umanità Nova" n. 37 del 16 novembre 2003

Sciopero generale del 7 novembre
Ce n'est qu'un debut
Scende in campo l'opposizione sociale


Ha avuto luogo a Milano, la mattina di venerdì 7 novembre, la manifestazione nazionale prevista per lo sciopero generale autorganizzato indetto da CUB e USI-AIT. La scadenza, dichiaratamente alternativa ed antagonista rispetto allo "sciopericchio" di due settimane prima di CGIL-CISL-UIL (che ha visto accodarsi peraltro anche alcune strutture "di base"), si caratterizzava per una piattaforma rivendicativa non solo difensiva sulla questione delle pensioni, ma per un ampliamento consistente dei diritti del lavoro e dei diritti ai servizi, la scuola e l'assistenza, per riportare, come ha detto dal palco un oratore della CUB "il problema del lavoro al centro del dibattito nel Paese".

Ma anche, come si legge in una nota della Segreteria dell'USI-AIT, "per ribadire il no a ogni guerra, alle spese militari e al terrore permanente degli eserciti". L'iniziativa si ricollega quindi ai passati scioperi generali antimilitaristi che sono stati pietre miliari dei percorsi unitari del sindacalismo autogestionario e di base, delineando per questo un percorso sindacale attento non solo alle rivendicazioni economiche, ma anche a questioni sociali più complessive.
Secondo gli organizzatori, al corteo hanno preso parte circa 50.000 persone, organizzate nei vari spezzoni sindacali, e avrebbero aderito allo sciopero 1.500.000 lavoratori, esclusi i metalmeccanici, settore dove scioperava anche la FIOM e in cui in totale si sarebbe arrivati a oltre l'80% delle adesioni.
La copertura mediatica come al solito è molto scarsa, ma in questo caso c'è stata qualche brevissima "strisciata" di telegiornale.

Al corteo è stato presente un nutrito spezzone anarchico e libertario, dato l'esplicito appoggio che è stato dato allo sciopero in particolare dalla FAI, la cui Commissione "La Questione sociale" aveva diffuso nelle settimane precedenti un apposito comunicato. In coda, gruppi di studenti e centri sociali milanesi.
Come prima impressione, pare di poter dire che l'iniziativa è riuscita, a testimonianza del consolidato radicamento di spezzoni di opposizione sociale non riconducibili a compatibilità padronali o politiche, ma la strada da fare non è breve né semplice.

Il Governo, ponendo la fiducia sulla manovra finanziaria, ha senz'altro dimostrato una serie di debolezze soprattutto interne. La recente bocciatura della riforma giudiziaria di Castelli indica chiaramente che la maggioranza non si può sentire del tutto sicura delle proprie stesse truppe. Da una parte, il Cavaliere si trova a vedersela con l'asse AN-UDC, che ha trovato un nuovo protagonismo anche con le ultime uscite spettacolari di Fini sul voto agli immigrati, e reclama, tramite un eventuale rimpasto, fette un po' più generose della torta. Costoro si stanno probabilmente ponendo anche il problema di correre ai ripari da una gestione berlusco-tremontiana dei conti pubblici che sta scontentando un po' troppa gente; in particolare le proteste da parte di settori statali, parastatali, enti locali e università rischiano di far perdere clientele piuttosto importanti, alla faccia delle favole sul superamento della "prima repubblica" (sic).
Dall'altra parte, il rissoso alleato leghista si dibatte fra le esigenze dell'apparato governativo e le richieste della base e delle componenti più becere, oltre che sull'eterna contraddizione dei feroci secessionisti ben piantati sui banchi del governo romano, e non si sa quanto le acrobazie bossiane saranno in grado di tenere in piedi la baracca.

L'impressione è che questo governo avrebbe i giorni contati, se l'opposizione di centro-sinistra avesse una consistenza politica e progettuale almeno un po' superiore a quella dell'ectoplasma.

CGIL-CISL-UIL, dal canto loro, dopo il 24, posati megafoni e bandiere, hanno ricominciato a strepitare per riaccedere al tavolo delle trattative. Questi signori evidentemente soffrono più per la perdita della loro fetta di potere concertativo che per le reali garanzie sociali. Stesso discorso vale, peraltro, per i "duri" della FIOM, oggi in piazza a Roma, domani pronti a barattare nuovamente diritti del lavoro per diritti dell'apparato e forse, il 19 novembre, pronti a scendere in piazza contro il terrorismo con alla testa nientepopodimeno che Lui, il Presidente del Consiglio (Epifani ha già dato il suo "apprezzamento" alla proposta del premier).

Fuori di burla, potrebbe essere proprio questa riedizione del "compromesso storico" che stanno cercando di tessere in questi giorni componenti "bipartisan", a fornire un salvagente per molti problemi dell'esecutivo. Al di là delle ipotesi, fa pensare che sempre, in fasi cruciali dello scontro sociale, escano fuori arresti spettacolari, attentati e pacchi esplosivi che a tutto sembra vadano salvo che a vantaggio dello scontro sociale stesso. E fa pensare la cecità politica di un sindacato e di una sinistra istituzionale che in una situazione drammatica, in cui il terrorismo di stato si dispiega nella sua massima forma della guerra, e nelle sue più svariate manifestazioni interne , non sanno proporre altro che queste ammucchiate da unità nazionale prive di spessore progettuale e critico.
Per quanto riguarda l'opposizione sociale di cui sopra, è ovviamente ancora troppo debole per esercitare un peso decisivo sulla bilancia dei rapporti di forza, ma non si può prescindere, per un progetto sociale libertario e autogestionario, da questo interlocutore privilegiato che sono le componenti del sindacalismo autogestionario e di base, almeno quelle che ancora rivendicano progetti e percorsi alternativi a quelli del sindacalismo di stato.

Anche se il tentennamento di molti al momento da dare corpo definitivo a questo sciopero, testimonia una situazione non certo semplice. Proprio per questo sta agli anarchici attivi nel mondo del lavoro portare nelle strutture di base il nostro patrimonio autenticamente antiburocratico, autogestionario, solidaristico e internazionalista. Sfide importanti saranno la ricostruzione di un tessuto di strutture sindacali territoriali in grado di dare risposte concrete, nel locale, al problema della frammentazione sociale e di classe indotta dalle attuali strutture di accumulazione, e reti di solidarietà e mutuo appoggio per dare risposte agli infiniti problemi pratici che comporta l'applicazione dei detti principi.
Tanto più efficace sarà la nostra azione quanto più la presenza di militanti anarchici e militanti anarchiche in differenti sindacati di base sarà vista come occasione di incentivare significativi momenti unitari.

Naturalmente, per questa come per altre lotte, sarà necessario dare gambe al radicamento sociale e territoriale dell'anarchismo comunista e organizzatore, a partire dall'attivazione sul territorio delle potenzialità di propaganda, visibilità e azione sociale dei gruppi e delle federazioni locali, e via via svilupparsi e prendere l'iniziativa su scala sempre più ampia.

F. F.









 

 



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