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Da "Umanità Nova" n. 37 del 16 novembre 2003

Un'ironica asimmetria
Imperialismo del dollaro: l'oro di carta


Non è difficile trovare esempi di sfruttamento coercitivo nell'economia globale di questi tempi. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) impone misure di austerità ai sistemi economici con debito, con la contrazione stretta dei loro investimenti e della produzione. Questo produce disoccupazione e una crisi fiscale interna, mentre quegli Stati diventano sempre più dipendenti dagli aiuti esterni. Ne risulta un deficit commerciale che si allarga sempre più, alimentato da ulteriore indebitamento finanziario, i cui tassi di interesse aggravano il deficit complessivo della bilancia dei pagamenti in una spirale di progressivo deterioramento.

La Banca Mondiale (BM) esige che le nazioni con debito si procurino il denaro privatizzando il loro patrimonio pubblico, nonostante il deprezzamento tristemente noto dei loro beni pubblici, la sottoscrizione di tassi esorbitanti, i rapporti commerciali sleali, e la caduta di livello degli standard dei servizi dopo le privatizzazioni.
L'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ostacola i governi nella loro azione di tassare i profitti e le rendite prodotti dalle privatizzazioni di questi beni pubblici.

Il suo programma neoliberista ha lo scopo di dirigere verso le società di capitali multinazionali il controllo sui mercati, promovendo regole di tassazione che consentono alle società di dedurre dai profitti tassabili tutte le quote di interessi e di assicurazioni, i compensi per il management, e la variabile inevitabile di indebolimento, lo scotto da pagare dovuto al trasferimento di capitali all'interno delle stesse società finanziarie attraverso i paradisi fiscali esteri. Questo costringe finanziariamente alla fame i governi, costringendoli a farsi prestare sempre più denaro, anche se tagliano drasticamente i servizi pubblici.
Perciò le nazioni con debito subiscono l'inquinamento di un debito sempre più crescente - l'incremento dei debiti superiore alla loro possibilità di pagare, oltre alla sofferenza dovuta agli standard "ecologici", per purificarle dal debito, che comportano condizioni economiche da miseria. L'austerità impedisce ai governi dal mettere in atto gli investimenti sociali necessari per evitare i costi di una radicale ed educativa "pulizia" a lunga scadenza per riparare un sistema sociale spezzato, i costi della pulizia dal debito per far fronte alla potenza dei creditori che incombe sulle loro teste e i costi della pulizia propriamente fisica che risultano dall'ospitare alcune delle industrie più distruttive dell'ambiente del mondo.

Il significato del "Washington Consensus" (l'identità di vedute tra FMI, Banca Mondiale e Tesoro degli Stati Uniti rispetto alle ricette più efficaci da applicare ai Paesi in via di sviluppo, austerità dei bilanci pubblici, privatizzazioni e liberalizzazioni) imposto dal FMI, dalla Banca Mondiale, e dal WTO è quello di smantellare il potere finanziario dei governi nel mondo e il loro potere di produrre norme.

Non solo ai governi delle nazioni con debito si impedisce di governare il loro deficit di bilancio, che gli Stati Uniti gestiscono liberamente nonostante la loro stessa alta disoccupazione, ma anche la Banca Centrale Europea (BCE) blocca i governi membri del Continente dal gestire deficit di bilancio sostenuti più del 3% del Prodotto Interno Lordo (PIL), malgrado la contenuta disoccupazione continentale e l'avanzo della bilancia dei pagamenti.

Queste nazioni con surplus nella bilancia dei pagamenti si trovano esse stesse incapaci a tenere testa all'afflusso di dollari derivante dal deficit della bilancia commerciale Americana, attualmente gravato dalle spese militari, che minaccia di intensificarsi per l'estendersi dell'avventurismo degli Stati Uniti nel Medio Oriente. In cambio di questo eccesso di dollari, l'Europa e l'Asia forniscono le esportazioni e svendono le loro industrie e le loro risorse. Ma cosa ricevono in cambio?

Nelle regole economiche mondiali era stato sottinteso un duplice protocollo, quando il dollaro è stato sganciato dall'oro, nel 1971, quando il deficit commerciale USA di 10 miliardi di dollari era equivalente a più della metà delle riserve in oro USA. Ma oggi non vi è più la convertibilità in oro e quindi non esiste un vincolo significativo alla spesa degli USA all'estero o in casa. Gli Stati Uniti non hanno sottoposto se stessi ad alcuna delle dolorose condizioni finanziarie che tutte le altre nazioni hanno sentito l'obbligo di seguire. Quello che rende questa asimmetria tanto ironica è che questo è stato reso possibile da un'apparente sconfitta finanziaria per gli Stati Uniti.
Una volta che l'America aveva bloccato i pagamenti in oro, niente di più rimaneva per le altre banche centrali che chiedere di essere inondate da dollari da parte di esportatori del settore privato e da venditori di risorse in eccedenza delle loro necessità.

L'America non avrebbe ceduto mai il controllo dei suoi settori strategici ai detentori stranieri di questi dollari, nonostante le nazioni straniere avessero privatizzato le loro principali aziende fornitrici di servizi di pubblica utilità e le infrastrutture. Nel 1973, diplomatici USA avevano messo in chiaro che se le nazioni dell'OPEC avessero tentato di usare i loro dollari per acquistare le più importanti società degli Stati Uniti, questo sarebbe stato considerato un atto di belligeranza. Le nazioni Islamiche venivano informate che avrebbero incassato interessi depositando il loro denaro nelle banche Americane, o acquistando Buoni del Tesoro USA, o - considerando i loro impedimenti di natura religiosa rispetto all'usura - acquisendo quote di minoranza dei capitali delle imprese USA, un'attività che avrebbe aumentato l'offerta del mercato azionario e quindi aiutato a creare un boom negli Stati Uniti, ma non comprando azioni sufficienti per dominare quelle società.

Loro potevano acquisire patrimoni immobiliari, sullo stile Giapponese, aiutando a gonfiare il mercato immobiliare USA. Ma, in una maniera o in un'altra, l'OPEC e gli altri detentori di dollari avrebbero conservato i loro flussi di entrate di dollari nella forma di dollari. Infatti non esisteva altra alternativa, politicamente parlando e per meglio dire militarmente.
Tanto basti, per la patina del guanto della retorica del libero mercato nel quale era stato avvolto questo pugno di ferro! Ora che l'oro era stato demonetizzato, tutto quello che le banche centrali estere potevano fare con i loro dollari in eccedenza era di ritornarli all'Amministrazione USA, acquistandone Buoni del Tesoro. Se loro non avessero fatto questo, le loro valute avrebbero fluttuato verso l'alto nei confronti del dollaro, con la minaccia per i loro produttori e gli esportatori di merci e di prodotti alimentari di non essere competitivi nei mercati esteri.
Quello che può causare una frattura fra gli Stati Uniti e i detentori esteri di dollari è una tensione non-economica: la guerra Americana contro l'Iraq e la sua minaccia di attacchi preventivi contro l'Iran, la Corea del Nord, la Siria e il Nord Africa.

Nel 1960 le spese militari per la guerra in Vietnam avevano indotto un deficit nella bilancia dei pagamenti Americana, prosciugando le riserve auree che erano state la fonte del potere internazionale degli USA fin dalla Prima Guerra Mondiale.

Tornando ad allora, per lo meno il settore privato era in pareggio. Ma oggi questo è profondamente in deficit, mentre le spese militari stanno spaventando il mondo, non soltanto per l'offerta finanziaria a basso prezzo del valore del dollaro già in fase di deterioramento, ma per l'avventurismo politico che sta scatenando le proteste popolari in tutto il globo. Altre nazioni temono ora l'aggressività militare dell'America, come pure il suo unilateralismo finanziario incontrollato. Sebbene la Guerra contro l'Iraq sia solo il più recente coronamento dello sviluppo incontrastato del deficit commerciale e della bilancia dei pagamenti degli USA, le proteste contro la guerra che si sono viste in tutto il mondo hanno dato al problema una colorazione altamente politica.
Il mondo ancora ricorda come era stata la Guerra del Vietnam che aveva costretto l'America a sganciarsi dall'oro, dato che il deficit Usa nella bilancia dei pagamenti durante gli anni Sessanta derivava interamente dalle spese militari d'oltremare. Dal 1971 gli Stati Uniti avevano bloccato il bilanciamento di oro contro dollari detenuti all'estero, e il dollaro cessava di avere come corrispettivo l'oro. Quando il deficit dei pagamenti si trasferì al settore privato, questo si espresse nella forma della domanda di prodotti esteri. Questo era ben accetto alle nazioni straniere per il fatto che così almeno veniva dato impulso alla loro occupazione interna.

Ma il nuovo avventurismo militare Americano non procura vantaggi da nessun punto di vista per l'Europa, l'Asia o le altre regioni. Invece ha fornito alla "qualità" dei Buoni del Tesoro Statunitensi la connotazione di minaccia politica e militare, oltre ad essere una pura forma economica di sfruttamento.

Essendo occorsi più di tre decenni perché la crisi raggiungesse oggi la sua massa critica, il carattere multilaterale della finanza internazionale sta ora iniziando a sgretolarsi, dato che altre nazioni ora stanno cominciando a rendersi conto come lo Standard Dollaro abbia consentito agli Stati Uniti di ottenere la più grande scorpacciata gratuita della storia. Mentre in precedenza il sistema finanziario mondiale era ancorato all'oro, ora le riserve delle banche centrali sono costituite da "pagherò" del Tesoro USA che vengono accumulati senza limiti. L'America è stata acquirente di prodotti all'estero, e anche di società in Europa, in Asia e in altre regioni, con crediti cartacei, il cui volume ora ha assunto dimensioni che vanno oltre la possibilità da parte degli USA di pagare, e gli Stati Uniti hanno ben chiarito come non vi sia nemmeno la piccola intenzione di saldare i propri debiti. Questa è oggi l'essenza dell'"oro di carta"!

Il deficit della bilancia dei pagamenti che si sta allargando e la conseguente brusca caduta del dollaro pongono la questione se qualche concreto limite esista - o possa essere imposto - agli Stati Uniti dallo spendere di più di quello che incassano. Il problema consiste nel fatto che si stanno pagando beni non Statunitensi e servizi con "pagherò" del Tesoro, cambiali che rapidamente stanno perdendo la credibilità di essere in qualche tempo onorate.

Questo è il campo in cui il modello disonesto e falso viene messo in gioco.

Se le nazioni Africane e dell'America Latina - e ora l'Iraq - non possono ricevere proroghe nel pagamento dei loro debiti che stanno crescendo in termini esponenziali e chiedono la cancellazione del debito, possono gli Stati Uniti starsene nel retroscena? E se il debito USA venisse cancellato, l'Europa e l'Est Asiatico cosa riceveranno in cambio per avere fornito un torrente sempre in aumento di automobili e altri prodotti, per non parlare della vendita delle loro industrie e società, in conto dollari?

Per quel che li riguarda gli Stati Uniti riceveranno via libera, proprio mentre i loro economisti promettono al mondo che questa cosa non può essere considerata come una libera mangiatoia.
È stato creato un nuovo modo di sfruttamento internazionale. Come ha sottolineato di recente Henry C. K. Liu in Asia Times, "L'egemonia del dollaro è una condizione strutturale nel commercio e nella finanza mondiali, per la quale gli Stati Uniti producono dollari e il resto del mondo beni che i dollari possono comprare."
Specialmente nella sua caratteristica finanziaria, questo nuovo tipo di imperialismo sta trasformando, buttando tutto all'aria, le forme più classiche di imperialismo. Diversamente dai modi precedenti di imperialismo, si tratta di una strategia che prevede un solo potere, quello degli Stati Uniti, che deve essere applicato. Inoltre nuovo è il fatto che il livello standard dei Titoli del Tesoro USA non dipende dai profitti del capitale o dalle iniziative delle imprese private che investono in altre regioni per ricavare profitti e interessi. L'imperialismo monetario opera soprattutto attraverso la bilancia dei pagamenti e con gli accordi con le Banche Centrali, che in ultima istanza dipendono dal Governo. Questo avviene fra il Governo degli Stati Uniti e le Banche centrali delle nazioni che presentano degli attivi nella bilancia dei pagamenti. Più alta risulta la crescita di questi attivi, maggiori sono le obbligazioni del Tesoro USA che loro sono costrette ad acquisire.
L'oro era la fonte del potere finanziario Americano fin dalla Prima Guerra Mondiale, quando le vendite di armamenti agli Alleati e le esportazioni di materiali correlati avevano trasformato gli Stati Uniti da una nazione con debiti in una creditrice. Dal 1917 fino a tutto il 1950 gli Stati Uniti hanno sfruttato questa loro posizione di creditori per dominare la diplomazia internazionale. Il Prestito alla Gran Bretagna del 1944 aveva garantito sulla condizione che l'Impero Britannico e la relativa Area della Sterlina sarebbero decaduti, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e praticamente prodotto un'espansione dell'economia USA. Lo stesso potere creditizio era stato usato nei confronti dei debitori del Terzo Mondo fin dagli anni Cinquanta, una volta che questi avevano esaurito le loro riserve di valuta estera accumulate durante la Seconda Guerra Mondiale, come risultato delle forniture di materie prime agli Alleati e non trovando più da importare molti beni di consumo o da investire.

Quando gli Stati Uniti si sganciarono dall'oro, apparì subito che quest'epoca era giunta alla fine. La maggior parte degli osservatori avevano presunto che le nazioni creditrici avrebbero dettato legge. Un'epoca era finita, nel senso che gli Stati Uniti stavano diventando il più grosso debitore del mondo. Ma quello che sostituiva il loro potere di creditori era un nuovo potere debitorio, basato sul potere Americano di mandare in rovina il sistema finanziario mondiale, se le altre nazioni avessero fatto valere i loro interessi come creditori, a fronte della richiesta USA di diventare debitori insolventi.

Giacomo Catrame









 

 



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