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Da "Umanità Nova" n. 38 del 23 novembre 2003

Nassirija: la vendetta di Imdugud


Nel terzo millennio a.C. in Mesopotamia il terrore aveva le sembianze mitologiche del mostro Imdugud, con corpo d'aquila e testa di leone; nel terzo millennio d.C. torna ad aggirarsi per l'Iraq, seminando la morte tra gli invasori della sua terra, che non sanno neppure riconoscerlo e descriverlo. Dalla sua vendetta non si sono salvati neppure i discendenti degli eserciti con cui tre imperatori romani tentarono inutilmente, tra il 114 e il 199 d.C., di conquistare quei territori.

Ormai era questione solo di tempo: la guerra contro le truppe d'occupazione straniere ha colpito anche il contingente militare inviato in Iraq dal governo italiano, con un numero di soldati morti mai registrato dalla fine del secondo conflitto mondiale.
Il luogo della strage è la città di Nassiriya, nel sud dell'Iraq, dove negli ultimi mesi la tensione sociale era andata crescendo (si veda l'articolo "Nassiriya non è Genova" su Umanità Nova n. 29 pag. 3) e gli attentati si erano andati moltiplicando, nonostante che la popolazione della zona, a maggioranza sciita, sia tutt'altro che nostalgica del regime di Saddam Hussein.

Politici ed esperti da salotto televisivo si sono affannati nell'interpretare, decodificare, spiegare tale massacro, attribuito ad un imprecisato "terrorismo internazionale" che assume sembianze non meno mitologiche della misteriosa forza maligna incarnata appunto da Imdugud.

Che un simile micidiale attentato esplosivo abbia anche risvolti terroristici è indubbio, come testimoniano le numerose vittime civili sia italiane che irachene, come è terroristico qualsiasi bombardamento di un centro abitato; ma è comunque innegabile che si è trattato di un atto di guerra, seppure non ortodossa, contro un comando militare di truppe occupanti, composte da soldati di professione pagati, addestrati, equipaggiati ed armati per svolgere una missione che solo l'ipocrisia dominante può definire di pace.

Il fatto che a fianco dell'attività di presidio e contrasto, mantenimento dell'ordine pubblico, ricerca di armi, arresto di sospetti ed addestramento degli agenti della costituenda polizia irachena, i militari italiani specializzati in questo genere di operazioni, svolgessero anche funzioni di assistenza civile e sanitaria, non cambia assolutamente la natura della loro missione; qualsiasi esercito d'occupazione, infatti, cerca di guadagnarsi un minimo di simpatia da parte della popolazione locale, fornendo cibo, caramelle e generi di prima necessità.

A Nassirya, è invece andato in onda uno spezzone di una guerra che non si è mai conclusa e che in questi mesi ha seminato la morte tra i "liberatori" anglo-americani; tale conflitto, nelle ultime settimane, aveva già registrato un allargamento. Erano state infatti colpite organizzazioni sovranazionali quali l'Onu e la Croce Rossa nonché l'ambasciata turca; veniva ucciso anche un ufficiale polacco che si aggiungeva alla già lunga lista di caduti di nazionalità americana, britannica, danese e ucraina.

L'ipotesi di un intervento militare turco è stata presto accantonata, in Polonia si mette in discussione il rinnovo della missione, mentre il governo giapponese, dopo aver visto la sorte toccata agli italiani ha deciso che non invierà militari e quello sud-coreano ha ridotto da 5 mila a 3 mila il numero dei propri soldati in partenza; la Spagna invece ha ritirato la rappresentanza diplomatica.

E lo stesso luttuoso governo italiano, dopo l'alluvione di retorica, fermezza e orgoglio nazionale, dovrà rivedere i suoi disegni di valvassino imperiale, riavvicinandosi all'asse Germania-Francia-Russia, dato che persino negli ambienti militari emergono ormai dubbi sul senso della sua politica interventista.

La guerra in Iraq ha infatti inchiodato in Mesopotamia l'imperialismo statunitense che prospettava decenni di conflitti globali ed immancabili vittorie; infatti se aumenta il numero delle proprie truppe rischia un'escalation vietnamita, se inasprisce le rappresaglie incrementa la resistenza popolare, se abbandona il campo perde assieme alla guerra, gli affari legati al petrolio e la propria influenza strategica nell'area.
Gli attacchi e gli attentati appaiono di diverso tipo, da quelli classici della guerriglia alle azioni kamikaze. Dietro gli agguati con granate anticarro contro le colonne militari, i razzi contro i palazzi e gli abbattimenti degli elicotteri, è facile intravedere l'organizzazione militare e paramilitare del passato regime che aveva consegnato massicciamente armi agli aderenti del partito Baath prima di dissolversi di fronte all'offensiva americana e britannica; dietro alle auto-bomba si vorrebbe invece scorgere l'entrata in campo di realtà fondamentaliste islamiche. Secondo gli analisti di turno si tratterebbe di volontari arabi collegati alla rete di Al Qaeda, ma allo stato attuale si tratta di ipotesi non verificabili, sia perché - come dimostra la resistenza palestinese - l'attacco suicida può in situazioni estreme essere compiuto anche da combattenti "laici" sia perché anche in Iraq esistono fondamentalisti islamici che ritengono un'empietà l'invasione occidentale dei loro luoghi sacri.

Se il nemico rimane invisibile, di certo c'è un dato: se è vero - come teorizzato dagli storici militari - che un movimento di guerriglia per sopravvivere necessita almeno del sostegno del 10% della popolazione, dietro gli oltre trenta attacchi giornalieri contro le forze d'occupazione e i continui sabotaggi degli impianti petroliferi, vi deve necessariamente essere la condivisione attiva di consistenti settori popolari che attraversa tutte e tre i principali gruppi (sciiti, sunniti, kurdi), così come sono verosimili appoggi esterni da parte di stati e gruppi capitalisti - neanche troppo nell'ombra - parti in gioco nel più generale scontro che contrappone oligarchie e interessi economici.

Per loro i morti non rappresentano certo un problema etico, siano questi iracheni, americani o europei.

Nell'indifferenza degli dei e dei mortali, facile prevedere che altro sangue scorrerà tra il Tigri e l'Eufrate.

Uncle Fester










 

 



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