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Da "Umanità Nova" n. 38 del 23 novembre 2003

Scanzano: tra speculazioni e resistenza popolare
Pattumiera nucleare? Un sindaco fascista e trafficante di rifiuti, un generale con licenza di inquinare, lucrosi affari per i soliti noti


La Basilicata è già stata al centro di diverse vicende che l'hanno penalizzata dal punto di vista ambientale, la sua popolazione è già stata "truffata" diverse volte.
Il territorio lucano è stato più volte colpito nel corso degli ultimi 30 anni da eventi negativi, alcuni di origine naturale, come il terremoto del 1980, altri legati alle scelte della politica a livello nazionale altri ancora determinati dalla gestione degli amministratori locali, con alcuni passaggi al limite o anche oltre i confini della cosiddetta "legalità".
Il tentativo di valorizzare la naturale vocazione agricola e turistica di queste zone è stato, quindi, più volte messo in forse da alcuni fatti che si devono ricordare.

La sperimentazione del nucleare
Presso Rotondella opera il Centro ricerche di Trisaia (ENEA), dal 1970 al 1994 qui funzionava un impianto sperimentale che, in questo arco di tempo, ha accumulato 3 metri cubi di rifiuti altamente radioattivi e totalizzato ben 11 incidenti nucleari (come risulta da un documento della Regione stilato nel ‘96).

Il "riciclaggio" dei rifiuti
Dai verbali della "Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse" (1998) risulta un traffico accertato dal Nord al Sud dove, i rifiuti che dovevano essere portati in luoghi autorizzati, si "perdevano" per strada finendo, evidentemente , in discariche abusive. A questo proposito, può essere utile sottolineare che, nel corso delle audizioni della Commissione, veniva riferito del comportamento di un certo Altieri Mario, legale rappresentante di una società di Scanzano Ionico, la Teseo, il quale aveva ottenuto l'autorizzazione per una discarica di rifiuti solidi urbani presso un sito locale autorizzato regolarmente dalla regione, ma poi, per effetto di collegamenti con imprese del Nord, alcune delle quali autorizzate anche allo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, risultava si fosse avvalso di queste autorizzazioni in favore di queste società del Nord (sollevando non pochi sospetti).

La questione petrolifera
In Basilicata c'è il petrolio…, dagli anni ‘60 sono state autorizzate le trivellazioni di Agip - ENI per la ricerca e l'estrazione dell'oro nero; se esistano dei giacimenti interessanti dal punto di vista economico, ancora non si è capito, di certo c'è che, nei pozzi, qualcuno ha pensato di reiniettare rifiuti tossico nocivi. Infatti, poiché non esiste una documentazione di ciò che entra ed esce da questi pozzi né si compie alcun tipo di controllo, è evidente che essi rappresentano una potenzialità molto interessante per chi voglia inserire rifiuti liquidi il cui smaltimento è normalmente molto oneroso. L'autorità giudiziaria ha, in passato, posto sotto sequestro uno dei pozzi in questione, dopo che da una delle tubazioni che attraversano, minacciosamente, la Val d'Agri c'era stato un versamento che aveva raggiunto la sede stradale. Da questo episodio casuale, le prime analisi che, analizzati i liquidi reiniettati, li definivano incompatibili sia con le operazioni di prospezione - perforazione, sia con quelle estrattive.

Un deposito per le scorie radioattive?
È proprio negli anni ‘50, durante una ricerca di idrocarburi, che l'AGIP individuò un giacimento di salgemma lungo la foce del fiume Cavone. Il fiume divide il territorio dei comuni di Pisticci e di Scanzano Jonico. Ad una profondità di 700/1000 metri e per un'estensione di 1237 ettari, la miniera di sale contiene circa 15 miliardi di tonnellate di salgemma. Nel 1974 il Ministero dell'Industria attribuisce alla Jonica Mineraria Chimica SpA la concessione mineraria di sfruttamento del salgemma. Successivamente la concessione viene trasferita all'Euromin SPA e poi alla Jonica Sali SPA (20.03.79). Trattandosi di materiale di scarso valore (il comune sale da cucina) rispetto agli alti costi di estrazione, nessuna di queste società presenta alcun progetto di sfruttamento. Nel marzo del 1981 la concessione viene trasferita alla Canada Nortwest Italiana SPA che avanza un'ipotesi di utilizzazione della miniera completamente nuova: buttare a mare il salgemma e utilizzare le caverne, ottenute con un processo di idrodissoluzione del sale, come deposito di GPL (gas petroliferi liquefatti).

Il progetto é talmente interessante, dal punto di vista economico, che la Canada Nortwest non solo spende circa 3 milioni di dollari per studi e ricerche ma, addirittura, costituisce una nuova società in Joint venture con la Scarboro Resorces l.t.d.. per la gestione del progetto: la Scanzano Idrocarburi SpA.

Il Consiglio Comunale di Scanzano Jonico, nel marzo del 1981, all'unanimità rifiuta la proposta della Canada Nortwest.SpA.
Nel 1981 il progetto viene presentato alla Regione Basilicata. Le caverne che verrebbero create con il sistema dell'idrodissoluzione, sarebbero 4 e avrebbero una capacità di stoccaggio complessivo di 320.000 mc di GPL; il sale verrebbe scaricato a mare e verrebbe costruito un attracco per le navi che porterebbero il GPL da stoccare.
Le istituzioni scientifiche che studiano il caso, impongono diverse prescrizioni tese ad un maggior rispetto ambientale in un'area agricola tra le più avanzate del mezzogiorno ed il progetto viene ridimensionato.
Dopo queste prescrizioni la Giunta Regionale della Basilicata, nel febbraio del 1983, delibera l'approvazione del progetto. Il Consiglio Comunale di Scanzano Jonico nega, per l'ennesima volta all'unanimità nel dicembre del 1983, l'approvazione del progetto ritenendolo in contrasto con le linee di sviluppo agricolo e turistico del comune e dell'intera area del Metapontino.

Nell'estate del 1991 la Canada Nortwest finanzia un viaggio in Germania e negli USA per far visitare ai consiglieri comunali di Scanzano Jonico e ai funzionari regionali depositi simili a quelli proposti per la miniera di Terzo Cavone. In una seduta del novembre 1991 è ribadita la posizione unanime del consiglio comunale: si rifiuta il progetto anche in merito alla sola estrazione del sale.

Una vicenda illuminante
La vicenda è illuminante riguardo alla gestione del territorio di un piccolo comune.
L'ipotetico deposito di GPL di Terzo Cavone era stato inserito nel piano energetico nazionale e il Ministero dell'Industria non riusciva a capire come un piccolissimo comune del mezzogiorno, rifiutando offerte così allettanti, potesse bloccare un progetto di 30 milioni di dollari e sconfiggere i propositi di una multinazionale che avrebbe "incassato" circa 100 miliardi di lire (di venti anni fa) riducendo i costi di stoccaggio, rispetto ai serbatoi artificiali, ad un decimo.
Qualcuno sostiene che Ministero dell'Industria escluse, per ritorsione, il Comune di Scanzano Jonico dal primo programma di metanizzazione del mezzogiorno.

Di fatto, la multinazionale ripresentò il progetto incrementando le offerte per la controparte, maggiori royalty, la disponibilità di un nuovo albergo con annessi impianti sportivi, un cavalcavia ferroviario, 1.000 tonnellate di GPL a prezzo di costo per il Comune, l'assistenza tecnica per costituire imprese per la gestione dell'indotto e infine circa 60 posti di lavoro. La scelta di rifiutare anche quest'ultima proposta, fu condivisa da tutta la comunità di Scanzano J.

Grandi affari per i soliti ignoti
Sembrava una storia finita ma, per il grande affare, i "soliti ignoti" ricominciarono la loro azione costruendo, passo dopo passo, un percorso che ha poi consentito ad una nuova società, la SORIM SpA (Società di Ricerche Minerarie nata il 22.12.1987 modificando solo la denominazione della Scanzano Idrocarburi SpA), di ottenere il rinnovo della concessione mineraria (marzo 1989), l'approvazione del programma di perforazione (settembre 1994), ed infine, un finanziamento ai sensi della legge 488/92 (maggio 1996).
Dall'aprile ‘97 tutto procede, secondo quanto programmato e concordato con il Sindaco di Scanzano Jonico appena eletto per AN, Mario Altieri (lo abbiamo già incontrato).

A quarantacinque giorni dall'insediamento di Altieri, il Comune chiede alla Regione il nulla osta per il discusso progetto. Nel settembre ‘97 la Commissione Regionale Beni Ambientali lo rigetta, Dopo circa due anni di "pressioni" il Comune ottiene il parere favorevole della stessa Commissione (14.09.1998) e della Sovrintendenza (3.06.99) e, il 9 giugno 1999, la Sorim ottiene il rilascio della concessione edilizia; iniziano subito i lavori per lo sfruttamento della miniera.

Passano due mesi prima del nuovo stop della Giunta Regionale (9.10. 1999). Il TAR della Basilicata con sentenze dell'ottobre 1999 ha praticamente annullato tutta la procedura amministrativa del PIP (piano insediamenti produttivi) ed ha imposto la procedura della V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale).

Il colpo di scena
Accantonata la proposta estiva del ministro Giovanardi che ipotizzava la costruzione di venti siti, uno per regione, per lo stoccaggio degli 80.000 mc di rifiuti radioattivi, il 13 novembre l'annuncio: "Il sito unico per le scorie si farà a Scanzano Jonico in una miniera di salgemma".
Sfruttando lo spauracchio del rischio di eventuali azioni terroristiche contro gli ex impianti nucleari, aggravato dall'attuale situazione internazionale, Carlo Jean, il generale dotato per decreto di poteri speciali da Silvio Berlusconi, annuncia ufficialmente la decisione dopo l'emanazione del relativo decreto. "Il deposito nazionale deve essere realizzato nei tempi più brevi. Un sito unico, adeguatamente protetto, dà più garanzie di sicurezza rispetto alla situazione attuale, con tanti siti più difficili da sorvegliare" affermava il gen. Jean.

Grazie ai poteri eccezionali conferitigli, Jean, presidente della Sogin (la società che gestisce lo smantellamento delle quattro centrali italiane e la messa in sicurezza dei siti e dei rifiuti radioattivi), per gli appalti sceglie il metodo di affidamento diretto, su propria insindacabile decisione, può derogare a ben 21 tra leggi, decreti ministeriali, circolari e contratti di lavoro. Ovvero, è libero di violare norme di tutela dell'ambiente, di controllo delle acque, di licenze edilizie e di trasporto su strada, in mare e in ferrovia dei rifiuti pericolosi… altro che studi di V.I.A.
Mentre il sindaco Altieri si straccia le vesti e minaccia insieme all'intera giunta di Scanzano J. di dare le dimissioni, la popolazione, memore di quanto avvenuto in passato, non ha perso tempo, è scesa subito in piazza ha bloccato la provinciale sfilando dietro i cartelli "Non siamo la pattumiera dell'Italia", "No alle scorie nucleari sulla nostra terra", insomma, la ribellione di fronte all'ennesima "truffa" è stata immediata, decisa ed unanime, proprio quello che serve per procurare una forte "agitazione" a chi siede nei palazzi del potere.

MarTa










 

 



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