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Da "Umanità Nova" n. 39 del 30 novembre 2003

Cimitero nucleare
Scanzano: i rischi sismici ed idrogeologici


La popolazione di Scanzano Jonico, sostenuta da quella del metapontino e dell'intera Basilicata è giunta al decimo giorno di lotta (mentre scrivo). La mobilitazione spontanea si è presto organizzata con i blocchi delle principali vie di comunicazione stradale e ferroviaria; sul luogo in cui dovrebbe sorgere il deposito nazionale per materiali radioattivi sono state piantate le tende di un campo-presidio permanente. La protesta ha anche una sua dimensione "virtuale", diverse sono infatti le pagine web che sostengono la lotta contro il decreto legge del governo, ma, se nel frattempo sono iniziate le manovre per cercare di sgonfiare la protesta, a Scanzano non si fanno ingannare, vogliono la revoca totale del decreto 314/2003. Il decreto legge prevede la costruzione del sito destinato a contenere rifiuti radioattivi entro la fine del 2008. Sarà un'opera di difesa militare, di proprietà dello Stato e dovrà ospitare circa 80mila metri cubi di scorie di II e III categoria, cioè con un tempo di dimezzamento da 20 mila a 150 mila anni.

L'operazione verrà gestita dal Commissario del governo generale, Carlo Jean, e realizzata dalla Sogin con una spesa complessiva che non sarà inferiore a 350 milioni di euro. Per l'avvio delle iniziative connesse alla realizzazione del deposito nazionale, per l'informazione alle popolazioni e per le prime misure di intervento territoriale è autorizzata la spesa di 500.000 euro per l'anno 2003 e di 2.250.000 euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. (così è scritto nelle disposizioni finanziarie del decreto)

Trasparenza zero
Risulta molto strano, a proposito d'informazione, che fino ad ora non sia stato reso pubblico alcuno dei documenti e degli studi scientifici in base ai quali si presuppone sia stata operata la scelta del paese lucano.
Durante un'audizione di Jean al Parlamento (26 febbraio 03) lo stesso affermava che: "In realtà, quando si parla di deposito nazionale, bisognerebbe distinguere due depositi, uno per i materiali radioattivi a rapido decadimento e un altro per i materiali radioattivi ad altissima durata di decadimento, cioè fino a 100 mila anni, quindi, prima di poter dichiarare decommissionati questi materiali bisogna aspettare 300-400 mila anni e nessuno conosce le tecniche per costruire dei contenitori che possano durare per tale periodo, per cui si cerca il cosiddetto deposito geologico".

Il generale Jean aveva istituito l'11 aprile 2003 un gruppo di lavoro (Sogin, Enea, Apat, alcune società di ingegneria ed esperti universitari) per elaborare lo studio ed i criteri per giungere alla identificazione di una serie di aree potenzialmente idonee sul piano strettamente tecnico scientifico ad ospitare il deposito nazionale per i materiali radioattivi.
È stata quindi definita la procedura per la selezione di siti idonei al deposito definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività (2° categoria) presentata in data 18 giugno, in questa occasione non si faceva alcun cenno alle scorie di 3° categoria quelle ad alta attività, per intenderci.

Per poter individuare una rosa ristretta di siti potenzialmente candidabili, eliminando dall'intero territorio nazionale tutte le aree valutate come non idonee, sono stati definiti i criteri di "esclusione", derivati dalla, ormai consolidata, prassi internazionale secondo i criteri definiti dall'IAEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica).
A tale proposito, sono stati adottati i seguenti livelli di esclusione:
Devono essere escluse aree in cui fenomeni tettonici, vulcanici, sismici, e fenomeni di esondazione siano attesi con frequenza e intensità tali da menomare significativamente il rispetto degli obiettivi di sicurezza.
Devono essere escluse aree protette o comunque pregiate del territorio nazionale (aree protette, vincolate o siti d'importanza comunitaria).
Devono essere escluse aree con significativa densità abitativa e aree in cui le attività umane possano influenzare negativamente la sicurezza del deposito.

Le dure critiche degli scienziati
Lo studio definitivo è stato ultimato a luglio e consegnato al Governo per la decisione "politica". Ricordiamo che gli studi per verificare la sicurezza dei depositi geologici, nelle poche realtà estere in cui sono stati individuati, hanno richiesto un tempo compreso tra i 15 e i 20 anni.
Dopo la decisione del governo che ha individuato nel comune di Scanzano Jonico il sito adatto allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, da diverse parti dell'ambiente scientifico sono stati espressi dubbi e severe critiche.

La Sigea (Società Italiana di Geologia Ambientale), esprime forti perplessità sulle modalità di individuazione dell'area di Terzo Cavone come sede per la discarica unica nazionale delle scorie.
I dubbi riguardano diversi ambiti della geologia, da quelli a grande scala quale la sismicità, il contesto geodinamico del sito, l'estrema vicinanza al mare e l'inondabilità di quella porzione di fascia Jonica, a quelle di dettaglio circa la reale successione stratigrafica, indagata soltanto su alcune verticali e non sufficientemente ricostruita a livello tridimensionale e l'interazione con la circolazione idrica sotterranea in uno scenario di modificazioni ambientali future che, nell'arco di tempo delle migliaia di anni, quale quello relativo alla gestione dei rifiuti radioattivi, non può essere considerato sicuro in assoluto.

Alcuni ricercatori affermano che gli strati d'argilla, che tanto rassicurano i sostenitori dell'ipotesi Scanzano, sono interrotti su più livelli da argille fessurate e strati di sabbie permeabili, con evidenti possibilità di circolazione di fluidi sotterranei. Le stesse argille, inoltre, si presentano disturbate da movimenti tettonici.

Circa la sismicità bisogna ricordare che l'area di Scanzano Jonico è inserita, dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, nell'elenco dei Comuni sismici appartenenti alla Zona 3 e da ultimo riclassificata come Zona 2 dalla Regione Basilicata. Tale classificazione si inserisce in un più ampio studio sismico del territorio nazionale che ha visto impegnati per molti anni i più prestigiosi studiosi italiani coordinati dal Sevizio Sismico Nazionale e dalla Regione stessa.

Da non trascurare sono le possibili interazioni che le acque superficiali possono avere con l'accesso alla discarica. La piana di Metaponto fino agli anni Cinquanta era una zona paludosa e malsana, poi è stata bonificata mediante canali le cui acque richiedono il sollevamento artificiale per arrivare al mare. Numerose idrovore funzionano ancora oggi per garantire un drenaggio efficiente, nonostante questo, le piene più gravi allagano tutta la piana, come documentato dagli studi raccolti dal Gruppo nazionale di difesa dalle catastrofi idrogeologiche.
Studi elaborati sul territorio dalla sezione barese dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica evidenziano che il sito in questione è molto vicino al fiume Cavone e alla costa, trattasi di centinaia di metri, ed è interessato da fattori di rischio alluvionale e a processi di erosione costiera. Questo allo stato attuale, ovvero ipotizzando che il livello del mare resti costante nel tempo.

In base a queste informazioni non si capisce come possa essere stato selezionato questo sito per la costruzione del deposito nazionale unico, dato che in più punti vengono contraddetti i principi di esclusione, assunti dal gruppo di lavoro "comandato" da Jean, con l'aggravante che nel decreto si fa riferimento sia ai rifiuti a media sia a quelli ad alta radioattività.
Sarebbe poi troppo logico pretendere che si osservasse la prassi consolidata che evita la localizzazione dei rifiuti nucleari in quelle aree dove ci sono attività ed usi del suolo particolarmente qualificati (come sono in questa zona l'agricoltura ed il turismo).

Municipio ribelle autogestito
Non leggono il "Sole 24 Ore"? Il giornale confindustriale, proprio in relazione alla difficoltà che normalmente si incontra in tutto il mondo nel piazzare le scorie vicino a centri abitati, riportava sulle sue pagine i tre principi base da seguire per superare la prevedibile opposizione sociale.

Primo: approfondita valutazione di impatto ambientale da illustrare "urbi et orbi" con consultazioni della popolazione coinvolta che deve essere informata e tranquillizzata.
Secondo: investimenti per la mitigazione, il più possibile spinta, degli effetti negativi della localizzazione.
Terzo: compensazione, ossia misure per migliorare l'economia e l'ambiente della collettività locale.

Sembra impossibile ma pare che il commissario speciale applichi al contrario la strategia messa a punto dai persuasori dell'opinione pubblica.
Non c'è da stare tranquilli perché, o siamo di fronte a degli incompetenti che in una settimana vedrebbero crollare il lavoro di mesi perché indifendibile sia dal punto di vista scientifico sia da quello del buon senso, o la strategia che hanno adottato si svilupperà nel lungo periodo. In questo caso la disponibilità del governo a modificare il decreto sarebbe solo la prima mossa, già prevista a tavolino, che pur essendo nei contenuti una "bufala" potrebbe servire a dividere il fronte della protesta, basterebbe poi "aspettare" l'occasione buona per criminalizzare chi si oppone con maggior determinazione ed il gioco sarebbe quasi fatto.
Intanto, la lotta prosegue e nel palazzo del consiglio comunale è comparso uno striscione con la scritta "municipio ribelle autogestito".

MarTa

per seguire le vicende di Scanzano: www.noalnucleareinbasilicata.com










 

 



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